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La guerra di Xbox One al mercato dell'usato

La presentazione di Xbox One si trascina dietro uno strascico di polemiche e inquietanti interrogativi sul futuro del mercato di seconda mano

SPECIALE di Giorgio Melani   —   26/05/2013

Qualcosa di storico, alla fine, c'è nella recente presentazione di Xbox One. Sebbene si sia trattato, come da giudizio quasi unanime, di una conferenza piuttosto deludente dal punto di vista puramente ludico, decisamente lontana dai contenuti che i videogiocatori avrebbero sperato per l'occasione, l'evento verrà ricordato per il seguito di interrogativi e polemiche in gran parte legati ad aspetti che non hanno direttamente a che fare con gameplay o grafica, gli elementi fondanti dell'esperienza videolduca.

La guerra di Xbox One al mercato dell'usato

Dopo la rivelazione del nuovo scatolone delle meraviglie di Microsoft, sui forum di tutto il mondo sono comparse discussioni strane, per certi versi anche inquietanti, forse segno di una crisi evidente dell'industria, sia in termini economici che di idee. Forse per la prima volta non si parla di teraflop e quantità di poligoni, di esclusive dal peso schiacciante e killer application ma di DRM, necessità di connessioni online e, soprattutto, di limitazioni misteriose al mercato dell'usato. È un clima strano e sotto molti aspetti inedito, figlio di una conferenza che, in effetti, ha ampiamente messo da parte i videogiochi per parlare di tutt'altro, demandando l'intero carico videoludico alla conferenza programmata per l'E3 2013, distante solo una ventina di giorni dalla presentazione di Xbox One.

La guerra di Xbox One al mercato dell'usato

Ma derivante anche da una diffusa incertezza nella strategia comunicativa adottata da Microsoft, una compagnia che pur con i suoi possenti mezzi si ritrova a volte, come in questo caso, di fronte a notevoli scivoloni istituzionali: dai vecchi blue screen of death al caos derivato da una scarsa organizzazione e compattezza nella gestione dell'informazione legata alla nuova console. Abbiamo dunque assistito a dichiarazioni contrastanti, fughe d'informazioni, rettifiche, mezze parole e ulteriori correzioni che hanno prima preparato la strada al clima sospettoso nel quale abbiamo vissuto l'attesa della presentazione, dalle famigerate indiscrezioni sull'"always online", all'affaire Adam Orth e il suo maldestro e sciagurato tentativo di minimizzare la questione, alle semi-conferme di alcune caratteristiche invise a buona parte dei videogiocatori, dalla necessità di connessione a internet alla questione sui giochi usati, deflagrata come una bomba nel post-conferenza.

Cosa (non) sappiamo

Cerchiamo dunque di fare un po' di ordine in questa faccenda. Il famigerato blocco anti-usato si è rivelato essere un sistema di identificazione del software online, che lega la licenza di un gioco ad un singolo profilo Xbox Live. Questo non significa che il gioco è leggibile da una sola console, ma vuol dire che può funzionare solo in concomitanza dell'account per il quale è stato attivato: come si è affannato a spiegare Phil Harrison, in questo modo è sì possibile "prestare" un gioco a qualcuno, o utilizzarlo su un'altra console, ma solo se si effettua il login con il profilo utente del possessore ufficiale del prodotto.

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Ovvero, se volete prestare il gioco, dovrete prestare anche l'account, che ovviamente non può risultare contemporaneamente online su due diverse console. Insomma, è chiaro che si tratta di un sistema di sicurezza che limita fortemente l'utilizzo di un prodotto da parte di altri utenti che non siano l'acquirente stesso. Tuttavia, come spiegato anche dalle FAQ ufficiali di Microsoft e come Larry "Major Nelson" Hryb in persona si è prodigato più volte a ribadire, "Xbox One è stata pensata per supportare la permuta e la rivendita di giochi", rendendo possibile la vendita e l'acquisto di titoli usati, dunque. Ottimo, ma come funziona il passaggio di proprietà in presenza di questo codice di sicurezza? A scatenare il caos iniziale è bastata una semplice domanda posta da qualche sito a Phil Harrison, alla quale l'executive Microsoft ha ammesso candidamente che per effettuare l'acquisto di un gioco usato sarebbe stato necessario pagare una cifra paragonabile "all'acquisto di un gioco nuovo".

