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Death Stranding 2: On the Beach, la recensione dell'opera più libera di Hideo Kojima

Death Stranding 2: On the Beach segna il ritorno di Hideo Kojima nel più grande videogioco d'autore in circolazione.

RECENSIONE di Lorenzo Mancosu   —   23/06/2025
La cover art di Death Stranding 2
Death Stranding 2: On The Beach
Death Stranding 2: On The Beach
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Sono pochissimi i videogiochi che si possono davvero definire d'autore, le opere che rifuggono completamente la tassonomia, i generi e le correnti del mercato per inseguire una poetica unica ed estremamente riconoscibile. E, in mezzo a quelle già rarissime produzioni d'autore, quelle firmate da Hideo Kojima rappresentano delle assolute anomalie, perché in questo momento storico nessun'altra personalità al mondo può contare sulla medesima combinazione di libertà creativa e risorse inesauribili. Vuole attori premiati di fama internazionale come Elle Fanning e Luca Marinelli? Eccoli. Ha immaginato una sequenza con un brano come "Raindrops Keep Falling on my Head" in sottofondo? Non c'è problema. L'esperienza orbita attorno a lunghe camminate solitarie? Approvata senza discussioni. Kojima Productions è un po' come la Fabbrica di Cioccolato, un luogo in cui tutte le porte si spalancano, tutte le stringenti regole dell'industria si piegano senza porre domande di fronte all'immaginario e al peso specifico del suo fondatore.

Essendo maturato in tale contesto, Death Stranding 2 è Hideo Kojima all'ennesima potenza. Cresciuto libero da ogni sorta di catena e d'influenza, rappresenta l'incarnazione più pura e incontaminata di quella visione autoriale, ma non è assolutamente detto che questo sia un bene, perché spesso anche i più grandi fra i creativi hanno bisogno di essere circondati da voci discordanti che sappiano mantenerli in carreggiata. Come si contiene una simile esplosione di fantasia? Non si può contenere: fra "dolori fantasma", lunghe traversate silenziose, sequenze da musical, azioni di spionaggio tattico e, soprattutto, un Luca Marinelli che indossa la bandana come il miglior Solid Snake, questo progetto si configura come una sorta di calderone ricolmo dell'intera eredità di Kojima, ancor più di quanto già non facesse un titolo discusso come Guns of the Patriots. Anche in questo caso, non è detto che ciò sia necessariamente un bene.

Per queste e tante altre ragioni, nella recensione di Death Stranding 2: On the Beach scopriremo un'opera dotata di due volti, entrambi frutto di una mente creativa che, nel bene così come nel male, si è mossa ormai libera da qualsiasi briglia: a volte quella libertà si è tradotta nella messa in scena di poesie interattive, in altre circostanze ha finito per traballare vistosamente, arrivando a un passo da un inciampo molto rumoroso.

“Raindrops Keep Falling on my Head”

Sono trascorsi undici mesi da quando Sam Porter Bridges (Norman Reedus) ha scelto di fuggire da quel che resta del mondo civilizzato assieme alla Bridge Baby di nome Lou, in seguito allo sfiancante viaggio per la connessione delle United Cities of America che ha sventato la completa estinzione dell'umanità legata al fenomeno noto come Death Stranding. L'ex corriere trascorre giornate spensierate alla scoperta delle gioie e delle fatiche della genitorialità in un bunker segreto a cavallo del confine con il Messico, quando il destino arriva a bussare alla porta di casa nella forma della vecchia amica Fragile (Lea Seydoux), domandando al "Grande Messo" di partecipare a un'ultima missione in cambio della definitiva cancellazione del suo problematico fascicolo.

