Il Mortal Kombat di Paul W. S. Anderson non fu accolto proprio benissimo dalla critica del 1995, ma riscosse un ottimo successo al botteghino e col passare degli anni è diventato un film di culto quantomeno agli occhi del fandom. Chi ha vissuto il suo arrivo in sala all'epoca potrà sicuramente spiegarvi perché. Sotto molti aspetti, Mortal Kombat era una pellicola rivoluzionaria, tipo che tra le sue caratteristiche più eccentriche, e stiamo parlando degli anni '90, c'era un protagonista di origine asiatica. Era anche uno dei primi tie-in cinematografici a trattare con un certo rispetto la fonte d'ispirazione, risollevando le aspettative dei videogiocatori che erano rimasti scottati dai pessimi Super Mario Bros. e Street Fighter.
Le deludenti performance del sequel Mortal Kombat: Distruzione totale e di alcune produzioni televisive minori hanno sprofondato il franchise cinematografico in un limbo per oltre vent'anni, mentre la serie proseguiva la sua corsa sotto forma di videogioco. Dopo svariati tentativi di rivitalizzarlo andati a vuoto completamente o in parte, Mortal Kombat torna dunque al cinema - o nelle vostre case, grazie ai servizi di distribuzione digitale - sotto forma di film diretto dall'esordiente Simon McQuoid. Abbiamo premuto il tasto Play pieni di aspettative e ottimismo, ma anche questa volta è andata male.
La trama in pillole e senza spoiler
Il film comincia con un prologo ambientato nel diciassettesimo secolo: il ninja Bi-Han (Joe Taslim) del clan Lin Kuei stermina Hanzo Hasashi (Hiroyuki Sanada) e la sua famiglia. Sopravvive soltanto una bambina, che il dio del tuono Raiden porta in salvo a strage compiuta. Nel presente, Cole Young (Lewis Tan) è un ex campione che lotta per quattro spicci nelle arene clandestine: non sa di essere anche stato scelto per partecipare al Mortal Kombat, un torneo in cui le forze della Terra e quelle dell'Oltremondo, guidate dallo stregone Shang Tsung, si contendono il destino del pianeta. Scampato a un'imboscata di Bi-Han, che ora si fa chiamare Sub-Zero, Cole si unisce alla grintosa Sonya Blade (Jessica McNamee) e al suo ostaggio Kano (Josh Lawson) nella ricerca del tempio di Raiden. Sarà lì che i guerrieri della Terra dovranno allenarsi e prepararsi allo scontro decisivo coi campioni di Shang Tsung (Chin Han) che però non giocano secondo le regole e sono disposti a tutto pur di vincere il torneo.
Lo strano caso di MK2021
Partiamo dal presupposto che aspettarsi chissà quale narrativa da un film ispirato a un picchiaduro a incontri non è esattamente un colpo di genio: in questi casi avrebbe assolutamente senso concentrarsi anche soltanto sulle coreografie e l'intrattenimento che possono offrire un paio d'ore. Allo stesso tempo, però, è innegabile che la lore di Mortal Kombat abbia fatto balzi monumentali negli anni successivi alla release cinematografica del 1995: i ragazzi di NetherRealm Studios hanno tratteggiato storie e personaggi sempre più interessanti nelle ultime iterazioni del videogioco, dunque non è che non ci fossero fonti cui gli scrittori Oren Uziel e Greg Russo potessero ispirarsi. Lo script del nuovo film, che per evitare equivoci da questo momento chiameremo Mortal Kombat 2021, è invece davvero bruttino, confuso e banalotto. Soprattutto si incentra su un personaggio completamente inedito, Cole Young, che ha davvero poco da dire: è il classico prescelto che non crede in sé stesso finché non è costretto a battersi per qualcosa di veramente importante.
Con un roster di lottatori immenso, la scelta di scrivere un personaggio nuovo di zecca appare francamente insensata, soprattutto se si considera che, volendo proprio offrire una prospettiva umana e terra terra, si sarebbe potuto ricorrere a uno qualsiasi dei comuni mortali nel cast. Se Cole fosse stato minimamente interessante, forse le cose sarebbero andate diversamente; in fondo, non siamo contrari per principio alle interpretazioni inedite di una storia già nota. Abbiamo apprezzato, per esempio, lo strampalato rapporto che si instaura tra i vari campioni di Raiden, che appaiono tuttavia molto diversi rispetto alle loro controparti videoludiche. Liu Kang (Ludi Lin) è talmente flemmatico da rasentare la parodia, mentre Kung Lao[embed iframe=Url iframe] (Max Huang) è il mentore spaccone del gruppo. Deludente la caratterizzazione di Jax (Mehcad Brooks) e Raiden (Tadanobu Asano) che praticamente hanno meno screentime della famiglia di Cole, mentre Sonya ha un'aria perennemente sconvolta, forse perché è il pesce fuor d'acqua della situazione: è l'unica a non essere stata scelta per partecipare al Mortal Kombat.
