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Star Wars: Skeleton Crew, la recensione della nuova serie TV di Disney+

Tiriamo la somma sulla prima (e unica?) stagione di Skeleton Crew, la serie TV che ha raccontato uno Star Wars diverso dal solito.

RECENSIONE di Christian Colli   —   16/01/2025
Immagine promozionale di Star Wars: Skeleton Crew

Possiamo dire che Skeleton Crew è stato un piccolo miracolo? È stata la serie che ci ha fatto riscoprire Star Wars. Lo ha fatto riscoprire a noi spettatori che, tra un riferimento incrociato e l'altro, eravamo rimasti intrappolati in un immaginario labirintico senza uscita, e l'ha fatto riscoprire a Lucasarts che, pensando sempre di compiacere i fan e tirare su qualche soldo in più, sembrava aver perso di vista ciò che davvero significa Star Wars: divertimento, meraviglia e stupore. E quale prospettiva migliore di quella di un bambino poteva riuscire a ritrovarli?

Gli showrunner Jon Watts e Christopher Ford hanno avuto un'intuizione geniale: scollegare Skeleton Crew da praticamente ogni storia conosciuta al cinema o in TV per reinterpretare L'isola del tesoro di Stevenson in salsa Star Wars. Tra pirati, pianeti sconosciuti, bottini e misteri, la stagione si è conclusa con un finale avvincente, ma frettoloso e ora possiamo tirare le somme sulla stagione. Abbiamo ridotto gli spoiler ma siate cauti se ancora non avete guardato la serie su Disney Plus!

Non si vive di solo Andor

La serie rivelazione del 2022, che fa da prequel agli eventi di Rogue One, è ancora in cima all'Olimpo di Star Wars e da lì nessuno la smuove: Andor resta una produzione stellare sotto praticamente ogni punto di vista, una serie TV che racconta il lato più umano di Star Wars. È ironico pensare che Skeleton Crew faccia la stessa identica cosa, ma dal versante completamente opposto dello spettro: mentre Andor è una serie cupa, violenta e adulta, Skeleton Crew fin dall'inizio si è proposta come una goliardica avventura incentrata sulla crescita di quattro ragazzini che scoprono la galassia e, affrontando i problemi che li rendono così diversi ma anche così simili, crescono e diventano più maturi, arrivando a comprendere meglio se stessi e i propri genitori.

Il cast e SM-33 in una scena del primo episodio
Il cast e SM-33 in una scena del primo episodio

Watts e Ford si sono ispirati così dichiaratamente alle grandi avventure degli anni '80 da mettere a un leggendario pirata dello spazio il nome rovesciato di (Richard) Donner, regista dell'iconico I Goonies, ma nella serie TV targata Lucasfilm c'è spazio anche per le influenze di Explorers, Navigator, Giochi stellari, E.T. e molte altre pellicole che hanno fatto sognare gli spettatori con qualche annetto di troppo sulle spalle. Quella di Skeleton Crew è una visione della galassia incantata nel più vero senso del termine, contraria a quella totalmente disincantata del suddetto Andor ma anche del più recente The Acolyte, che esplorava i lati oscuri - è proprio il caso di dirlo - dei Jedi all'epoca dell'Alta Repubblica.

In Skeleton Crew, infatti, i Jedi sono già morti da un pezzo, ma Wim e i suoi amici, che provengono dal mondo isolato di At Attin, non possono saperlo. Sono appena adolescenti, sperduti in una galassia che non conoscono e non capiscono, essendo del tutto all'oscuro della sanguinosa guerra tra la Ribellione e l'Impero che si è conclusa con la disfatta di quest'ultimo. Ciò rende Skeleton Crew un impensabile punto d'inizio per chiunque conosca poco Star Wars e si stia avvicinando per la prima volta: gli showrunner sono riusciti a riempire ogni episodio di riferimenti e omaggi che saltano agli occhi degli spettatori più navigati, ma che non sono minimamente necessari a comprendere la trama contenuta di quella che la pubblicità stessa definisce "un'avventura di Star Wars".