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Dall'inquietudine si è passati all'indignazione, mentre i dettagli hanno preso a confondersi nel waltzer di dichiarazioni, correzioni e smentite che ha caratterizzato questi giorni. Inizialmente si è parlato di una "tassa d'attivazione" da pagare con l'acquisto di un gioco usato, in grado di garantire una nuova licenza d'utilizzo e legare dunque il prodotto ad un nuovo possessore. Xbox One infatti, sembra gestire i diritti di utilizzo dei giochi, legati alla connessione tra questi e l'account del proprietario, attraverso verifiche periodiche via internet, cosa da cui deriverebbe anche la necessità del collegamento online "almeno ogni 24 ore" o più, come riportato in un'altra, discussa e parzialmente smentita dichirazione da parte di Harrison. I giochi vengono installati sulla console, collegati al profilo utente e da lì controllati via Xbox Live. Come si svolge dunque alla luce di questo sistema di sicurezza, la vendita di un gioco usato?

Scenari potenziali

"Scenario potenziale" pare essere diventata la parola d'ordine in quel di Redmond per tappare le falle di una comunicazione alquanto caotica. Sulla vendita dell'usato, la cui possibilità è stata comunque confermata dal produttore, sono emersi in questi giorni anche dettagli più precisi da parte di non meglio identificate fonti nell'ambito retail, che parlavano di necessità, per i negozi, di dotarsi di un sistema informatico di controllo, gestito da Microsoft, in grado di gestire il passaggio di proprietà. L'utente porta il gioco al negozio autorizzato per la rivendita che, attraverso il framework apposito, slega il gioco dall'account del proprietario iniziale e rende possibile una nuova attivazione per un altro acquirente.

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Da altri presunti insider è giunta anche una previsione precisa sulla famigerata "tassa di attivazione" da pagare per l'acquirente, che sarebbe pari a 35 sterline, ovvero circa 40 euro. Una cifra decisamente alta, se si considera poi anche il prezzo d'acquisto del gioco stesso in negozio. Dopo questa ulteriore serie di voci di corridoio, è arrivata un'altra rettifica ufficiale da parte di Microsoft, con Hryb a ribadire che quanto riportato sulle politiche di gestione della rivendita di giochi usati è "non accurato e incompleto" e che "maggiori informazioni verranno diffuse in seguito". Siamo giunti allora ad un'ulteriore rivelazione (parziale) dello "scenario potenziale" della vendita di usati. In base alle ultime voci di corridoio, la tassa d'attivazione non sarebbe prevista per i giochi usati, almeno dal punto di vista dell'acquirente, ma il carico potrebbe passare al rivenditore. Questa visione può sembrare più rassicurante, ma nasconde comunque una serie di conseguenze che devono ancora essere svelate in maniera precisa da Microsoft.

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La gestione del passaggio di proprietà, con relativa modifica dei diritti di accesso ad un gioco, deve avvenire attraverso un sistema centralizzato, cosa che fa pensare alla necessità, da parte dei rivenditori, di dotarsi del supposto framework autorizzato dalla casa di Redmond, in grado di slegare un gioco usato dal proprietario iniziale e consentire dunque ad un nuovo proprietario di installarlo su un'altra console. In tutto questo processo rientrerebbe, secondo altre voci, l'utilizzo del cloud Azure di Microsoft, che si confermerebbe una fondamentale eminenza grigia digitale nel mondo di Xbox One, in grado di controllare DRM e gestire il complesso universo online della nuova console, nonché di consentire al produttore di avere un controllo anche sui semplici movimenti periferici dei giochi usati. In questo modo, Microsoft avrebbe la possibilità di consentire direttamente i passaggi di seconda mano e applicare anche una sorta di imposta, una percentuale (il 10% del prezzo di acquisto, secondo i rumor) che verrebbe detratta in automatico su ogni acquisto di usato e distribuita sia a Microsoft che ai rispettivi publisher dei giochi.

Un equilibrio precario

Quest'ultima soluzione proposta, con il controllo diretto da parte di Microsoft sulla rivendita dell'usato e la possibilità di "incamerare" una quota del denaro da parte dei publisher, sarebbe una soluzione sicuramente apprezzata dalle etichette videoludiche, mentre i vantaggi per i rivenditori e i consumatori sarebbero ancora da valutare, in attesa di dettagli più precisi sull'invasività del sistema online di Xbox One e i prezzi a cui tale complesso sistema di passaggio di proprietà potrebbe portare. Publisher, rivenditori e consumatori fanno parte di un ecosistema complesso, le cui divergenze di posizione emergono con particolare evidenza in una situazione di crisi generalizzata come quella attuale.

