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Il ritorno dell'uomo in nero

Abbiamo provato a Milano le prime due ore di Hitman Absolution, e intervistato Roberto Marchesi, lead designer presso IO Interactive

PROVATO di Andrea Porta   —   05/10/2012

Si dice che un personaggio abbia raggiunto il massimo della sua fama quando è possibile riconoscerlo dalla silhouette. Forse, per l'assassino in questione, la prova non è tra le più valide, non foss'altro che il suo aspetto è studiato proprio per confondersi nella folla. Eppure tuxedo nero, camicia bianca, cravatta rossa e grossi problemi tricologici delineano ormai da anni un personaggio indubbiamente carismatico. Il monaco/assassino contraddistinto dal numero 47, come i fan sanno bene, sta per tornare in un nuovo episodio della saga, che promette di riportare il genere alla celebrazione delle meccaniche stealth che hanno fatto la fortuna dei primi capitoli. L'abbiamo provato a Milano durante un evento organizzato dal publisher italiano Halifax, con la fortuna di disporre sul posto della gentilezza di Roberto Marchesi, il "nostrano" lead designer del gioco, al quale abbiamo posto diverse domande.

Weapon of choice

Hitman: Absolution non rinuncia alla classica struttura a missioni che caratterizza ormai da tempo il brand. Ancora il numero complessivo di incarichi da completare non è possibile conoscerlo, ma nelle due ore di prova siamo riusciti a portarne a termine cinque (sebbene non nel migliore dei modi, e a modalità Normale), lasciando presagire una durata dei singoli contratti di assassinio non troppo elevata.

Il ritorno dell'uomo in nero

Abbiamo cominciato proprio dal principio, con la scelta del livello di difficoltà, operazione piuttosto banale e diffusa in qualunque videogioco, ma che in Hitman: Absolution assume un'importanza non trascurabile. Vi troverete infatti di fronte a ben cinque impostazioni, le prime due per utenti "normali", le restanti tre per giocatori "pro". Se quindi a Facile e Normale vi troverete di fronte ad una sfida tutto sommato tradizionale, i restanti livelli di difficoltà vi metteranno di fronte a prove ben più complesse, aumentando non solo il danno inferto dai nemici, ma anche la loro capacità di individuarvi mentre vi nascondete, e, soprattutto, il numero di guardie presenti su ogni mappa. L'ultimo livello di difficoltà arriverà al punto di privarvi completamente dell'interfaccia, costringendovi a procedere senza indicatori di obbiettivo o conteggio delle munizioni residue.

Il ritorno dell'uomo in nero

Tralasciando del tutto preziose informazioni sulla trama, le missioni da noi provate hanno rivelato una buona varietà quanto ad ambientazioni. Ci siamo aggirati per una villa da milionari, un quartiere di Hong Kong, una tipica biblioteca americana, un decadente hotel. La meccanica di base è semplice. Si conosce, a grandi linee, la posizione dell'obiettivo da eliminare, solitamente circondato da guardie. Come deciderete di arrivare dal punto di partenza A, all'obbiettivo B, quante persone ucciderete nel percorso, quante volte vi travestirete o quanto sfrutterete l'ambiente circostante, starà a voi deciderlo. Una struttura che gli anglosassoni amano definire sandbox, dato che il giocatore si trova tra le mani un grosso quantitativo di "materia grezza" da usare a sua discrezione.

Tools for the killing

Pianificazione e improvvisazione di rado vanno d'accordo, eppure nell'affrontare le prime cinque missioni di Hitman: Absolution proprio questo è stato il mix risultante. Sebbene infatti l'istinto dell'Agente 47 si concretizzi a livello di gameplay in una sovraimpressione in grado di evidenziare le presenze nemiche nelle vicinanze (anche oltre le pareti) e la direzione dei loro movimenti futuri, oltre a tutti gli elementi interattivi dello scenario, lo studio dell'ambiente circostante non sempre basta a elaborare piani infallibili.

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Anche alla difficoltà Normale i travestimenti non reggono per molto, costringendovi a tenervi lontani dalle guardie se non volete che vi scoprano e diano l'allarme. In altre parole, occorrerà buona memoria per ricordare dove sono posizionati i punti d'interesse della mappa, dato che una volta attraversate le linee nemiche, il tempo a disposizione non sarà moltissimo. Fortunatamente, la pianificazione non è tutto, e l'improvvisazione è stata ampiamente supportata dai level designer. Ogni ambientazione è letteralmente costellata di oggetti che potrete usare a vostro favore (sia come armi improvvisate, sia lanciandoli per attirare altrove l'attenzione nemica) e elementi interattivi ottimi per creare distrazioni (si va dalle radio da accendere al sabotaggio di strumenti elettronici). Ma come se la cava l'intelligenza artificiale di fronte a questa abbondanza di sotterfugi e tecniche offensive? Già a livello Normale, la sfida è di tutto rispetto. Come già accennato, i travestimenti forniranno una "protezione" del tutto relativa (senza contare che anche guadagnarseli non sarà sempre facile, dato che dovrete eliminare il personaggio in questione senza farvi scoprire, e trascinarlo in un posto sicuro dove cambiarvi), impedendovi di rimanere a distanza ravvicinata. D'altra parte, si nota una struttura vagamente a "compartimenti stagni", laddove le guardie assegnate ad una certa stanza tendono a rimanervi, dandovi la possibilità in caso di individuazione di tornare indietro ad inizio livello e far perdere le vostre tracce.

