Non ce ne siamo accorti, ma ci dev'essere stato un momento, un preciso istante nel tempo, in cui i videogiochi hanno semplicemente smesso di essere prodotti d'intrattenimento dall'anima squisitamente punk, per imboccare un processo di maturazione che ha reso il medium la forma d'arte che conosciamo oggi. Sono sempre di meno gli articoli di giornale che ne osteggiano gli eccessi e, anche se la cosa ci faceva arrabbiare un sacco, dobbiamo ammettere che un po' ci piaceva che la parte più incravattata dell'opinione pubblica li trovasse dannatamente insopportabili. Per assurdo, anche un gioco come il nuovo Grand Theft Auto cercherà con tutte le sue forze di essere il meno controverso possibile, sintomo di come quel trend che ha portato la società a ricercare il politicamente corretto ad ogni costo ha infine invaso anche il nostro piccolo orticello fatto di violenza, motoseghe e innocentissimo beach volley.
Scherzi a parte, la trasformazione dell'industria è stato un passo fondamentale nell'evoluzione vissuta dal videogioco moderno, ma è indiscutibilmente vero che produzioni smodate e sopra le righe siano progressivamente scomparse dai negozi fisici e digitali di PC e console.
Ecco perché, in fin dei conti, era più che naturale che un progetto come High On Life riuscisse a catalizzare la curiosità di un pubblico così vasto, attirato dalla mano che si nasconde dietro a uno sparatutto apparentemente ordinario. Il gioco è infatti l'ultima fatica di Squanch Games, lo studio di sviluppo fondato da quel Justin Roiland noto alle cronache soprattutto per aver co-creato Rick & Morty, la serie animata di Adult Swim apprezzata tanto per la sua comicità tagliente quanto per la sua capacità di mettere sempre in scena situazioni folli e surreali.
Entrambi i prodotti si ambientano in una galassia colma di stranezze e fluidi corporei alieni, quindi c'erano tutti i presupposti per trovarsi di fronte a un videogioco capace di catturare le migliori qualità della serie per tradurle in un'esperienza interattiva vivace e sregolata, oltre che deliziosamente volgare. Un esperimento degno di Rick Sanchez, ma di quelli riusciti o clamorosamente falliti? Ve lo raccontiamo nella nostra recensione di High On Life.
Fare a pezzi gli alieni poteva essere più divertente
Se col passare delle ore vi abituerete inevitabilmente agli eccessi Roilandiani di High On Life, il suo gameplay invece non farà altro che migliorare, passando da una rivoluzione all'altra man mano che si abbattono gli esponenti più in vista del cartello G3. Il DNA del gioco, infatti, è innestato con elementi Metroidvania legati a doppio filo a tante potenzialità di movimento che il protagonista sblocca solo dopo aver avuto accesso a nuovi Gatliani. Questi sono cinque in totale, e ognuno di loro non solo offrirà delle consistenti variazioni sul tema durante il combattimento, ma sbloccherà funzionalità uniche che renderanno accessibili aree dell'ambientazione che in precedenza apparivano del tutto irraggiungibili.
Kenny, doppiato da Roiland con la voce di Morty Smith, è il primo dei Gatliani che si incontra durante la storia e non offre abilità particolari fatta eccezione per una modalità di fuoco secondario utile a spostare delle piattaforme semoventi mentre Tello, ad esempio, è un pugnale dai forti istinti omicidi che si unisce abbastanza presto al protagonista, rivoluzionandone subito la percezione degli spazi della mappa. Tello, infatti, sblocca non solo la possibilità di abbattere i nemici corpo a corpo, ma anche l'esplorazione verticale dell'ambientazione, grazie al rampino incluso nel suo manico. Sweezey spara aghi perforanti e può rallentare il tempo congelando i condotti di aerazione e dando modo al personaggio di attraversarli, mentre Gus è un fucile a pompa utilissimo negli scontri ravvicinati che può anche posizionare delle piattaforme su alcuni segmenti dell'ambientazione. Infine, Creatura partorisce sul momento dei mostriciattoli che attaccano il nemico, e che hanno inoltre il potere di attivare congegni elettrici in luoghi irraggiungibili del livello.