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La lotta all'usato parte ovviamente dai publisher, che da anni sostengono come il mercato di seconda mano stia sottraendo introiti a chi sviluppa e pubblica i videogiochi, cannibalizzando fette di utenza importanti. L'acquisto di un gioco usato, in effetti, non porta alcun soldo ai produttori e nella flessione generale delle vendite questo fatto è visto come un danno notevole agli introiti, un problema da risolvere alla stregua della pirateria, se non peggio. Dall'altra parte i consumatori rivendicano la possibilità di poter permutare un bene che hanno pagato e su cui hanno tutti i diritti, cosa sacrosanta, anche se c'è da dire che difficilmente la vendita dell'usato ha trovato una diffusione e un'istituzionalizzazione solida come quella che caratterizza il mercato videoludico di seconda mano. Infine i rivenditori, che subiscono forse più duramente di tutti le conseguenze del calo delle vendite e della crisi del mercato, sono riusciti a costruire sugli usati un'importante fetta del proprio business (come dimostrano gli introiti degli ultimi quadrimestri di alcune grosse catene) e si vedono particolarmente minacciati dalle eventuali decisioni prese per contrastare l'usato e dall'inesorabile avanzata del digital delivery. Difficile trovare soluzioni che accontentino tutti, in un assetto di mercato che sembra sempre più anacronistico con l'avanzare degli anni. Da parte dei publisher, una soluzione parziale per il recupero del denaro perso nel mercato di seconda mano era data dall'introduzione dell'Online Pass, e la sua eliminazione dichiarata tempo fa da Electronic Arts, principale promotore di questo sistema, poteva in effetti far presagire il prossimo arrivo di un qualche sistema di limitazione e controllo centralizzato sull'usato da parte dei produttori di console.

Qualche prospettiva, in attesa dell'E3 2013

Alla luce delle diverse posizioni che hanno gli attori coinvolti nel mercato videoludico, la soluzione proposta da Microsoft - fermo restando il fatto di avere a che fare ancora con "scenari potenziali" senza uno stralcio di dettagli ufficiali - potrebbe essere un sistema molto valido per accontentare i publisher e mantenere un certo equilibrio anche nei rivenditori e nei consumatori, che potrebbero continuare ad appoggiarsi agli usati. I primi si garantirebbero così il mantenimento del proprio importante bacino di introiti e i secondi l'accesso a permute e a giochi con prezzo ridotto.

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Resta comunque tutta da valutare l'incidenza della detrazione forzata sul prezzo a favore di publisher e produttori e l'effettiva possibilità da parte dei rivenditori di potersi dotare dell'infrastruttura necessaria. L'esigenza di legare un gioco ad un profilo utente, il controllo diretto online via DRM o simili sono soluzioni che l'utenza PC conosce ormai da anni e con cui convive, più o meno, in maniera piuttosto pacifica, in particolare per quanto riguarda il mercato digitale. L'estensione di un sistema di sicurezza del genere ai giochi retail per console rappresenta una soluzione in grado di garantire, ancora per qualche anno almeno, l'attuale equilibrio di mercato e l'importanza dei rivenditori, sempre più minacciati dall'avanzata del mercato digitale. La soluzione adottata da Xbox One sembra, in effetti, voler avvicinare il mercato retail a quello digitale, riunendolo in un unico sistema integrato con il cloud. Il problema persistente, dal lato console, è l'arretratezza ideologica con la quale Microsoft e Sony (salvo alcune recenti evoluzioni) trattano il digital delivery sul fronte dei prezzi, assolutamente lontana dal dinamismo e dall'accessibilità di mercati digitali su PC come Steam. Tutto questo porta ad un paio di spunti di riflessione, in attesa delle prossime, e possibilmente esaustive, conferenze dell'E3 2013. La prima riguarda i prezzi dei giochi per le piattaforme next gen, nella fattispecie Xbox One: con l'adozione di un sistema di controllo sugli usati, evidentemente protettivo nei confronti dei publisher, che dovrebbero così poter recuperare parte degli introiti "persi" con il mercato di seconda mano, verrebbe da pensare che, anche a fronte di spese ingenti per la produzione di videogiochi, si possa sperare in un certo contenimento dei costi per i consumatori, addirittura a prezzi più bassi di quelli attuali per i giochi nuovi. La seconda idea riguarda la concorrenza: Microsoft non è un'azienda sprovveduta ed è impensabile che non abbia valutato il possibile riscontro negativo sul mercato, di una console più limitata della concorrenza su un aspetto così importante, per i consumatori, come la possibilità di acquisto e rivendita del software usato. Dunque o tutta questa faccenda è destinata a risolversi con una soluzione veramente indolore, in grado di mantenere praticamente invariata la situazione attuale sul fronte del software di seconda mano, oppure Microsoft potrebbe essere certa che l'equilibrio della console war, da questo punto di vista, sia garantito dal fatto che anche Sony adotterà un sistema di gestione degli usati equivalente ma di cui ancora non è emerso nulla. Anche perché alcune iniziative in tal senso sono state prese dalla compagnia nipponica (come la registrazione di un brevetto su tecnologia NFC in grado di riconoscere il software usato) e tutto quello che sappiamo da parte di Shuhei Yoshida e gli altri è che "i giochi usati funzionano su PlayStation 4", ovvero praticamente le stesse parole usate da Microsoft per Xbox One. Un po' poco per stare tranquilli, anche sul fronte PS4.