Parlare di Blair Witch attraverso una recensione significa trattare di un fenomeno che ha influenzato il cinema a basso costo mettendo la telecamera nelle mani dei protagonisti. Un'intuizione brillante che nel 1999 ha dato vita a un sottogenere a metà tra falso documentario e filmato amatoriale, un filone ancora in voga capace di creare esperienze coinvolgenti con una spesa minima. Per il primo capitolo della serie, tanto per capirci, parliamo di un investimento di 60.000 dollari che è fruttato qualcosa come 248,6 milioni di dollari, garantendo al franchise una lunga storia che ci porta fino al film del 2016, un mezzo flop che ha fatto pensare a molti al definitivo tramonto del mito della strega di Blair. Questo almeno fino alla comparsa di Blair Witch, la nuova fatica dei ragazzi che si sono occupati del valido Layers of Fear e del peculiare Observer. Un bel curriculum per un'avventura horror in prima persona che, basata su una storia tutta nuova, promette di mutare in modo rilevante a seconda delle azioni del giocatore e integra nel gameplay elementi base del franchise tra videocamere, idoli di legno e terrificanti omicidi.
Un compagno fedele e una videocamera inestimabile
Il sipario si solleva su un'auto che percorre una statale immersa tra gli alberi, nel 1996, in piena foresta. Alla guida c'è Ellis, un ex poliziotto il cui passato burrascoso fa capolino da una telefonata di quella che sembra essere l'ex ragazza. Magari le cose si possono sistemare, ma per ora l'obiettivo è quello di trovare un ragazzino scomparso di recente e per fortuna sul sedile del passeggero c'è il fedele Bullet, un cane dal fiuto straordinario che può fare la differenza in una situazione di questo tipo. Così ha inizio la nostra avventura, con una scena dal taglio efficace che si rifà all'immaginario di un certo tipo di horror e mette subito in chiaro l'importanza del compagno a quattro zampe nelle meccaniche di Blair Witch, un titolo che conferisce alle dinamiche investigative un'importanza dominante pur comprendendo combattimenti, fughe disperate e diversi puzzle sia meccanici, con fusibili e serrature, che ambientali, talvolta legati alla possibilità di attivare la visione notturna sulla telecamera. Trovarla, tra l'altro, apre le porte a una meccanica interessante: le cassette contraddistinte da una parte rossa permettono infatti di manipolare la realtà. Bloccare il playback in un certo punto riporta una determinata scena a quell'esatto momento temporale, consentendoci così di ottenere oggetti o di aprire porte e rimuovere ostacoli grazie a una soluzione elegante che sfrutta video realizzati con discreta efficacia per fondere l'atmosfera opprimente con le meccaniche di gioco. Nulla di nuovo, sia chiaro, ma parte di un titolo che punta più sull'atmosfera che sulla sfida, cercando di coinvolgere il giocatore in un flusso di eventi da una parte plasmabili con il proprio comportamento e dall'altra talmente rapidi e stranianti da rendere difficile imbastire qualsivoglia strategia. Non a caso non c'è traccia di interfaccia a schermo, escludendo un indicatore che compare quando il nostro compagno animale abbaia, indicandoci pericoli, ritrovamenti e quant'altro.
Talvolta Bullet agisce da solo, ma c'è tutto un menù di azioni che ci consentono di sfruttare quello che è un vero e proprio compagno, un personaggio capace di avvertirci dei pericoli, di seguire tracce e persino di spaventarsi. Da qui la necessità di coccolarlo o sgridarlo, sia per garantirne l'efficienza, sia per evitare che si cacci nei guai. Fondamentale quindi anche come appiglio psicologico, Bullet è la spalla di un protagonista in difficoltà, un uomo che cerca di riprendere in mano la sua vita compiendo il suo lavoro di poliziotto, ma deve affrontare una lunga serie di demoni interiori che rendono difficile distinguere il confine tra follia, suggestione e soprannaturale. Figuriamoci poi nel bel mezzo di una fitta foresta che, passando al lato tecnico, gode di un'ottima realizzazione, a partire dal comparto sonoro. Rami che scricchiolano, tonfi, lamenti e rumori del bosco si avvertono fin nelle ossa e questo anche con un paio di semplici cuffie stereo. Qua e là emergono alcuni problemi di volume e di gestione delle tracce dinamiche, ma nel complesso le cose funzionano decisamente bene a partire dagli innumerevoli versi del nostro cane, un compagno realizzato con estrema cura con il preciso scopo di farci affezionare a lui. Tra l'altro Bullet può essere utile anche nel combattimento che per certi versi ricorda quello di Alan Wake. Le presenze che infestano la foresta reagiscono infatti alla luce della torcia, ma rispetto a quelle del titolo Remedy sono fulminee e traslucide, cosa che le rende difficili da inquadrare. Da qui l'utilità del cane che dovrebbe indicarci la posizione delle creature e talvolta ci riesce. In altri casi invece tutto si fa decisamente confuso, cosa che genera un po' di frustrazione ma trasforma anche un combattimento non troppo difficile, come tutte le meccaniche di Blair Witch pensato per non interferire troppo nel ritmo della narrazione, in un momento di pura angoscia.
