Ubisoft non se la passa bene, mediaticamente: su questo non c'è alcun dubbio. Al di là dello storico, grave problema della casa francese con i leak, nelle ultime settimane sono emerse brutte storie di abusi e prevaricazioni negli uffici dell'azienda, che hanno portato a conseguenze molto concrete per i presunti colpevoli di tali azioni: i dirigenti accusati sono stati licenziati.
Ebbene, nelle ultime ore è spuntata un'ulteriore questione sempre legata alla classe dirigente della compagnia, in particolare al capo creativo Serge Hascoet, che secondo queste ricostruzioni avrebbe bocciato diverse idee dei suoi team riguardanti l'introuzione i protagoniste femminili nei giochi perché convinto che le donne non vendono.
Al netto delle scuse del CEO Yves Guillemot relative agli abusi e agli episodi di bullismo interni all'azienda, vale la pena di approfondire questa assurda convinzione riguardante il ruolo delle donne nei gicohi Ubisoft, perché è evidente che si tratta di una sciocchezza e i numeri lo dimostrano ampiamente: non è certo il sesso di un personaggio a determinare il successo di un prodotto.
The Last of Us 2, oltre 4 milioni di copie nei primi tre giorni, ha per protagonista una ragazza; la nuova trilogia di Tomb Raider ha per protagonista una ragazza; Gears 5 ha per protagonista una ragazza; Resident Evil 3, oltre 2 milioni di copie nei primi cinque giorni, ha per protagonista una ragazza. Si tratta per caso di titoli che non hanno avuto successo?
Lo stesso Assassin's Creed Odyssey vede Kassandra nel ruolo di protagonista canonica, con un personaggio certamente più profondo e sfaccettato rispetto a suo fratello Alexios. Era tuttavia quest'ultimo che monopolizzava i materiali promozionali del gioco, e ora sappiamo il perché.
C'è dunque un problema di scrittura alla base di un protagonista che si rivela ben poco carismatico, ed è una questione che nulla ha a che vedere con il sesso. Per fortuna l'industria dei videogame sembra averlo compreso da tempo, e siamo sicuri che la "nuova" Ubisoft si farà perdonare queste uscite infelici con la forza di produzioni nuove e convincenti, non di scelte politicamente corrette, compiute esclusivamente per convenienza mediatica.
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