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Pacific Rim: La Zona Oscura, recensione: tornano le battaglie tra mecha e Kaiju

I mecha e i Kaiju di Guillermo del Toro tornano a battersi su Netflix con una sorprendente serie animata ambientata in Australia

RECENSIONE di Christian Colli   —   08/03/2021

Ad essere spietatamente sinceri, sulla serie animata di Pacific Rim: La Zona Oscura non avremmo scommesso due lire. Non dopo aver visto il secondo film, quello diretto da Steven S. DeKnight. Intendiamoci: siamo grandi fan di Pacific Rim. Il primissimo lungometraggio di Guillermo del Toro è un guilty pleasure che riguardiamo sempre volentieri, una di quelle produzioni di intrattenimento che si seguono a cervello spento e che non hanno grandi pretese se non fare spettacolo per il puro piacere di farlo. Poi ci sono registi come del Toro, che sanno dosare i dettagli e i particolari in modo che abbia la sua dignità anche una pellicola che non si deve prendere troppo sul serio, e ci sono quelli come il suo successore, che invece fanno il passo più lungo della gamba, scivolano e combinano un disastro. Ecco, Pacific Rim: La rivolta era un tale disastro che sul franchise ci avevamo messo una pietra sopra. Quando Netflix ha annunciato la produzione di un "anime", insomma, temevamo che sarebbe stato un altro capitombolo e ci siamo avvicinati a questa prima stagione in sette episodi con tanta diffidenza. E invece le cose sono andate diversamente, come vedremo nella recensione di Pacific Rim: La Zona Oscura.

Una prima stagione promettente

Pacific Rim: La Zona Oscura, una scena del primo episodio.
Pacific Rim: La Zona Oscura, una scena del primo episodio.

E invece Pacific Rim: La Zona Oscura è il rilancio che questo mondo, per come lo aveva inizialmente immaginato del Toro, si meritava da tempo. La prima stagione - cui speriamo ne seguano altre - prende quanto stabilito narrativamente nei primi due film e ci ricama sopra, raccontando una storia inizialmente più contenuta che, però, potrebbe avere risvolti importantissimi in un eventuale futuro del franchise. Ambientata alcuni anni dopo Pacific Rim: La rivolta, la serie comincia in una Australia che i Kaiju hanno invaso, costringendo gli abitanti superstiti a una evacuazione su larga scala. I piccoli Taylor e Hayley sono tra i pochi lasciati indietro, insieme ai genitori che pilotano l'ultimo Jaeger rimasto in piedi e che a un certo punto decidono di andare a cercare aiuto. Non torneranno e cinque anni dopo i loro figli, ormai cresciuti, vivono vite monotone e disilluse nella loro piccola comunità. Quando Hayley scopre una base sotterranea e riattiva un vecchio Jaeger d'addestramento, il Kaiju più vicino stermina i loro amici, lasciando i due protagonisti soli coi loro sensi di colpa.

Pacific Rim: La Zona Oscura, la protagonista Hayley.
Pacific Rim: La Zona Oscura, la protagonista Hayley.

Inizia così un viaggio verso Sidney che ci rivela un mondo diverso da quello che abbiamo conosciuto nel primo Pacific Rim. È un mondo devastato in cui le Brecce si aprono continuamente, i Kaiju si sono moltiplicati in varie forme e dimensioni, e i superstiti sono abbandonati a sé stessi, spesso nelle mani di signori della malavita che hanno fatto della miseria e della disperazione la loro ricchezza. Taylor e Hayley dovranno fare i conti con questa realtà, ma scopriranno anche i segreti degli invasori extradimensionali e troveranno alleati impensabili sul loro cammino.

Pacific Rim: La Zona Oscura non è una serie spensierata. È cupa e drammatica fin dall'inizio e non lesina certo sui morti e sui colpi di scena più viscerali. Contemporaneamente, fa un world building interessante e rispettoso dei film live action, soprattutto del primo, che richiama attraverso nomi, personaggi e situazioni. I fan dell'opera di del Toro riconosceranno il linguaggio tecnico e tanti piccoli dettagli già visti negli abitacoli dei primi Jaeger, impreziositi nella serie Netflix da qualche novità interessante e avveniristica come l'intelligenza artificiale Loa che aiuta i due protagonisti.

Pacific Rim: La Zona Oscura, un Kaiju riflesso sul visore di Atlas Destroyer.
Pacific Rim: La Zona Oscura, un Kaiju riflesso sul visore di Atlas Destroyer.

