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Apple vince un miliardo, ma è solo Samsung a perdere?

La vittoria di Apple su Samsung potrebbe non essere destinata soltanto a cambiare assetti e rapporti di forza nel mercato degli smartphone

SPECIALE di Giorgio Melani   —   02/09/2012

Tim Cook non sarà il Dr. Evil di Austin Powers, ma guardando il risultato ottenuto da Apple nella causa contro Samsung non possiamo che pensare alla celebre scena del ricatto al mondo da parte del malvagio interpretato dallo stesso Myers, mignolino alzato e aria compiaciuta. Un miliardo di dollari: si fa fatica anche a pensare ad una cifra del genere, figurarsi ad intascarla, o ancora peggio a doverla pagare. Per chi non avesse seguito il fatto, si tratta del risarcimento che Apple ha ottenuto (o meglio, che deve ottenere) da parte di Samsung, avendo vinto la causa sui brevetti e relative presunte (certe, a questo punto, per la giuria) scopiazzature effettuate dal produttore coreano.

Apple vince un miliardo, ma è solo Samsung a perdere?

Ricostruiamo la vicenda: Apple ha citato in giudizio Samsung per la violazione di vari brevetti depositati dall'azienda di Cupertino e ritrovati all'interno dei modelli di smartphone e tablet della compagnia coreana, tra i quali i popolari Galaxy S e S2, richiedendo un risarcimento di oltre due miliardi di dollari. Circa una settimana fa, la corte di San Jose a cui è stato sottoposto il caso si è espressa in favore di Apple, infliggendo a Samsung una pesante multa da 1,05 miliardi di dollari, riconoscendo la presenza di caratteristiche registrate dalla prima all'interno dei dispositivi della seconda. In particolare, all'interno dell'enorme documento contenente circa 700 domande poste alla giuria, divise in 33 gruppi, sono risultati chiaramente infranti i brevetti 381, 915 e 163 corrispondenti alle soluzioni software relative al "bounce back", "pinch to zoom" e "double tap to zoom" presenti in molti dispositivi Samsung esattamente nella medesima forma delle controparti Apple. Verosimilmente, questo rappresenta solo il primo passo di una serie di ulteriori eventi che arriveranno in seguito. La compagnia coreana sicuramente starà preparando qualche contromossa legale strategica (al di là della divertente ma smentita idea di pagare la multa in monete da cinque centesimi), ed Apple ha già pronta per settembre un'ingiunzione preliminare in cui chiede la messa al bando dal mercato americano di tutti i prodotti concorrenti che contengono le soluzioni tecnologiche riconosciute come copiate.

Un punto di svolta

Non siamo nuovi a situazioni del genere: l'intricata giungla del sistema di brevetti americano ci ha abituato a battaglie legali continue ed estenuanti, tanto da far pensare alla necessità di un cambiamento strutturale dell'intero sistema. Sul piano videoludico, ricordiamo ad esempio la lunga questione legata ai diritti sul brevetto della vibrazione nei controller, che vide la compagnia Immersion - depositaria di un brevetto antecedente all'uscita dei controller a vibrazione di Sony e Microsoft - scontrarsi con i produttori di console e vincere, peraltro. La causa Apple-Samsung, tuttavia, si porta dietro delle conseguenze diverse, e probabilmente di maggiore impatto, sia per quanto riguarda l'assetto del mercato mobile sia, in ambito di più ampio respiro, in qualità di precedente importante in una particolare visione americana della lotta all'ultimo brevetto. Dal primo punto di vista, è ovvio che la vittoria legale di Apple sia destinata a riscontri immediati nel mercato, come ha dimostrato peraltro il balzo in avanti effettuato dai titoli della compagnia in borsa, contro al calo vertiginoso di quelli Samsung.

Apple vince un miliardo, ma è solo Samsung a perdere?

Se si dovesse decidere per il blocco della vendita dei prodotti incriminati, si tratterebbe di un danno enorme per la compagnia coreana, ma i cui riflessi si farebbero sentire anche in tutti gli altri produttori. Aver battuto Samsung sul piano legale significa infatti assumere una posizione di potere quasi assoluto: se si considerano le ingenti possibilità finanziarie e tecnologiche del gigante coreano, è chiaro che a fronte di un precedente del genere qualsiasi altra compagnia produttrice di dimensioni più piccole comincerà a temere l'ira funesta di Cupertino, imponendo dunque una serie di cambiamenti a macchia d'olio nella concezione dei dispositivi per non incappare in eventuali scontri legali dai quali sarebbe impossibile uscire vincitori. Viene quasi da pensare che Samsung sia stata scelta come avversario esemplare (il più minaccioso e importante, certamente, ma anche talmente vicino a Cupertino negli ambiti al di fuori del mobile da rappresentare quasi un partner, in particolare nella produzione di componenti per i computer) per lanciare una minaccia a tutto il mondo Android, che si profila in effetti come il vero competitor di Apple. D'altra parte, Mountain View aveva già iniziato a subodorare qualcosa e, come rivelano alcuni degli stessi documenti utilizzati nel corso del processo, aveva richiesto in prima persona a Samsung di modificare alcune caratteristiche di tablet e smartphone in modo da distinguersi in maniera più decisa dalle controparti Apple, segno che la questione era evidente in quel di Google e la necessità di evitare uno scontro legale con la casa di Cupertino era vista come impellente.