Un'esperienza fluida che punta i riflettori sulla psiche
Blair Witch non punta sulla sfida, salvo rarissimi casi, ma ci lascia il tempo di assaporare una storia fatta di messaggi, ritrovamenti e comunicazioni radio, con il ritmo che aumenta quando entrano in campo i disturbi del protagonista e quando una realtà fuori dall'immaginabile si confonde con crisi d'ansia, ritrovamenti macabri e ricordi fatti di volti irriconoscibili che riemergono da un passato sempre più oscuro. Peccato che il confine tra l'onirico e il soprannaturale risulti fin troppo chiaro al giocatore, ma parliamo di un titolo dichiaratamente horror, anche se attento al lato psicologico sia nelle tematiche che nel ritmo. Lo stesso inventario, che ci permette di accedere a oggetti fondamentali come la telecamera e la radio, nasconde un sacco di informazioni legate alla dimensione umana di una storia che non si affida troppo a jump scare faciloni o sequenze d'azione. Ed è una fortuna, anche perché quando l'azione coincide con visioni dettate dalla fusione tra attacchi di panico e paranormale, mostra il fianco dal punto di vista tecnico, perdendo la magia che invece contraddistingue la splendida foresta di Black Hills. La mole poligonale non è certo elevata, le aree sono piuttosto piccole, le texture non sono tutte di qualità eccelsa e persino Bullet, pur caratterizzato da animazioni tanto efficaci da far affezionare chiunque al suo muso, mostra il fianco a qualche critica. Ma la vegetazione è fitta, la nebbia densa, l'acqua vivace, le luci realistiche e il famigerato effetto PacMan, che ci fa ricomparire dall'altra parte di un'area non completata bloccandoci senza dover usare troppe barriere naturali forzate, funziona piuttosto bene, piazzandoci nel mezzo di una natura credibile e suggestiva.
Peccato che in questo caso sia infestata di presenze e da incubi che trascinano Ellis in un delirio di sequenze oniriche, flasback sempre più dettagliati, ricordi di vittime innocenti, errori, guerra, violenza domestica, una foresta che attraversa i decenni, manifestazioni che sollevano uno spesso manto di fogliame e ricordi di compagni caduti. Abbastanza, complice un doppiaggio in inglese eccellente, per confondere davvero protagonista e giocatore, entrambi messi di fronte a un enorme senso di colpa che diventa la storia stessa. Un sentimento viscerale che supera lo schermo e si fa risentimento, familiare a tutti e tangibile vettore di un lungo finale, una discesa verso l'inferno che forse indugia un po' troppo sui loop, bloccandoci per parecchio tempo in un paio di scenari, ma risulta efficace nel confonderci e ci sorprende con un paio di scene memorabili. Non brilla però sul piano tecnico, come anticipato punto debole di svariate sequenze oniriche e d'azione che tra l'altro soffrono anche sul piano del gameplay, spesso approssimativo. Certo, si tratta di elementi di contorno pensati per confondere i sensi e spezzare il ritmo, ma occupano una bella fetta dell'esperienza in un titolo che rispettando la promessa di durare all'incirca 6 ore non risulta particolarmente longevo. Costa però 30 euro e garantisce una certa rigiocabilità, anche parziale grazie alla possibilità di copiare il salvataggio automatico su cinque slot, proponendo una formula a finali multipli dalla struttura tutt'altro che banale. Non ci troviamo infatti quasi mai di fronte a scelte secche, anche se un paio di decisioni esplicite e piuttosto drammatiche non mancano, ma siamo chiamati ad affrontare le conseguenze delle nostre azioni valutate in modo assolutamente non meccanicistico. Non basta, insomma, coccolare Bullet e rispondere a tutte le chiamate per arrivare a un finale meno drammatico di quello che ci siamo trovati ad affrontare noi, colpiti allo stomaco da un titolo a volte confusionario e spesso altalenante, sia nel ritmo che nella realizzazione, ma capace di toccare i tasti giusti.
Requisiti di Sistema PC
Configurazione di Prova
- Sistema operativo: Windows 10 64-bit
- Processore: AMD Ryzen 5 3600X
- Scheda video: GeForce GTX 2080 Ti
- Memoria: 16 GB RAM
Requisiti minimi
- Sistema operativo: Windows 7 64-bit
- Processore: Intel Core i3-3220 o AMD A8-7600
- Scheda video: GeForce GTX 750 Ti o AMD Radeon R7 265
- Memoria: 4 GB RAM
Requisiti consigliati
- Sistema operativo: Windows 10 64-bit
- Processore: Intel Core i5-6500 o AMD Ryzen 5 1600
- Scheda video: GeForce GTX 1070 o AMD Radeon RX 590
- Memoria: 8 GB RAM
Conclusioni
Blair Witch soffre il peso di alcune sequenze tutt'altro che riuscite, di una longevità non molto elevata e di qualche problema tecnico di troppo. Ma si fa perdonare, strappando la promozione e l'ulteriore conferma del talento del Bloober Team, con un prezzo contenuto, una foresta splendida, meccaniche interessanti, un compagno di cui innamorarsi e una componente psicologica tutt'altro che banale, valorizzata da una struttura a bivi il cui esito finale non si basa su scelte esplicite.
PRO
- Atmosfera in quantità, finali multipli e diverse meccaniche interessanti
- Il cane è un vero co-protagonista
- Componente psicologica tutt'altro che banale
CONTRO
- Sequenze d'azione tutt'altro che memorabili
- Sfida non certo elevata
- Realizzazione tecnica altalenante