Mettiamola così: quando uno come Kano diventa l'irresistibile comic relief del film, è chiaro che c'è qualcosa che non va. Il personaggio interpretato da Josh Lawson all'inizio è esilarante, ma poi diventa anche lui una macchietta che fa del turpiloquio la sua principale macchina umoristica. I "cattivi", in effetti, sono semplicemente trascurabili. Passi Reptile, un mostro in CGI che anche questa volta ha il solo compito di farsi trucidare, ma Kabal, Mileena, Reiko, Goro e la new entry Nitara sono solo carne da cannone; tratteggiati a malapena, esistono solo per combattere nella seconda metà del film. Sacrificati anche Shang Tsung - siamo anni luce lontani dal carismatico villain di Cary-Hiroyuki Tagawa - e Sub-Zero, del quale si fatica a capire le motivazioni, tranne il fatto che esiste per inscenare l'iconico, immancabile duello col rivale di sempre Scorpion.
Mortal Kombat 2021 diventa un film inutilmente pesante anche perché cerca di trovare una logica da fantascienza in una narrativa che non ne ha bisogno. E così i campioni sono marchiati da una voglia mistica a forma di drago (sic!) che si trasferisce da vittima a carnefice e conferisce un vero e proprio super potere chiamato Arcana, il quale si manifesta diversamente da campione a campione. L'Arcana - che si sblocca con una sana incazzatura - serve solo a giustificare le iconiche mosse speciali ispirate al gioco: Liu Kang può manipolare il fuoco grazie al suo Arcana così come Kung Lao prende il controllo a distanza del suo cappello, e fin qui questa aggiunta potrebbe avere anche senso nonostante sia superflua, ma quando Kano comincia a sparare raggi dagli occhi e intorno alle braccia meccaniche di Jax si formano nuove componenti hi-tech, è chiaro che la scusa dell'Arcana regge a fatica e sarebbe stato meglio non averla affatto.
Ma ai videogiocatori piacerà o no?
Mortal Kombat 2021 è un film un po' troppo cringe, come si suol dire, e i suoi tentativi di prendersi sul serio falliscono miseramente quando lo spettatore sente il bisogno di roteare gli occhi davanti a scenette veramente al limite del fremdschämen. Ancora ancora si resiste quando si comincia a parlare di Arcana, ma diventa inevitabile ogni volta che si sentono battute tipo "Kano wins!" o "Flawless victory!", che nel momento in cui Kung Lao lo dice abbiamo messo in pausa e siamo dovuti tornare indietro perché non riuscivamo a credere che lo avesse fatto davvero, e in inglese, mentre guardavamo il film in italiano. E invece. Perché capiamo benissimo il senso della citazione, per carità: anche nell'originale del 1995 avevamo Shang Tsung che diceva "Fatality!", ma quella era una roba "campy" che faceva esclamare "Ha detto Fatality!" a tutti i ragazzini in sala in un momento storico in cui una cosa così al cinema non si era mai vista né sentita, specialmente quando i videogiochi erano ancora un hobby di nicchia e vederli prendere vita sul grande schermo un caso più unico che raro.
E il problema di base era che all'epoca non gliene fregava niente a nessuno se i dialoghi erano pessimi, mentre oggi l'asticella si è alzata di più e certe magagne saltano all'occhio facilmente. Già la chimica nel cast è ai minimi termini rispetto a quella che caratterizzava gli attori nella versione 1995, ma i dialoghi sono veramente terribili e la qualità della recitazione lascia parecchio a desiderare. Fortunatamente, e questo è un prestigio non indifferente, si salvano alcuni aspetti determinanti per l'appeal che un film come questo può avere sul fandom di riferimento. Gli effetti speciali sono discreti, ma i costumi, gli scenari e la fotografia in generale appaiono molto curati. I combattimenti, soprattutto, godono di coreografie ricercate e dinamiche: nessuna scena d'azione è tirata inutilmente per le lunghe e ogni conflitto risulta credibile e sentito. I colpi hanno un peso, grazie anche a un'attenta scelta degli effetti sonori, e la violenza è sempre sopra le righe. Mortal Kombat 2021 è truculento e macabro com'è giusto che sia, e via via che gli scontri si fanno più intensi, anche le Fatality diventano più cruente e fedeli al videogioco, tra scoppi di viscere e spruzzi di sangue che sembrano uscire da Evil Dead. Non è molto, ma poteva andare peggio: nel dubbio, pensate sempre a Super Mario Bros.
Conclusioni
Multiplayer.it
5.0
Mortal Kombat reinterpreta una storia che conosciamo già in tutte le salse, ma nel tentativo di svecchiarla e contenerla in un paio d'ore d'intrattenimento fa scelte discutibili che finiscono col ridicolizzare trama e personaggi. Il film diretto da Simon McQuoid è un'occasione sprecata che fa solo della violenza e delle convincenti scene d'azione i motivi per cui un fan di Mortal Kombat dovrebbe guardarlo. Che messa così potrebbe sembrare pure abbastanza, ma questo dipende dal rispetto che avete voi per un franchise che ha fatto la storia del videogioco.
PRO
- Scene d'azione chiare, curate e d'impatto
- Violento e sanguinoso al punto giusto
- Kano è il personaggio migliore del cast
CONTRO
- Il protagonista inedito è banale e scontato
- Dialoghi pessimi e personaggi poco caratterizzati
- La supercazzola dell'Arcana