Cosa potrebbe succedere?

Stando così le cose, una prospettiva realistica vedrebbe i vari competitor mettersi d'accordo per trovare delle soluzioni alternative, in modo da evitare i conflitti su vasta scala che potrebbero beneficiare soltanto Apple e gli avvocati, a questo punto. Non significa necessariamente presentarsi a Cupertino col cappello in mano a concordare una tregua, ma trovare altri modi per proporre sul mercato soluzioni molto simili in maniere meno palesemente riferibili ai prodotti Apple, una strategia che sicuramente incontrerebbe il favore di Google, che dal prosieguo di una guerra legale su vasta scala ha probabilmente solo da perdere.

Apple vince un miliardo, ma è solo Samsung a perdere?

D'altra parte, giustificare a oltranza il diritto ad utilizzare soluzioni evidentemente derivate da Apple sarebbe come pensare che l'unica strada percorribile sia quella dettata da Cupertino e, sebbene il pubblico al momento sembri premiare i prodotti derivativi più delle soluzioni originali, non è un'idea destinata a portare grandi frutti in un ottica evolutiva. Esempi alternativi d'altra parte ce ne sono, e su questo fronte Windows Phone ha dimostrato interessanti prospettive. Uno scenario che darebbe ragione ai sostenitori della bontà dell'attuale sistema di brevetti americano, secondo i quali la necessità di proteggere le idee registrate e di proprietà stabilita costringe ad adeguarsi o adottare strategie e soluzioni alternative, alimentando in questo modo da una parte il mercato e dall'altra la ricerca scientifica e tecnologica. Oppure, Samsung potrebbe semplicemente continuare la battaglia, come pare abbia intenzione di fare al momento, ricorrendo in appello e cercando di ribaltare la sentenza iniziale. Il Giudice Lucy Koh è già stata interpellata in proposito e il secondo round del processo avrà luogo nel prossimo periodo, dunque è ancora decisamente presto per fare previsioni precise sull'andamento del mercato in futuro. È notizia di ieri, peraltro, la sentenza del tribunale di Tokyo che ha assolto Samsung dall'accusa di violazione dei brevetti, un altro fronte della battaglia globale scatenata dai due colossi che ha visto, evidentemente, una soluzione opposta a quella di San Jose, a dimostrazione delle differenze di valutazione che possono intercorrere tra una corte e l'altra del globo.

Un precedente importante

Da un altro punto di vista, quello di più ampio respiro a cui avevamo accennato sopra, la questione problematica sollevata da questa sentenza si colloca al livello concettuale del brevetto, e solleva varie questioni sull'effettiva validità del sistema di patent in vigore negli USA. Qui non si tratta di stabilire se Samsung abbia o meno copiato: che si sia quantomeno ispirata ad Apple, per non dire di peggio, risulta evidente guardando le celebri immagini di confronto tra il design dei dispositivi della compagnia coreana usciti ante e post-iPhone e da questo punto di vista è sacrosanto che gli sforzi fatti dai progettisti di Cupertino vengano tutelati a dovere, ma l'interpretazione di questa necessità di protezione in termini legali diventa problematica.

Apple vince un miliardo, ma è solo Samsung a perdere?

Il "bounce back", il "pinch to zoom" e il "tap to zoom" non sono "invenzioni" nel significato tradizionale del termine, quello che all'epoca di Edison avrebbe giustificato pienamente i diritti di paternità dell'inventore su un particolare oggetto innovativo (pur già con le storture burocratiche del sistema, vedasi il caso di Meucci e dell'invenzione del telefono). Nel caso preso in esame si tratta piuttosto di interpretazioni particolari sull'utilizzo di un oggetto o soluzioni adottate di fronte ad un problema comune, e davanti a concetti del genere è difficile continuare a parlare di brevetti e conseguenti diritti esclusivi di utilizzo. Come sostiene Baekdal, non si dovrebbe brevettare un'idea comune, o quantomeno si dovrebbe considerare inquietante il fatto di impedire a più persone di poter pervenire a una soluzione condivisa. Non trattandosi di un'invenzione, ma di una soluzione applicata ad un problema comune, e per di più di una soluzione naturale e intuitiva, come per esempio il "tap to zoom" (l'azione di toccare un elemento per vederlo meglio è probabilmente un comportamento naturale dell'essere umano di fronte ad un touch screen), l'idea che questa possa essere esclusiva e non utilizzabile da altri sembra più una semplice limitazione a vantaggio di un singolo e ai danni del resto del mondo piuttosto che un giusto sistema di protezione e tutela di un'invenzione. Il tutto si ricollega allora al problema iniziale, ovvero l'organizzazione dell'USPTO e le interpretazioni aberranti che possono derivare da questo, che hanno trasformato col tempo i brevetti, da sistemi di protezione sui prodotti, in prodotti essi stessi, dando vita ad un mercato di idee e copyright fumoso come quello di certi derivati finanziari. La sentenza di San José rischia proprio di avallare tale modo di sfruttare i brevetti. Voi cosa ne pensate? Siete d'accordo con le nostre preoccupazioni riguardanti il sistema dei brevetti, oppure pensate che il sistema attuale sia maturo e perfettamente funzionante? Dite la vostra nei commenti!