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L'idea contro la sostanza

I limiti delle attuali console non sono così lontani?

SPECIALE di Dario Rossi   —   05/12/2015

Ogni generazione sembra seguire un iter abbastanza preciso, soprattutto quando si parla di motori grafici sfruttati per molte produzioni della stessa casa. In poche parole, il debutto di un engine nel ciclo di una console è quello che punta all'impatto nudo e crudo, mentre le successive iterazioni dello stesso si focalizzano maggiormente su altri fattori, come gli effetti o una migliore ottimizzazione. Questo è generalmente considerato normale per le produzioni a cadenza annuale, nelle quali rientrano per esempio le simulazioni sportive ma anche franchise popolari come quelli di Call of Duty o Assassin's Creed. Arrivati a due anni del ciclo di vita delle nuove console, ormai considerate della generazione corrente, c'è molta esaltazione ma anche diversi dubbi: potremmo essere arrivati troppo in fretta al famigerato collo di bottiglia dell'hardware, costringendo gli sviluppatori a lavorare sui limiti prima che dare libero sfogo alla propria fantasia? PlayStation 4 e Xbox One sono entrambi ottimi hardware, ma c'è una incipiente apprensione per la capacità di calcolo delle rispettive CPU, oltre che delle schede grafiche ormai superate. L'ottimizzazione e lo sfruttamento delle risorse rappresentano la chiave, ma possono bastare?

Siamo arrivati troppo in fretta al collo di bottiglia dell'hardware console?

Assassini ridimensionati

Vogliamo iniziare proprio con la saga degli assassini di Ubisoft, poiché l'ultimo esponente, Assassin's Creed Syndicate, ha suscitato qualche perplessità. Il precedente Assassin's Creed Unity, nonostante le aspre critiche e tutti i problemi tecnici in occasione del lancio, era un titolo graficamente molto ambizioso: il director Alex Amancio e la divisione di Montreal avevano immaginato una Parigi in piena rivoluzione, calda e sensuale con i suoi toni pastello, soffocata da migliaia di personaggi non giocanti che portavano il carico computazionale a livelli di guardia.

L'idea contro la sostanza

Il tutto proiettato in un universo "seamless", dove le transizioni tra interni ed esterni erano inesistenti. Gli stessi interni presentavano dettagli complessi e avevano davvero poco da invidiare ai vicoli e alle strade. Tutto questo, lo abbiamo capito, aveva un prezzo forse troppo salato. L'errore di valutazione per un publisher così esperto e organizzato sembra improbabile, ma neanche impossibile. Che Ubisoft non avesse ancora un'idea precisa dell'hardware console nelle prime fasi della produzione di Unity? Non sappiamo esattamente quando questa è stata effettivamente avviata, ma ragionevolmente precede l'uscita del precedente Assassin's Creed IV: Black Flag, uscito a fine 2013, insieme alle console current-gen. Un altro fattore da prendere in considerazione è quello delle risoluzioni: Unity, ma anche Syndicate, continuano a utilizzare i 900p, dimostrando implicitamente di non poter portare le macchine nello splendore del Full-HD. Il ragionamento logico che si può ricavare è che i motori grafici concepiti per la nuova generazione di console hanno difficoltà a raggiungere 1920x1080 pixel senza dover accettare compromessi. In un nostro precedente speciale avevamo ipotizzato che la scelta sarebbe stata tra il frame rate e gli effetti grafici. Ma anche considerando il lieve vantaggio hardware di PlayStation 4 su Xbox One, forse è il caso di prendere in considerazione l'eventualità che lo scenario sia ancora più severo per entrambe le macchine, e che il passo successivo al sacrificio dei 1080p potrebbe essere quello dei tagli grafici.

L'idea contro la sostanza

Le serie migliorano come il vino?

Torniamo ad Assassin's Creed Syndicate, il motore grafico è sempre l'Anvil Engine 2.0, tutto è molto più fluido rispetto a prima, ma il prodotto è quasi irriconoscibile se confrontato con Unity: le strade si presentano semideserte e si percepisce un po' ovunque l'aria di downgrade grafico.

L'idea contro la sostanza

Intendiamoci, quello di Syndicate può rappresentare tranquillamente un caso a parte, non significativo dell'andamento dello sviluppo su questa generazione di console, ma rappresenta comunque un elemento che non ci sentiamo di escludere dalla nostra analisi. Come già anticipato, altri esempi sono ravvisabili nelle simulazioni sportive a cadenza annuale, sempre più impressionanti al debutto generazionale, piuttosto che le iterazioni successive. La serie di NBA 2K è quella che è riuscita maggiormente a catturare la nostra attenzione: il primo episodio uscito anche per PlayStation 4 e Xbox One (NBA 2K14) è anche quello che ci ha colpito di più a livello di impatto visivo, in modo particolare per il dettaglio mostrato dai giocatori e lo splendore dell'alta risoluzione. Nei successivi non siamo riusciti a percepire quell'evoluzione grafica che sarebbe lecito aspettarsi, anche se con la sottintesa attenuante dell'uscita annuale. Al contrario, in NBA 2K15 abbiamo assistito al peggioramento degli effetti di luce dei riflettori sul parquet, sensibilmente ridimensionati. Il gioco è ancora splendido da vedere, non fraintendeteci, ma quella sensazione latente e fastidiosa della coperta corta comincia a farsi strada nei nostri pensieri, sarebbe davvero troppo presto per precipitare nei meccanismo dell'aggiungere qualcosa per toglierne un'altra.