Quell'incontro si trasforma nel fatidico epicentro di un terremoto narrativo che per poco non ricostruisce completamente lo status quo antecedente al capitolo originale: nell'arco di una manciata di ore Sam si ritrova reclutato a bordo della nave DHV Magellan, veicolo appartenente alla neonata organizzazione Drawbridge, finanziata dal misterioso "Charlie" e supervisionata dalla stessa Fragile con lo scopo di connettere da zero un continente tutto nuovo, ovvero l'Australia. È davvero molto strano, l'incipit di Death Stranding 2: dopo aver messo in secondo piano quasi tutti i personaggi centrali del passato, Hideo Kojima sceglie di prendersi tante, tantissime ore per tratteggiare un canovaccio narrativo estremamente simile all'originale, ma soprattutto per reintrodurre ancora una volta - attraverso un lunghissimo tutorial - tutte le principali meccaniche di gameplay, alzando il sipario, assieme a esse, anche sulla medesima struttura generale della progressione. Sam, con il fedele dispositivo Q-Pid alla mano, dovrà riuscire a connettere l'intera Australia alla Rete Chirale portando a termine una consegna di merci dopo l'altra senza particolari sorprese, trovandosi con cadenza regolare faccia a faccia con il pericolosissimo e "Kefkiano" Higgs (Troy Baker), ma soprattutto con il personaggio interpretato dal nostro Luca Marinelli, che raccoglierà il testimone ceduto da Clifford Unger (Mads Mikkelsen) senza riuscire assolutamente a generare il medesimo impatto emotivo.

La nuova missione di Sam è scandita dall'incedere della DHV Magellan, nave che diventa hub di gioco e teatro di quasi tutte le sequenze della trama
La nuova missione di Sam è scandita dall'incedere della DHV Magellan, nave che diventa hub di gioco e teatro di quasi tutte le sequenze della trama

Nel frattempo, attorno a questo scheletro estremamente familiare, inizia a prendere forma la nuova danza di Hideo Kojima, una narrazione tanto carica di sequenze d'impatto e di personaggi ispirati quanto disorganica, confusionaria e priva di guizzi particolari. La sensazione è che l'autore abbia voluto dirigere e girare ogni scena che stuzzicasse la sua fantasia, sfruttando al massimo muse come Elle Fanning (nel ruolo di Tomorrow) o Shioli Kutsuna (Rainy), perdendosi in mezzo a un vortice di citazioni e riferimenti per realizzare momenti sì emozionanti e pieni, ma anche inevitabilmente sconnessi, autoreferenziali, fine a sé stessi. Mentre nel primo capitolo i personaggi, la trama e la costruzione del mondo facevano parte di un unico marchingegno che si muoveva in maniera organica in una direzione ben precisa - regalando a ogni figurante una caratterizzazione tonda - in questo On the Beach le operazioni di riscrittura raccontate dall'autore hanno finito per farsi sentire molto forte, tratteggiando una sorta di traballante pièce teatrale che tocca diversi argomenti, ma ne abbraccia davvero pochi fino in fondo, concentrandosi in particolar modo sull'elaborazione del lutto.

La vicenda narrata segue con precisione lo schema del primo capitolo ma manca dell'organicità che caratterizzava il racconto e lo sviluppo dei personaggi originali
La vicenda narrata segue con precisione lo schema del primo capitolo ma manca dell'organicità che caratterizzava il racconto e lo sviluppo dei personaggi originali

Death Stranding 2 è Hideo Kojima in totale purezza, per certi versi incarna l'idea stessa dell'autore che ha preso il sopravvento sulla sua stessa opera, della volontà di dar vita a immagini e brevi sequenze indipendenti l'una dall'altra che non si mettono al servizio dell'esperienza dell'utente, ma rispondono unicamente a un desiderio personale, e non c'è dubbio che questa particolare natura saprà scatenare reazioni d'ogni genere, sia estremamente positive sia negative. Si tratta di un'avventura corale nella quale l'intero equipaggio della DHV Magellan diventa coprotagonista del viaggio per la connessione dell'Australia, una vicenda tanto formulaica quanto potente nella messa in scena, tanto disorganica quanto emozionante nelle storie di alcuni protagonisti, volenterosa di toccare così tante sfaccettature dell'umanità da finire per esplorarne poche davvero in profondità. L'intreccio è decisamente più debole e meno coerente rispetto a quello del primo capitolo, e ciò sembra accadere proprio perché l'autore è diventato definitivamente fulcro dell'opera, lasciando la vicenda priva di un timoniere.