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Questa limitazione diventa meno evidente ai livelli di difficoltà più elevati, dove le guardie sono presenti innanzitutto in maggior numero, e dove soprattutto l'individuazione corrisponde quasi sempre ad una morte immediata. Peraltro, non tutti i livelli presentano la stessa abbondanza di alternative e possibili soluzioni. Quello della biblioteca, ad esempio, richiede semplicemente una veloce fuga e si completa abbastanza in fretta. Per valutare a fondo come questo potrà avere impatto sulla campagna nel suo complesso, dovremo naturalmente aspettare di mettere le mani sulla versione definitiva del gioco. Non ci siamo fatti mancare l'occasione di affrontare un livello in maniera decisamente meno cauta, ossia armi in pugno sin dal principio. Inutile dire come, giocato così, Hitman: Absolution perda quasi tutto il suo fascino e la sua credibilità. Per quanto lo shooting non sia di per sé malvagio (e le armi abbondanti), l'intelligenza artificiale nemica non supporta molto bene la pura azione, dando vita a sparatorie poco credibili e divertenti. Certo è che il lavoro di IO Interactive presenta un'anima ben diversa da quella dello sparatutto medio in terza persona, e si rivolge esclusivamente a un pubblico che desideri giocarlo sfruttando gli strumenti stealth a disposizione del giocatore.

Jacket required

Se dal punto di vista del puro gameplay i livelli provati ci abbiano convinto, sul versante grafico la versione Playstation 3 da noi provata mostrava ancora diversi difetti. Sebbene le ambientazioni si presentino ricchissime di dettagli molto ben disegnati, la definizione delle texture impiegate dal motore proprietario Glacier 2 non ci ha completamente soddisfatto, con diversi dettagli non proprio a fuoco. Questo va a vantaggio del tearing (quasi del tutto assente) e del frame rate (mediamente stabile sui trenta frame al secondo), ma la scarsa pulizia dell'immagine tende a stridere con l'ambiente molto dettagliato e realistico.

Il ritorno dell'uomo in nero

Qualche problema anche con gli shader, che nella versione da noi provata tendevano a conferire riflessi a superfici in teoria opache (nello specifico, una semplice maglietta bianca). Come sempre, occorre ricordare che la versione di prova non era definitiva, e il polishing dell'ultimo minuto potrebbe risolvere alcuni problemi, sebbene difficilmente la risoluzione e la qualità delle texture potrà rientrare tra questi. Ottima invece la presentazione, sia dal punto di vista grafico e contenutistico, con brevi sequenze lineari ad aumentare il tasso di spettacolarità della produzione, sia da quello musicale, con una colonna sonora "dinamica" in grado di adattarsi alle azioni del giocatore. Nel complesso, la prova diretta di Hitman Absolution ci ha lasciato buone sensazioni. Il gameplay, a patto di giocare con in mente lo stealth, è solido e ricchissimo di possibilità, e il ritorno alle radici del brand c'è tutto. A fare la differenza tra un "buon" Hitman e uno "ottimo" potrà essere la varietà (e la quantità) complessiva dei livelli, e un buon bilanciamento delle cinque impostazioni per la difficoltà, oltre naturalmente alla soluzione di qualche magagna grafica. Per verificare tutto questo occorrerà attendere la prova finale, a presto su queste pagine. Ricordandovi che l'uscita del gioco è fissata per il venti novembre, vi lasciamo alla nostra chiaccherata con Roberto Marchesi, lead designer presso IO Interactive.

Intervista a Roberto Marchesi

Non capita spesso di condurre interviste in italiano. Puoi raccontarci qual è stato il tuo percorso, come sei arrivato a lavorare a IO Interactive?
Per quanto i videogiochi siano considerati un campo professionale molto tecnico, il mio background è classico, sin dai primi studi, fino alla laurea in architettura. Soprattutto nei reparti artistici delle software house ci sono conoscenze, come ad esempio la pittura ad olio, lo studio del corpo umano, della prospettiva o del comportamento della luce nello spazio, che possono tornare estremamente utili nel lavoro quotidiano. A tutto questo, naturalmente, va affiancata anche una conoscenza tecnica, ma, personalmente, trovo che si possa acquisire anche in un secondo momento, e da autodidatti. Tornando al mio background, a 17 anni mi sono trasferito in Danimarca, ho studiato architettura, ho proseguito gli studi come illustratore e nel 2005 ho cominciato in IO Interactive, come concept artist.