Uno strigo per domarli

Non in ordine di importanza, dedichiamo una parentesi anche al frame rate, davvero una bella gatta da pelare, con un arco che contempla delle scelte dolorose e vere scuole di pensiero: c'è chi preferisce ridurlo a 30 fotogrammi al secondo, per spingere al massimo sugli effetti grafici e la risoluzione, e chi invece non può scendere a compromessi sulla fluidità, come ha fatto 343 Industries con Halo 5: Guardians, dovendo però appoggiarsi a una risoluzione dinamica per mantenere i sessanta fotogrammi. Solitamente queste condizioni sono sempre confinate all'universo console, laddove su PC, grazie alla scalabilità delle configurazioni, assistiamo a un numero molto minore di compromessi e si riesce ad avere il meglio dei due mondi. Uno degli esempi più recenti è stato quello di The Witcher 3: Wild Hunt.

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Non è stata certo una scelta incomprensibile quella di non farlo uscire su console della vecchia generazione, difficile anche solo immaginare i tagli necessari per ricreare un mondo complesso come l'ultimo esplorato dallo Strigo su PlayStation 3 e Xbox 360. La produzione di CD Projekt RED, seppure maestosa e vincitrice dei recenti The Game Awards 2015, era già ridimensionata graficamente rispetto allo stupefacente materiale promozionale mostrato dallo studio polacco. Nonostante questo, non è stato comunque uno scherzo gestire le versioni Xbox One e PlayStation 4. La prima gira una risoluzione di 900p, la seconda ha sofferto per mesi di problemi di fluidità, risolti solo con le ultime patch. E nessuna delle due gira a sessanta fotogrammi come sulle configurazioni PC di alto profilo. Non sarà facile vedere in tempi brevi una produzione in grado di pareggiare i valori produttivi di The Witcher 3, ma non è molto confortante anche solo pensare che l'hardware console possa essere già ai ferri corti. Anche le versioni rimasterizzate dei vecchi classici della precedente generazione destano qualche inquietudine. Come minimo ci si aspetterebbe edizioni in grado di migliorare il prodotto sotto tutti i punti di vista, alzarne la risoluzione raddoppiando il frame rate, se necessario. Ma non sempre queste ragionevoli condizioni vengono rispettate e assistiamo, specie dagli studi minori, all'avvento di riproposizioni fiacche e poco ispirate, che magari presentano anche severi problemi di fluidità. Analizzando con occhio particolarmente critico, neanche in questo caso è possibile godere di un radicale atto di forza da parte delle nuove console, riducendo la sensazione del salto generazionale. Magari aumenta la risoluzione, ma qualche texture è meno definita di quanto lecito sperare, o manca quell'effetto grafico, come il bump mapping, tanto amato nell'originale. I sessanta fotogrammi al secondo anche in questo caso sono ad appannaggio delle mani più capaci, si continuano ancora a vedere troppi esempi di remaster a trenta frame, privi di un filtro anti-aliasing adeguato, e che quindi mette in evidenza i limiti dell'impianto grafico originale, e così via. Ci si aspetterebbe semplicemente di più da macchine munite di 8 GB di RAM di sistema, anche se in parte occupata dal sistema operativo. Se pensate che sia PlayStation 3 che Xbox 360, con quest'ultima in grado di far girare Rise of the Tomb Raider, ne sfruttano solo 512 MB!

Alla scoperta del 2016

L'idea contro la sostanza

Il prossimo anno potrebbe rappresentare un giro di boa importante per le console della generazione corrente. Electronic Arts afferma che i programmatori hanno ingranato solo adesso e cominceremo a vederne delle belle. Siamo ottimisti di natura e ci vogliamo credere, ma il nostro timore che le produzioni corrano il rischio di adeguarsi ai limiti delle macchine, riducendo le proprie ambizioni, rimane. D'altro canto è anche vero che i limiti possono portare a risultati meravigliosi, se pensiamo che cosa è riuscita a sfornare Monolith Soft con il suo Xenoblade Chronicles X per Wii U. Ci sono comunque molti giochi che vogliamo vedere sui nostri schermi nel 2016, figli di artisti talentuosi, come Horizon: Zero Dawn di Guerrilla Games e ovviamente Uncharted 4 per PlayStation 4, che sembra promettere davvero bene. Xbox One dal canto suo si affida alle mani capaci di Platinum Games per Scalebound, al potere della tecnologia cloud con Crackdown e le idee stuzzicanti di Remedy per Quantum Break. Forse sarà davvero l'anno della verità per capire cosa questo hardware è davvero capace di regalarci, e magari quanto avete appena letto potrebbe sbiadire con il passare del tempo. Speriamo.