In questo senso, il successo di Skeleton Crew sta anche e soprattutto nella sua capacità di reggersi sulle proprie gambe senza doversi appoggiare a comparse, baby Yoda o moti di nostalgia. Pur appartenendo al cosiddetto Mandoverse di Dave Filoni, la nuova serie TV si è ben guardata da strizzare l'occhio a The Mandalorian, Ahsoka o The Book of Boba Fett: non c'è stato nessun Grogu, Carson Teva o Zeb Orellios in CGI ad attirare l'attenzione del fan di Star Wars perché, semplicemente, non ne ha avuto bisogno. I quattro protagonisti, presenti in ogni episodio, hanno fatto tutto da soli: piccoli ma grandi attori - in particolare la Fern di Ryan Kiera Armstrong, anche se il Wim di Ravi Cabot-Conyers si è difeso benissimo - che ci hanno conquistato subito, credibili nelle loro divergenze da bambini che un attimo prima litigano, quello dopo giocano e non si vergognano di avere paura pur cercando di essere coraggiosi.

Wim, il sognatore del gruppo, ruba spesso la scena perché rappresenta il fan di Star Wars col pensiero alle spade laser e all'avventura, ma Watts e Ford sono riusciti a scrivere credibilmente anche il nuovo idolo delle folle Neel senza farlo apparire troppo stucchevole neppure nei suoi momenti clou. Tra gli otto episodi, però, spicca quello scritto da Myung Joh Wesner: un apparente episodio di transizione che tuttavia riesce a trattare con meravigliosa delicatezza il tema dell'abilismo attraverso il personaggio di KB, approfondendo peraltro le dinamiche dei mod, i meno conosciuti "cyborg" di Star Wars.

Kh'ymm è uno dei tanti personaggi che fanno la loro prima comparsa in Skeleton Crew
Kh'ymm è uno dei tanti personaggi che fanno la loro prima comparsa in Skeleton Crew

Skeleton Crew riesce a rispettare meravigliosamente un equilibrio tutto suo, stabilito nei primi episodi mentre costruisce i personaggi e il mistero del loro pianeta d'origine: una sottotrama che tiene botta per tutta la serie, sollevando tanti quesiti che neppure il finale risolve completamente. Ma la ricerca del tesoro di Tak Rennod, l'enigmatica identità del pianeta At Attin e i motivi dietro il suo isolamento sono le cornici di un'avventura che si conclude con un episodio esplosivo in cui basta un unico inseguimento a evidenziare la superiorità di Skeleton Crew rispetto a The Book of Boba Fett, in cui sembrava più importante omaggiare l'Universo Espanso di Star Wars che raccontare una storia che non sembrasse un brutto episodio dei Power Rangers.

Il lato oscuro di Star Wars

Skeleton Crew può contare anche su un altro incredibile mattatore: Jude Law. L'attore britannico interpreta uno dei villain più affascinanti che Star Wars abbia mai portato sullo schermo, non solo grazie al suo innato carisma, ma anche a una scrittura intelligente che ci ha tenuto sulle spine fino all'ultimo episodio e non è scaduta nella banalità. Considerate le somiglianze con l'opera di Robert Louis Stevenson, ma soprattutto con l'adattamento animato Il pianeta del tesoro sempre di Disney, ci aspettavamo un esito diverso, ma abbiamo apprezzato la volontà degli autori di spingere sui chiaroscuri fino in fondo con un rarissimo utilizzatore della Forza slegato dai soliti Jedi o Sith.

Jod Na Nawood è uno degli antagonisti più accattivanti di Star Wars
Jod Na Nawood è uno degli antagonisti più accattivanti di Star Wars

Jod Na Nawood è un Cattivo con la C maiuscola, mosso dall'avidità e dal rancore nei confronti della galassia, che ha ritagliato un posticino speciale nel cuore per quattro bambini che restano pur sempre un intralcio. Negli ultimi episodi Watts e Ford calcano la mano sulla sua malvagità, sconfinando in una violenza subliminale che dà il giusto peso al climax della serie. Jod è un cattivo così perfetto da ridurre i pirati di Brutus a semplici macchiette, specialmente nell'ultimo episodio che, forse troppo frettolosamente, inscena una risoluzione che sembra invocare a gran voce una seconda stagione.

