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Daredevil: Rinascita, la recensione della stagione 1 su Disney+

Daredevil è tornato in TV con una stagione altalenante che resuscita in un finale degno dell'acclamata serie Netflix.

RECENSIONE di Christian Colli   —   18/04/2025
La locandina Daredevil: Rinascita coi due protagonisti della serie

Abbiamo atteso Daredevil: Rinascita con una punta di ansia. Nonostante le premesse, e la buona volontà degli scrittori, del cast e del team creativo rigenerato, esisteva il rischio concreto che la nuova serie facesse un buco nell'acqua. La tormentata lavorazione non deponeva a suo favore, il passaggio da Netflix al più morigerato Disney+ anche meno: se vi foste persi le puntate precedenti - letteralmente - vi abbiamo spiegato le strane dinamiche dietro questa nuova serie TV dopo aver guardato i primi due episodi della stagione.

In quell'occasione, abbiamo confermato la bontà di una produzione televisiva che cerca di rievocare le atmosfere crude e sanguigne della serie Netflix, ma abbiamo anche sentito il peso delle riscritture che gravava sui primi episodi della stagione, rimaneggiati in corso d'opera per conciliare due filosofie fondamentalmente diverse. Ora che abbiamo terminato la stagione 1 di Daredevil: Rinascita possiamo tirare le somme e cercare di capire cosa possiamo aspettarci della prossima tranche di episodi.

Lo spettro della vecchia gestione

Nella sua forma originale, prima che cambiasse praticamente tutto il team creativo, Daredevil: Rinascita sarebbe dovuto essere una stagione composta da ben 18 episodi di tipo vagamente "procedural". In ogni episodio, cioè, il nostro buon Matt Murdock avrebbe dovuto affrontare un caso diverso in tribunale o una circostanza legata alla sua doppia identità come Daredevil, magari con qualche riferimento più o meno importante al MCU. Una struttura vecchia maniera, a metà tra Buffy l'ammazzavampiri e Law & Order, con un tono più spensierato e un cast corale.

Charlie Cox e Kamar de los Reyes in una scena della serie
Charlie Cox e Kamar de los Reyes in una scena della serie

Nella serie TV che è arrivata effettivamente sui nostri schermi restano alcune tracce di questa idea iniziale, alcuni frammenti che il creatore della serie Dario Scardapane ha ricucito insieme al nuovo girato nei primi sei episodi della stagione, ora smezzata fondamentalmente in due tranche da nove episodi ciascuna che giustificano anche il finale con un classico cliffhanger. Il nuovo team creativo è subentrato infatti quando quello precedente aveva già messo insieme quasi metà stagione e ha dovuto necessariamente sfruttare il materiale a disposizione, cercando di trovare una quadra sensata. Per questo la prima metà di Daredevil: Rinascita è piuttosto schizofrenica, salta da una sottotrama all'altra, da un tono all'altro, sacrificando alcuni personaggi nel tentativo di imbastire un conflitto primario.

Il quinto episodio è forse quello che tradisce maggiormente il pacchetto intero: sospende improvvisamente ogni sottotrama per concentrarsi su una disavventura estemporanea del protagonista, alle prese con una rapina in banca e un grosso fanservice sotto forma di Yusuf Khan, il padre di Ms. Marvel. È una puntata molto godibile, a dire il vero, ma spezza completamente il ritmo preso dalla stagione nell'episodio precedente e non stupisce la decisione di caricarla su Disney+ insieme all'episodio successivo.

A soffrire nei primi cinque o sei episodi sono soprattutto i personaggi secondari che formano il cast inedito, nonostante la qualità degli attori che li interpretano (in particolare si distingue Michael Gandolfini, figlio del compianto James de I Soprano). Sono imbastiti sommariamente e spesso lasciati in disparte, senza possibilità di respirare sotto gli occhi dello spettatore, mentre la sceneggiatura vira forse in maniera esasperata sul Wilson Fisk di David D'Onofrio e sulla sua vita da sindaco di New York. Un esempio lampante è la sottotrama legata al nuovo interesse sentimentale del protagonista, la psicologa Heather Glenn interpretata da Margarita Levieva, un personaggio insipido, di cui non sappiamo praticamente nulla, e che gli episodi sembrano caratterizzare solo per farci sentire la mancanza di Karen.

Daredevil: Rinascita è un successo o fallimento? Le visualizzazioni della serie e un confronto Daredevil: Rinascita è un successo o fallimento? Le visualizzazioni della serie e un confronto

Il nuovo cast, come abbiamo detto, è fortemente sacrificato, sia gli amici che i nemici. È chiaro che nelle idee iniziali si voleva fare di Muse un antagonista primario, forse distribuendo nell'arco di molti più episodi gli indizi che avrebbero portato al canonico scontro di fine stagione. Invece la sottotrama del serial killer si esaurisce in un paio di episodi, senza che si sia avuto il tempo di metabolizzare la minaccia che rappresentava per la città o per i nostri eroi e senza che abbia dirette ripercussioni sugli stessi. Eppure è proprio Muse il momento della svolta nella serie...