Due (Punto Zero)

Come suggerito dalla struttura della progressione, che mira senza troppi complimenti alla completa rimessa in scena del primo episodio, più che un sequel si ha la sensazione di star vivendo una grande versione 2.0: nonostante l'interezza del gameplay sia ancora ricamata attorno alle consegne e al ruolo di corriere di Sam Porter Bridges, ogni elemento che costituisce la ricetta è stato potenziato oltremisura, il numero di gadget disponibili è cresciuto in maniera esponenziale, l'approccio al sistema di combattimento è stato notevolmente stratificato, anche l'enorme mappa australiana e la sua particolare progettazione dei livelli sono finite al centro di una reinterpretazione quasi totale. A rimanere invariato è stato invece il cuore dell'esperienza di Kojima Productions, che ha deciso di tirare dritto nella stessa direzione del passato senza cambi di rotta, ancorandosi alla progressione schematica che già scandiva l'incedere del primo episodio con la sola differenza che il teatro delle sequenze narrative risiede nello spazio condiviso della DHV Magellan.

Death Stranding 2 rimane un videogioco avvolto in una poetica incredibile e caratterizzato da ambientazioni e immagini estremamente sceniche
Death Stranding 2 rimane un videogioco avvolto in una poetica incredibile e caratterizzato da ambientazioni e immagini estremamente sceniche

Death Stranding 2 rimane un videogioco d'avventura, di sopravvivenza e gestionale unico nel suo genere, caratterizzato da una costruzione del mondo e delle ambientazioni sceniche come non se ne incontrano in nessun altro contesto, immerso in una poetica che fonde costantemente la musica, il senso di solitudine, la lotta contro la natura e il superamento delle avversità per trasmettere sensazioni sostanzialmente impossibili da replicare in altre cornici. Tuttavia, queste erano già le fondamenta su cui poggiava l'originale pubblicato nel 2019, un titolo che custodiva il lato migliore della propria essenza negli ultimi passi che separavano Sam Bridges dalle sue destinazioni, in quei momenti magici che si affidavano alle note melancoliche di gruppi come i Low Roar e i Silent Poets per trasformare la fatica e la sofferenza accumulate nel senso di pienezza e soddisfazione che precedeva le nuove rivelazioni narrative. Nonostante la potenza dell'immaginario faccia brillare la produzione di una luce accecante rispetto al piattume dell'offerta del mercato AAA, è inevitabile che oggi, a sei anni di distanza, quelle dinamiche fatichino a colpire come seppero fare la prima volta.

L'offerta rimane comunque impressionante: quella dell'Australia è un'ambientazione immensa e caratterizzata da fondali semplicemente mozzafiato, un'architettura che prende vita grazie al ciclo giorno-notte, al meteo dinamico, ai terremoti provocati dai misteriosi Geovarchi, le esondazioni dei fiumi, le bufere di neve e le tempeste di sabbia che investono picchi e deserti, incrementando notevolmente la stratificazione dell'elemento strategico e gestionale alla base di ogni consegna. Chiunque abbia amato la formula di gameplay del primo capitolo non potrà far altro che gioire, trovandosi al cospetto di una variante che si è arricchita oltre ogni aspettativa, tanto sul fronte della varietà quanto soprattutto su quello della personalizzazione, spianando la strada a strategie e approcci un tempo impossibili.

Questo discorso resta valido per il sistema di combattimento, per gli scontri con i boss e per ciascuna fase orientata all'azione, in passato inquadrati fra i principali punti deboli della produzione; Death Stranding 2 adotta un approccio decisamente più "Tactical Espionage Action", trasformando la soluzione violenta e quella furtiva in sezioni di gameplay dignitose e stratificate al pari delle semplici consegne. Oltre a poter affrontare l'avventura scommettendo su vere e proprie "build", magari investendo nel combattimento in corpo a corpo, nelle capacità stealth o nello sfruttamento di gadget a dir poco folli - come per esempio la Pizza di Gomma da lancio - l'attenzione rivolta a questo segmento traspare anche dalle missioni in VR, una serie di sfide presenti nel simulatore della DHV Magellan che strizzano l'occhio al passato creativo di Hideo Kojima. Sam, questa volta, non dovrà utilizzare solamente la "corda", ma - per citare il caro vecchio Higgs - sarà quasi costretto a fare affidamento anche sul "bastone", dunque quel bastone è passato attraverso un completo rinnovamento che ha avvicinato parecchio - anche se non del tutto - la formula a quella di Metal Gear Solid V, per certi versi tradendo il messaggio alle spalle dell'originale.