Intendiamoci, il finale di Skeleton Crew ha senso così com'è e richiama in maniera non troppo velata altri epiloghi di Star Wars, ma lo stacco sui titoli di coda è talmente subitaneo da incollare lo spettatore alla poltrona in attesa di una scena successiva che non arriverà mai. Questo, da una parte, indebolisce il finale lasciando molte domande senza risposta; dall'altra, conferma la bontà del lavoro svolto con la serie, che ha tutte le carte in regola per crescere e svilupparsi sotto forma di romanzi e fumetti, magari seguendo i quattro protagonisti negli anni e facendoli rispuntare al cinema nel futuro The Mandalorian & Grogu del 2026. Anche se, così facendo, si perderebbe un po' la magica fanciullezza di fondo che colora gli spazi grigi di Skeleton Crew.

In Skeleton Crew compaiono tantissime specie aliene, spesso messe in scena con protesi, costumi e trucco
In Skeleton Crew compaiono tantissime specie aliene, spesso messe in scena con protesi, costumi e trucco

La nuova serie TV, tra un'avventura e l'altra, tra un inseguimento e uno spavento, un droide psicopatico e un corsaro assassino, è una storia di speranza, amicizia e ottimismo. Fern, la più disillusa del quartetto, ricorda a un certo punto il filo conduttore di tutta la serie: il bene in cui i bambini si sono imbattuti settimana dopo settimana mentre cercavano di tornare a casa. Che poi è il leitmotiv di Star Wars, il pilastro tematico fondamentale della saga iniziata da George Lucas nel lontano 1977. La scelta di SM-33, nel penultimo episodio della stagione, richiama Darth Vader, Kylo Ren e così via. Non è un caso ed è una scrittura brillante, dimostrazione che Watts e Ford hanno compreso alla perfezione Star Wars.

Scritto ottimamente, quindi, nonostante qualche piccola scivolata in fatto di tempistiche e di montaggio, Skeleton Crew è anche uno degli spettacoli più incredibili che abbiamo visto sul piccolo schermo: una combinazione di protesi, costumi, trucco e computer grafica che funziona alla perfezione e immerge subito nell'universo di Star Wars. Gli showrunner si sono potuti avvalere del contributo di registi come David Lowery, Lee Isaac Chung e Bryce Dallas Howard, nonché della colonna sonora di un ottimo Mick Giacchino - figlio del più celebre Michael - che omaggia spesso i film della saga, quelli degli anni '80 e le pellicole piratesche, sottolineando sempre ogni scena con maestria. E la loro mano si sente, eccome.

Conclusioni

Multiplayer.it

9.0

La nuova serie TV di Star Wars incalza Andor senza ricorrere a Skywalker vari, fanservice a palate e Yoda in miniatura: è una medaglia al valore di Skeleton Crew, che fa della scrittura e della caratterizzazione dei personaggi l'asse cui ruotano intorno otto episodi serratissimi, contraddistinti da una cura maniacale per il dettaglio, le musiche e gli omaggi più o meno nascosti all'immaginario di Star Wars, alla letteratura e al cinema più in generale. Skeleton Crew non è solo un ottimo Star Wars ma grande intrattenimento televisivo a tutto tondo, come direbbe Wim: "una vera magia".

PRO

  • È una serie TV che esprime un amore immenso per Star Wars e i film anni '80
  • Cast eccellente con un Jude Law strepitoso
  • Strapiena di omaggi e riferimenti ma si regge benissimo da sola

CONTRO

  • Finale soddisfacente, ma un po' frettoloso sulle ultimissime battute
  • Alcuni interrogativi restano senza risposta