Un finale che è una promessa

È come se i nuovi scrittori abbiano fatto una corsa, spuntando un insindacabile elenco di idee appartenute alla prima forma di Daredevil: Rinascita prima di metterlo finalmente da parte per concentrarsi sulla storia imbastita in quei momenti degli episodi iniziali in cui i toni cambiano marcatamente, rievocando le atmosfere cupe, violente e realistiche della serie Netflix. Il personaggio di Vanessa Fisk è forse quello che incarna metaforicamente il passato di Daredevil come produzione TV: il team creativo iniziale aveva addirittura scelto un'altra attrice per interpretare la moglie di Kingpin, ma Scardapane ha richiamato Ayelet Zurer proprio per stabilire una continuità narrativa.

Le scene in cui Daredevil interagisce con il Punitore sono tra le migliori della serie
Le scene in cui Daredevil interagisce con il Punitore sono tra le migliori della serie

Ogni volta che la Zurer è sullo schermo a complottare insieme a D'Onofrio, la serie riassume i toni un po' soap opera e un po' thriller che caratterizzavano l'originale su Netflix. Lo stesso vale in un certo senso per il Punisher di un grandissimo John Bernthal, richiamato un po' forzatamente in scena da un team creativo che aveva già scritto e diretto la sua miniserie per la concorrenza. Il Punisher inizialmente sembra avere un ruolo marginale, incastrato a forza nei primi episodi con uno sfasamento che salta subito agli occhi, ma Scardapane e gli altri lo ripescano sul finale, mentre mettono insieme una scacchiera tutta loro su cui si muoveranno nella prossima stagione.

Daredevil: Rinascita fondamentalmente funziona così. La prima metà è un disperato tentativo di conciliare quanto già messo insieme con le vere intenzioni del nuovo team creativo, che prendono forma nella coda della stagione, più o meno dal settimo episodio in poi, quando la serie si stabilizza, assume contorni più definiti e le sottotrame rilevanti convergono nella stessa direzione. Non è una soluzione elegante ma bisogna ammettere che gli scrittori hanno fatto i salti mortali per riuscire a raddrizzare la rotta, riprendendo i fili di una storia e di un cast che si era distinto su Netflix proprio per un taglio particolarmente brutale.

L'inquietante Muse è stato fortemente sacrificato
L'inquietante Muse è stato fortemente sacrificato

Quella brutalità riemerge con prepotenza nelle scene d'azione, soprattutto negli episodi finali in cui la violenza e il sangue prendono un sopravvento imprevisto, specie per la piattaforma su cui li stiamo guardando. La stessa regia è sembrata davvero rigenerarsi nelle ultime due settimane, con alcune trovate particolarmente brillanti come la scena del ballo nel penultimo episodio o il montaggio finale che promette una seconda stagione molto più centrata e soddisfacente. In questo senso, si nota proprio in questi momenti più ispirati lo stacco tra ciò che Daredevil: Rinascita sarebbe dovuto essere e ciò che fortunatamente è diventato, non senza sforzi o passi falsi.

Alla fine, i nodi sono venuti al pettine e sospettiamo che Scardapane, Benson e Moorhead abbiano volutamente scritto una storia dai risvolti politici e sociali che fanno eco a ciò che sta accadendo negli Stati Uniti in questi mesi. La trama imbastita prima a spizzichi e bocconi e che poi è esplosa nel finale di stagione, mettendo insieme a graditissimi ritorni anche le schegge impazzite della vecchia gestione, ha un potenziale enorme, specialmente se l'etichetta Marvel Television deciderà di investire sulla serie e sul suo micro universo, andando magari a ripescare i Difensori - Jessica Jones dovrebbe essere già della partita - o a coinvolgere altri personaggi "street level" del Marvel Cinematic Universe.

Lo scontro tra Daredevil e Kingpin continua nel 2026
Lo scontro tra Daredevil e Kingpin continua nel 2026

Da questo punto di vista, il titolo della nuova serie TV assume quasi un terzo significato: Rinascita voleva riferirsi sia a un iconico ciclo a fumetti di Daredevil scritto da Frank Miller nel 1986, sia al ritorno del personaggio su Disney+ dopo la conclusione della gestione Netflix nel 2018; ora invece ha anche un altro senso, dato che la serie sembra rinascere letteralmente sotto gli occhi dello spettatore, come un mostro di Frankenstein che mostra il suo vero volto solo alla fine della storia.

Conclusioni

Multiplayer.it

7.0

Daredevil: Rinascita è un mostro di Frankenstein che si riprende sul finale, una serie che mette insieme due visioni quasi completamente diverse in un unico pacchetto in cui vince, fortunatamente, quella che ha reso la serie su Netflix uno dei più grandi successi degli ultimi anni. Rinascita impiega tempo a carburare; i primi episodi sono assai deboli nei momenti appartenenti alla vecchia gestione, riprendendosi solo quando subentrano i nuovi scrittori con uno stacco che si percepisce sensibilmente, ma la qualità generale è sempre alta grazie a un cast eccezionale. La seconda metà della stagione riporta la serie TV e i personaggi che abbiamo imparato ad amare e ad odiare sul binario giusto, imbastendo i presupposti per una storia che vedremo solo nel 2026 ma che promette sangue e scintille.

PRO

  • Il cast, specialmente Cox e D'Onofrio
  • Gli episodi finali sono la vera Rinascita della serie

CONTRO

  • L'andazzo sconclusionato nella prima metà della stagione
  • La gestione superficiale di certi personaggi o sottotrame