Apprezzabile anche la caratterizzazione del cast principale. Hayley, che inizialmente sembra il comic relief di turno, si porta sulle spalle il peso della strage che ha causato per sbaglio nel loro insediamento, mentre Taylor è un giovane uomo che si sforza di crescere anzitempo per proteggere sua sorella. I comprimari più importanti vengono soltanto accennati in questa prima stagione, ma abbiamo apprezzato soprattutto il complicato rapporto tra il villain ricorrente Shane e la figlia adottiva Mei, un'antieroina davvero interessante e sfaccettata. Forse lascia un po' perplessi la deriva drammatica della serie, considerando che del Toro, nel suo Pacific Rim originale, aveva voluto trasmettere l'idea che l'umanità, al momento del bisogno, riesce sempre a fare fronte comune nonostante le differenze razziali, politiche e ideologiche. Ma rispetto alla buffonata senza capo né coda che era La rivolta, la serie targata Netflix è tutta un'altra faccenda.

Dietro la Zona Oscura

Pacific Rim: La Zona Oscura, Mei in azione.
Pacific Rim: La Zona Oscura, Mei in azione.

Tutto sommato, la direzione drammatica e la caratterizzazione sopra le righe dei protagonisti non dovrebbe stupire chi mastica un po' di fumetti: alla sceneggiatura troviamo infatti Greg Johnson e Craig Kyle. Quest'ultimo, in particolare, è un autore Marvel famoso soprattutto per aver ideato la splendida Laura Kinney, il clone di Wolverine noto anche come X-23. Kyle, insomma, si è già trovato a scrivere storie di adolescenti alle prese con mondi violenti e ostili, e Pacific Rim: La Zona Oscura ce lo ricorda nelle scene più crude e viscerali.

Che poi, Netflix lo chiama "anime", ma la regia, il ritmo e gli ottimi dialoghi sono marcatamente occidentali. Di anime, Pacific Rim: La Zona Oscura ha più che altro il character design, seppur un po' anonimo, specie per quel che riguarda i comprimari minori nel cast. Prodotta da Legendary Television, la serie è stata animata dalla nipponica Polygon Picture, gli stessi di titoli come gli ultimi lungometraggi animati di Godzilla o la serie animata Star Wars: Resistance. Come molte altre serie a curriculum, anche Pacific Rim è realizzata in 3DCG e cel shading, il che la rende effettivamente più simile a un cartone animato tradizionale.

Pacific Rim: La Zona Oscura, Taylor e Hayley insieme al misterioso Boy.
Pacific Rim: La Zona Oscura, Taylor e Hayley insieme al misterioso Boy.

Al di là del character design non proprio convincente, quasi un marchio di fabbrica nelle produzioni di questa società, Pacific Rim: La Zona Oscura oscilla qualitativamente sulle animazioni. Le scene d'azione in cui Kaiju e Jaeger combattono sono animate davvero bene, sono chiare e comprensibili, nonché estremamente fluide. Le altre un po' meno. In realtà, non c'è uno standard: ci sono scene d'azione tra esseri umani molto curate, altre che invece appaiono un po' imbarazzanti in termini di fluidità, e non si capisce se la serie cerchi di omaggiare lo stile di Spider-Man: Un nuovo universo, oppure manchino semplicemente i fotogrammi. Non è realizzato male, sia chiaro: anzi, non ci sono molto sbavature, ma è proprio per questo che si notano di più. Buona, anche se non particolarmente memorabile, la colonna sonora di Brandon Campbell; ottimo il doppiaggio italiano, anche se qualche voce ci è sembrata poco azzeccata (troppo giovanile quella di Ford, per esempio).

Conclusioni

Multiplayer.it

8.0

Abbiamo cominciato a guardare Pacific Rim: La Zona Oscura temendo di restare delusi e invece abbiamo chiuso il settimo episodio di questa prima stagione con una gran voglia di scoprire cosa succederà in futuro. Le idee di Guillermo del Toro meritavano un approfondimento e la serie d'animazione targata Netflix è riuscita nell'obiettivo che il secondo film non aveva colpito neppure di striscio. Personaggi ben caratterizzati, scontri avvincenti e molti colpi di scena: se avete apprezzato il primo Pacific Rim, vi consigliamo caldamente di dare una chance a questa serie TV.

PRO

  • Riprende i temi e le sottotrame imbastite nei film e li approfondisce con una storia matura e avvincente
  • Protagonisti e comprimari importanti ben caratterizzati

CONTRO

  • Alcune animazioni lasciano a desiderare
  • Character design abbastanza anonimo