La natura da sequel "più grande e migliore" esplode proprio nella quantità di opzioni disponibili all'interno della ricetta classica, che si sono impennate a prescindere dal segmento che si sceglie di prendere in esame: fra nuovi mezzi di trasporto, nuove strutture da costruire tramite dispositivi C.C.P., nuovi abiti e, ovviamente, tantissime nuove armi, questo incremento della sostanza ha finito per rivelarsi anche un miglioramento della forma. Le meccaniche di combattimento, quelle di navigazione e le sparatorie sono state rifinite con grande attenzione, ma a farle brillare è proprio la varietà dell'offerta, perché in mezzo a bare fluttuanti da sfruttare come hoverboard, colpi d'artiglieria che trascinano i nemici nel catrame, per non parlare di alcune dinamiche da "monster collector" che arrivano a coinvolgere le CA, il ventaglio di scelte ha davvero oltrepassato ogni aspettativa.

Le fasi d'azione hanno una connotazione molto più 'Tactical Espionage Action', quasi in stile Metal Gear Solid V
Le fasi d'azione hanno una connotazione molto più "Tactical Espionage Action", quasi in stile Metal Gear Solid V

Forse anche in ragione dei ritmi altalenanti della narrazione, il cuore dell'esperienza batte prevalentemente nel tessuto del gameplay, nel completamento degli ordini principali e facoltativi, che proprio in ragione della mole e della varietà delle ricompense invitano a massimizzare il legame con i Prepper posti negli angoli più remoti e inaccessibili dell'Australia: anche dopo la conclusione dell'avventura permane la voglia di ottimizzare le consegne e di portarne a termine il maggior numero possibile. C'è solo una conseguenza negativa in questo nuovo approccio fortemente basato sulla quantità, ma non è affatto una conseguenza da poco: Death Stranding 2 mette sul piatto un grado di personalizzazione talmente elevato che si finisce per camminare molto meno rispetto al passato, per percepire molto meno i pericoli dell'ambientazione postapocalittica come le CA, di conseguenza rischia di abbassarsi anche il valore del primo approdo in un nuovo rifugio sicuro, di quei momenti in cui il gameplay si fonde con la musica e con la scenografia per traghettare dolcemente Sam fino alla destinazione successiva.

Arte, musica, connessione

Se Death Stranding continua ad apparire così alieno alla produzione videoludica contemporanea e dimostra tanta potenza nelle immagini è indubbiamente in ragione della direzione artistica di Yoji Shinkawa, che in questo sequel si presenta davvero in stato di grazia, sia per quel che concerne lo straordinario lavoro concettuale svolto sui personaggi sia, soprattutto, per la fantasia alla base dei veicoli, delle architetture, delle creature, persino dei loghi che caratterizzano Drawbridge e altre entità affini. Ciò detto, a dar vita a quella fantasia ci pensa il Decima Engine di Guerrilla Games, un motore che Kojima Productions è riuscita ancora una volta a spingere al limite: su PlayStation 5 standard i panorami australiani sono una gioia per gli occhi, l'illuminazione ha fatto passi da gigante rispetto al predecessore, entrambe le modalità grafiche svolgono il proprio compito alla perfezione con sacrifici minimi, ed è evidente che per la regia di Hideo Kojima fosse essenziale raggiungere un grado estremo di fedeltà nella rappresentazione, forse fra i picchi più elevati raggiunti sulla nona generazione di Sony.