Il ritorno dell'uomo in nero

Come è composto il team artistico di Hitman: Absolution?
Ci sono quattro concept artist, mentre i team di animazione, artisti grafici e level designer sono decisamente più numerosi. In tutto, le persone che lavorano al gioco sono circa un centinaio.

Hitman è un brand con profonde radici nel realismo dal punto di vista visivo. Non sembra esserci molto spazio per la pura fantasia. Come approcci questo fattore nel tuo quotidiano?
Credo che la realtà che noi presentiamo sia molto stilizzata, e al tempo stesso iperrealistica. Ci sono un'infinità di dettagli in ogni angolo, ogni oggetto, anche il più insignificante, ha una storia e delle caratteristiche particolari. Cerchiamo sempre di conferire ad ogni elemento un look unico, in modo che, anche estrapolato dal contesto, possa essere ricondotto al brand d'appartenenza. A questo si affianca la leggera componente di humour, che utilizziamo per alleggerire il peso sia della tematica, sia della iperrealtà.

Sappiamo che sei stato coinvolto nel progetto sin dalla pre-produzione. In media non si sa molto di come funzioni questa importante fase dello sviluppo. Puoi raccontarci come è andata quella di Hitman: Absolution?
In preproduzione bisogna innanzitutto capire che gioco si vuole fare, che tipo di esperienza si vuole mettere nelle mani del giocatore. Dal punto di vista pratico invece, quando si cominciano a delineare quelli che poi diventeranno i "livelli" di gioco, si parte da una semplice e singola idea, uno schizzo su un foglio, una frase. Questo elemento deve diventare quello che noi chiamiamo un "high concept", il primo concept del livello. Così si delinea lo stile, la tavolozza di colori, il tipo di luce, attraverso una serie di concept art. Tutto questo viene passato ai level designer, che utilizzano le concept art come forma di pura ispirazione. Disegnano i livelli "in grigio", senza colori né dettagli, usando forme geometriche semplici, a mo di Lego. Quando il gameplay è stato delineato, tutto torna nelle mani dei concept artist, che elaborano nuovi bozzetti che meglio si adattino alle strutture dei livelli. Poi si passa ai grafici, che cominciano a "decorare" il livello ormai ben abbozzato. Questo ciclo si ripete naturalmente molte volte prima di arrivare alla forma finita, perlomeno fino quando un producer entra nella stanza e ci dice che il tempo a nostra disposizione è finito...

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Definiresti Hitman: Absolution come un progetto dove hai avuto molta libertà di espressione, o ti sei dovuto adeguare a rigide linee guida?
Diciamo entrambe le cose. Ci sono elementi che non aveva senso cambiare, come ad esempio l'immagine dell'Agente 47, già sufficientemente iconica e radicata nell'immaginario dei giocatori. D'altro canto, lui vive e opera in un immaginario allo stesso tempo realistico ed estremo, che va dal lusso sfrenato alla decadenza dei bassifondi, e incontra personaggi appartenenti a entrambi gli opposti. Proprio qui, come creativi, possiamo inserirci e fare molte cose con grande libertà.

Hitman: Absolution presenta un tipo di gameplay molto particolare, che mischia livelli sandbox a occasionali sequenze lineari ad alto tasso di spettacolarità. Il tuo lavoro è stato in qualche modo influenzato da questa particolare struttura?
Devo dire di no, dato che il mio lavoro si basa sostanzialmente sul creare oggetti ed elementi di contorno che abbinino crediblità e funzionalità in un universo coerente. Questo trascende in un certo senso lo stile di gameplay della produzione.

Questo non è il primo progetto per il quale lavori presso IO Interactive, dato che prima hai avuto un'esperienza di concept artist per Kane&Lynch. Puoi dirci se ci sono state molte differenze nell'approccio?
Sono due progetti molto diversi, e bisogna contare anche che al tempo di Kane&Lynch stavo ancora imparando, ero in piena fase di apprendimento. Sebbene dunque il focus fosse sempre quello, sia come concept artist sia come art director, con Hitman: Absolution ho approcciato il lavoro con molta più consapevolezza e sicurezza.

Dato che sei un giocatore accanito, possiamo chiederti se c'è un titolo al quale avresti voluto lavorare come artista, o un brand sul quale ti piacerebbe lavorare in futuro?
Come ogni videogiocatore, ci sono moltissime produzioni che amo, ma, se proprio dovessi scegliere un brand sul quale lavorare sarebbe per me un sogno, si tratterebbe probabilmente di Monkey Island, per la sua incredibile capacità di abbinare un design geniale ad un comparto grafico sostanzialmente molto semplice.

CERTEZZE

  • Ritorno alle radici del brand
  • Livelli molto ricchi di possibilità
  • Molte impostazioni per la difficoltà

DUBBI

  • Design ottimo, ma graficamente non al top
  • Intelligenza artificiale carente nelle sparatorie
  • Alcuni livelli più lineari di altri