Nelle ultime settimane siamo tornati a parlare dell'universo creato da Andrzej Sapkowski per tutta una serie di questioni, non ultima la pubblicazione dell'aggiornamento a PlayStation 5 e Xbox Series X|S di The Witcher 3: Wild Hunt, il cui successo ha convinto Netflix a produrre una serie TV ispirata ai romanzi dell'autore polacco. Tuttavia, nel mentre che CD Projekt RED annunciava ufficialmente il remake del primo gioco, intorno alla serie TV si sollevava un polverone con l'addio di Henry Cavill, che a partire dalla quarta stagione sarà sostituito da Liam Hemsworth nei panni di Geralt di Rivia.
E così, con tutte queste novità e una terza stagione ancora lontana - dovrebbe uscire la prossima estate - sulla piattaforma di streaming arriva una miniserie prequel in quattro episodi. Li abbiamo visti in anteprima: saranno disponibili, infatti, a partire dal 25 dicembre, e nella nostra recensione di The Witcher: Blood Origin vi racconteremo se meritano il vostro tempo.
Le origini dei Witcher?
Partiamo dal presupposto che, se non conoscete minimamente The Witcher, Blood Origin potrebbe anche essere un buon punto d'inizio: non ci sono rimandi alla serie TV originale, se non un cammeo di Ranuncolo (sempre Joey Batey) che fa da aggancio all'inizio e alla fine delle quattro ore circa che servono per esaurirla, e che in realtà rappresenta più un omaggio - e un oscuro presagio - ai fan. La narrazione è infatti sufficientemente lineare da non comportare alcuna confusione anche per chi mastica poco e niente l'immaginario di Sapkowski, e questo è sicuramente un bene, anche al netto di qualche dialogo anche troppo didascalico.
La storia ci catapulta milleduecento anni prima dei fatti narrati nella serie principale, in un'epoca in cui gli Elfi popolavano il Continente e i Witcher ancora non esistevano. Il primo episodio getta le fondamenta di Blood Origin, introducendo due personaggi principali: Éile, una guerriera di Pryshia che ha scelto una vita da cantastorie, e Fjall, un ex guardia di palazzo a Xin'trea, esiliato dopo essere stato beccato a letto con la principessa.
Quando quest'ultima ordisce un complotto insieme al mago di corte per distruggere le altre famiglie reali - compresa la propria - e accentrare tutto il potere su di sé, autoproclandosi imperatrice degli Elfi, Éile e Fjall intraprendono un viaggio per raggiungere la capitale di Xin'trea e vendicare i loro clan. Sul tragitto, i due mettono insieme per caso e per scelta una banda di avventurieri, maghi e combattenti per riuscire in un'impresa che cambierà il loro mondo per sempre. Il problema è che lo farà soltanto nel quarto e ultimo episodio, e anche frettolosamente: la miniserie creata da Declan de Barra e Lauren Schmidt Hissrich forse avrebbe avuto bisogno di qualche puntata in più per respirare meglio e arrivare in modo più naturale alla sua conclusione.
Sebbene sia stata pensata per raccontare le origini dei Witcher, la miniserie dedica a questo argomento solo una parentesi con la creazione del primo prototipo, ma nella fretta di raccontare tutto quello che ci gira intorno, e risolvere il conflitto nel finale, l'importanza che ha questo momento viene meno, per essere del tutto surclassata nei pochi minuti in cui lo show mostra la famigerata Convergenza delle Sfere.
In questo senso, Blood Origin è una miniserie assai sbilanciata, che potremmo dividere idealmente in due parti che si intrecciano nel corso dei quattro episodi: c'è l'avventura dei sette protagonisti, fatta di combattimenti, paesaggi magnifici e dialoghi sia toccanti sia umoristici; e poi ci sono gli intrighi di palazzo, che mettono praticamente tutti contro tutti in una sfrenata corsa al potere. Il problema è che tutta la questione politica, per così dire, è terribilmente vaga e noiosa e si appoggia a una manciata di personaggi stereotipati e stucchevoli. L'attrice Mirren Mack, che interpreta la principessa Merwyn, in particolare, non ha nessun carisma, mentre il bravo Lenny Henry ha uno spazio ridotto nei panni del mago Balor, che al contempo è un personaggio così scontato da sacrificare la prova dell'attore britannico.
Allo stesso tempo, abbiamo rimpianto la poca attenzione riservata ai protagonisti. Sophia Brown e Laurence O'Fuarain hanno una buona chimica come Éile e Fjall e il loro percorso sarebbe stato ancora più credibile e riuscito se la miniserie gli avesse dedicato più tempo.
Lo stesso si può dire per quasi ogni altro comprimario. Solo Scian, la maestra di spada interpretata da Michelle Yeoh, sembrerebbe catturare i riflettori; gli altri personaggi sono introdotti con un minimo di retroscena che contestualizza e giustifica la loro annessione alla banda, e se non fosse stato per il "festino" nel terzo episodio, probabilmente avremmo saputo ancor meno di loro. E questo sinceramente è un peccato, perché sono quasi tutti più interessanti dei due protagonisti. La Nana in particolare, Meldof: interpretata da un'energica Francesca Mills, Meldof è il personaggio con la sottotrama più tragica, nonostante il suo carattere estroverso.
La miniserie rintuzza una promettente amicizia con un altro personaggio, Callan, detto anche Fratello Morte nonostante ammazzi ben poca gente, che però non va da nessuna parte. E lo stesso trattamento è riservato a Zacaré e Brían, che si uniscono per ultimi alla brigata. La miniserie semplicemente accenna appena i loro rapporti, ma nel tempo reale i sette eroi stanno insieme per così poco che alla resa dei conti finale si fatica a stare in ansia per le loro sorti.
Il grande fascino della serie originale stava anche e soprattutto nella caratterizzazione dei protagonisti e dei loro comprimari più importanti, ma Blood Origin fallisce quasi completante da questo punto di vista, e non riesce a spartire le tempistiche nel modo giusto, come se ci fosse una storia di serie A e una di serie B.
Fortunatamente la miniserie si riprende nelle scene d'azione, che sono numerose, truculente e spettacolari al punto giusto, ma anche un po' confuse nella regia, che sembra più interessata a inquadrare gli schizzi di sangue che a trasmettere un senso di dinamismo. E meno male che di mostri ce ne sono pochi, perché la computer grafica tende a essere un pugno in un occhio: è chiaro che non tutti gli show possono sfoggiare gli effetti speciali de Gli Anelli del Potere col suo budget multimilionario, ma in certi momenti di Blood Origin siamo proprio ai minimi termini. Considerando che il budget sembrerebbe essere stato riservato tutto alla scena delle Convergenza delle Sfere, forse sarebbe stato meglio dare alla miniserie un sottotitolo più consono.
Conclusioni
Multiplayer.it
6.5
The Witcher: Blood Origin è una miniserie che si lascia guardare, anche perché dura poco e non serve conoscere ogni retroscena a menadito per capire quello che succede sullo schermo. D'altra parte, è così corta proprio perché sacrifica la caratterizzazione di una banda di personaggi che aveva un grande potenziale, per dedicarsi a noiosi intrighi di palazzo oppure a convincenti scene d'azione. Alla fine restano più domande che risposte, ma i fan di The Witcher che sapranno unire tutti i puntini dovrebbero restare decisamente soddisfatti dal finale.
PRO
- Non serve conoscere la serie originale per capirla
- Spiega la fantomatica Convergenza delle Sfere e altri retroscena interessanti
CONTRO
- Molti personaggi meritavano più tempo e una migliore caratterizzazione
- Computer grafica scadente