Yoji Shinkawa si riconferma per l'ennesima volta un fuoriclasse della direzione artistica a trecentosessanta gradi
Yoji Shinkawa si riconferma per l'ennesima volta un fuoriclasse della direzione artistica a trecentosessanta gradi

Ciò che stupisce davvero, tuttavia, è quella stregoneria tecnologica che risponde al nome di Social Strand System, il sistema multigiocatore asincrono che già caratterizzava il primo capitolo: ancor più marcatamente di quanto non accadesse in passato, il territorio si trasforma pesantemente sulla base dei comportamenti adottati dai giocatori, portando alla completa erosione di formazioni rocciose e alla nascita spontanea di sentieri lentamente spianati dalle passeggiate dei corrieri, generando conseguenze davvero ingombranti nelle dinamiche di gameplay.

Gli sviluppatori hanno scelto di raddoppiare anche su tutte queste funzionalità, offrendo la possibilità di scambiarsi materiali fra un mondo parallelo e l'altro, di ricostruire monorotaie accanto alle classiche autostrade, di erigere una pletora di strutture che cambiano completamente l'approccio all'ambientazione e agli ostacoli naturali. A un certo punto Kojima Productions ha dovuto chiudere i server multigiocatore per prepararsi all'avvicinamento del lancio, facendoci prendere duramente coscienza dell'enorme differenza che separa l'esplorazione del continente australiano in modalità offline e online. Sono poche le opere per il giocatore singolo per cui vale la pena attivare un abbonamento online, ma Death Stranding 2 è senza ombra di dubbio una di quelle.

Infine, sarebbe un crimine non menzionare la carica artistica che avvolge l'intero comparto sonoro e che si presenta in una forma parecchio diversa rispetto al passato: Death Stranding 2 ha potuto contare sulla presenza di una ricca colonna sonora originale firmata dal compositore francese Woodkid, una selezione di brani realizzati appositamente per questo progetto che vanno ad affiancare le classiche canzoni pescate direttamente dalla playlist personale di Hideo Kojima. A margine, merita una menzione speciale il sound design lato sensu, anzitutto perché nel sequel è sopravvissuto l'elevatissimo grado di cura rivolto a ogni singolo effetto sonoro, specialmente per quel che concerne i jingle della Drawbridge, ma anche in ragione del particolare sfruttamento delle tracce e la loro gestione dinamica, dal momento che queste mutano costantemente a seconda del posizionamento di Sam nella mappa australiana.

Punti di vista e anime

L'originale Death Stranding si è incastrato con precisione chirurgica nella sua epoca, diventando espressione concreta di un periodo storico segnante e cristallizzando nella sua anima la visione di un mondo diviso che si è rivelata profetica. Se queste sono caratteristiche più uniche che rare per un videogioco e Hideo Kojima non è nuovo alla proposta di letture e critiche della società che acquistano valore nel tempo, in questo caso specifico la sensazione è quella di trovarsi al cospetto di un'opera decisamente più celebrativa, autoreferenziale e conservativa rispetto al solito. Death Stranding 2: On the Beach, più d'ogni altra cosa, soffre il confronto con Death Stranding del 2019, anche perché fa di tutto per non discostarsene troppo, per non lasciarlo andare: le sezioni di gameplay dedicate a Luca Marinelli, per fare un esempio isolato, sono esattamente identiche a quelle che misero in scena Mads Mikkelsen, ma in generale è l'intera esperienza a sforzarsi di ricalcare la formula già conosciuta, senza riuscirci pienamente.

Death Stranding 2: On the Beach è un videogioco sospeso fra due anime, una molto potente e una decisamente meno riuscita
Death Stranding 2: On the Beach è un videogioco sospeso fra due anime, una molto potente e una decisamente meno riuscita

Si tratta di un'opera difficile, particolare, tanto forte quanto imperfetta: se l'immaginario stesso di Death Stranding si porta dietro una poetica che si può ritrovare solamente in questo videogioco ed è sorretta da immagini e fantasie in sé e per sé molto potenti - che fanno capire in mezzo secondo di stare esplorando la mente di Hideo Kojima - il problema è che, a differenza del passato, quelle immagini e quelle scene non riescono a mettersi sempre al servizio dell'opera e della narrazione ma si configurano spesso come isole sconnesse, al punto tale che fra l'incipit e l'epilogo, durante la cinquantina di ore necessarie per connettere tutta l'Australia, non accade pressoché nulla di rilevante sul piano del racconto, relegando tutto a una sequenza conclusiva quantomeno disorientante, segnata da qualche violazione di troppo della linea narrativa.