Questa forte varietà, purtroppo, si scontra con la ripetitività intrinseca dei combattimenti che mettono in scena, dall'inizio alla fine, sempre gli stessi nemici e le stesse situazioni. Il catalogo degli antagonisti comprende appena quattro varietà di alieni che si reiterano nel corso di tutta l'avventura, l'IA non brilla certo per astuzia strategica, e il level design delle arene è semplicemente banale, al punto che verso la fine della storia si hanno davvero pochi stimoli e si combatte con discreta insofferenza, malgrado l'arsenale ampliato e le nuove possibilità di gameplay. Per carità, nonostante sia piuttosto ordinario, il gunplay a tratti funziona anche molto bene grazie a uno stuolo di modifiche e potenziamenti che stravolgono il comportamento di ciascuna arma, ma ogni qualità si perde sullo sfondo di sparatorie sempre identiche tra loro, che dopo qualche ora di gioco non offrono più alcun incentivo ludico al giocatore.
È proprio in questo campo della produzione firmata Squanch Games che secondo noi il gioco mostra tutti i limiti di un budget da vero indie, ed è per certi versi un bene che nell'allocazione delle risorse lo studio abbia voluto dare in ogni caso priorità alla scrittura, perché senza di essa High On Life sarebbe colato a picco come un galeone spagnolo. Tuttavia, quando sul banco di prova c'è quello che a conti fatti è sempre e comunque uno sparatutto, lacune del genere hanno un peso considerevole sul giudizio finale. Una menzione a parte va però dedicata alle boss fight, che sono diverse lungo tutto l'arco dell'avventura e sempre originali, ricche di fasi platform e caratterizzate da una brillante comicità. Non vogliamo svelarvi troppo a riguardo ma quella con Tettolon, ve lo anticipiamo, vi lascerà davvero sbalorditi.
Comparto tecnico
Anche il comparto tecnico di High On Life mette in evidenza la natura profondamente indie del titolo di Squanch Games. Se dopo la patch del day one il gioco adesso è stabile attorno ai 60 frame al secondo (in precedenza era bloccato sui 30), quel che non è affatto migliorato è il suo impatto grafico, nettamente al di sotto delle aspettative per quel che riguarda modelli e qualità delle ambientazioni. Lo studio ha scelto di donare un look cartoonesco al suo sparatutto e questo da un certo punto di vista ha eliminato tante seccature in termini di fedeltà grafica, ma sebbene i modelli dei Gatliani siano ottimi, se guardiamo ai personaggi secondari e agli NPC che popolano i livelli è facile rendersi conto di quanto affrettate siano state certe scelte.
Abbiamo provato il gioco su Xbox Series X ed il modello poligonale della sorella del protagonista, uno dei personaggi con più battute dell'intero titolo, è davvero poco curato e ha delle animazioni facciali insufficienti su tutta la linea, mentre a Blim City e negli altri livelli del gioco NPC e creature si ripetono pigramente senza offrire alcuna varietà di sorta, nonostante lo studio avesse tutto lo spazio per dare fondo alla fantasia e creare alieni unici e originali.
Conclusioni
High On Life è uno sparatutto imperfetto, una gemma grezza che non brilla certo per il design del suo gameplay, ma che invece si rivela straordinariamente prezioso per la sua capacità di far sorridere genuinamente il giocatore dall'inizio alla fine dell'avventura, una cosa che ormai capita di rado nei videogiochi. Certo, i problemi ci sono e Squanch Games dovrà saper imparare dagli errori commessi ora che è arrivata a vedersela coi grandi, ma che splendido futuro aspetta i fan di Justin Roiland. Alla prima produzione realmente importante lo studio è riuscito a catturare la curiosità di tantissimi giocatori, e adesso ha tutto il tempo per crescere ed evolvere in direzione di un secondo capitolo ancora più folle e sregolato.
PRO
- Esilarante, dall'inizio alla fine, come solo le opere di Roiland sanno essere
- Discreta varietà di gameplay quando si guarda ad armi ed equipaggiamenti
- Alcune situazioni ed easter egg vi lasceranno a bocca aperta
- Le armi parlanti sono un'idea di design che funziona su tutta la linea
CONTRO
- I combattimenti prestano il fianco a una ripetitività di fondo soverchiante
- Poca varietà di ambientazioni
- Tecnicamente si poteva fare molto di più