Il comparto ludico resta fuori discussione: Kojima Productions ha espanso e migliorato ogni singolo elemento del gameplay, scavando una quantità impressionante di strati di profondità attorno al sistema di consegne e trasformando l'Australia in un parco giochi per chiunque avesse apprezzato la formula quasi gestionale protagonista del primo episodio. Non c'è componente della ricetta che non sia stato evoluto e ristrutturato e lo stesso discorso rimane valido per la qualità della vita, per la quantità di dinamiche presenti, per le opzioni d'accessibilità, per la grezza mole di contenuti e per ogni singola sfaccettatura della traversata del continente, che arriva anche a mettere sul piatto diverse attività che abbiamo scelto di non menzionare, come per esempio le operazioni di salvataggio e di "collezionismo" delle specie animali in pericolo.

Un sequel conservativo, forse anche troppo, che per raggiungere la sua grandezza sacrifica la coerenza e l'organicità del predecessore
Un sequel conservativo, forse anche troppo, che per raggiungere la sua grandezza sacrifica la coerenza e l'organicità del predecessore

Death Stranding 2 rimane un videogioco unico, diverso da tutti gli altri, imparagonabile all'offerta dell'industria contemporanea, e proprio per questa ragione deve necessariamente essere analizzato "nel vuoto", lontano da confronti inutili e interferenze esterne all'eredità della serie. Pur riuscendo a mantenere intatto il linguaggio, l'immaginario e la forza emotiva di cui è sempre stato innamorato, in questo caso Hideo Kojima ha lasciato che quegli elementi prendessero il sopravvento sull'opera nel suo insieme, firmando un videogioco che sa emozionare, che migliora diversi elementi del predecessore e che mette in scena grandi personaggi (su tutti Fragile), ma che si configura come un viaggio decisamente meno d'impatto, meno organico, tondo, riuscito e coerente rispetto al primo capitolo. In un certo senso, per queste ragioni, sembra realizzare lo strano desiderio espresso dal creativo più libero del mondo: proprio come si auspicava nelle dichiarazioni più recenti, saprà senza dubbio dividere il pubblico e la critica.

Conclusioni

Versione testata PlayStation 5
Digital Delivery PlayStation Store
Prezzo 79,99 €
Multiplayer.it
8.0
Lettori (57)
7.9
Il tuo voto

Death Stranding 2: On the Beach è Hideo Kojima all'ennesima potenza, è un videogioco talmente immerso nel linguaggio e nell'immaginario di cui il creativo è innamorato che, a tratti, è come se l'autore avesse preso il sopravvento sulla sua stessa opera. Configurandosi come un grande "Death Stranding 2.0", sceglie di ancorarsi a una struttura e una progressione identiche a quelle del primo capitolo per poi potenziare ogni elemento del gameplay, che si tratti della progettazione del mondo aperto, della grezza quantità d'opzioni alla base del sistema di consegne o delle meccaniche del combattimento d'azione. Si tratta ancora di un assoluto unicum, di un'esperienza legata a una poetica unica nel suo genere che sfrutta la musica e la potenza delle immagini per scatenare sensazioni che non si possono trovare in nessun'altra produzione. In questo caso, tuttavia, la narrazione, la costruzione del mondo, la fantasia e la struttura generale non riescono a muoversi in maniera organica, spalancando diverse crepe nella vicenda di Sam Porter Bridges.

PRO

  • Ha mantenuto la sua poetica unica e inconfondibile
  • Ogni elemento del gameplay è stato evoluto e potenziato
  • Direzione artistica di Yoji Shinkawa in stato di grazia
  • Il Social Strand System continua a essere un multigiocatore incredibile

CONTRO

  • Narrazione frammentata, disorganica, confusionaria
  • È il videogioco più conservativo di Hideo Kojima
  • Il linguaggio dell'autore prende il sopravvento sull'opera
  • Soffre parecchio il confronto con il primo episodio