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L'altra Nintendo

Sapevate che Nintendo fabbricava giocattoli prima di quel fatidico Donkey Kong che ha cambiato la storia dei videogiochi? Scopriamone alcuni!

SPECIALE di Christian Colli   —   11/02/2016

Solitamente si tende a collocare la nascita dei videogiochi targati Nintendo nel 1981, quando il cabinato di Donkey Kong - originariamente Radarscope, prima che ci mettesse sopra le sue sante manine Shigeru Miyamoto - riscosse lo straordinario successo che portò la compagnia giapponese sulla bocca di tutti.

L'altra Nintendo

È un luogo comune: già nel 1977, Nintendo aveva distribuito una console chiamata Color TV-Game 6, che permetteva di giocare a sei versioni leggermente diverse di un tennis elettronico, e svariati cabinati come Monkey Magic e Block Fever. Il punto cruciale è questo, e cioè che Nintendo esisteva ben prima di Donkey Kong, dei cabinati e dei videogiochi. In effetti, non tutti sanno che Nintendo ha ben centoventisette anni: fu fondata nel 1889 da Fusajiro Yamauchi, un ometto giapponese che aprì una bottega nel centro di Kyoto per vendere un prodotto che il governo giapponese aveva legalizzato appena cinque anni prima, ovvero le carte da gioco. Fu solo il primo di tutta una serie di giochi da tavolo e di giocattoli che si susseguirono fino ai primi anni '70, quando il bisnipote di Fusajiro Yamauchi, Hiroshi, decise di scendere nel campo dei videogiochi. In questo speciale vogliamo ricordarne brevemente alcuni che hanno lasciato particolarmente il segno o che ci sono sembrati molto curiosi per un motivo o per l'altro. Se volete saperne di più, vi consigliamo di leggere il primo volume de La Storia di Nintendo di Florent Gorges oppure l'interessantissimo blog di Erik Voskuil.

Un viaggio nel lontano passato di Nintendo tra carte, giocattoli e... aspirapolvere?!

Le carte da gioco

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Sul finire del 1800 il Giappone aveva uno strano rapporto con le carte da gioco. Le prime furono introdotte nel Sol Levante dai marinai portoghesi sul finire del sedicesimo secolo, riscontrando un successo clamoroso. L'esercito nipponico, però, non vedeva di buon occhio i missionari europei e, allo scopo di arginare la diffusione del cristianesimo, si pensò bene di bandire alcuni oggetti occidentali come gli occhiali da vista, gli orologi e le carte da gioco. I giapponesi, tuttavia, aggirarono il problema fabbricando le carte da gioco per conto loro e introducendo nuove regole e nuovi semi ispirati alle stagioni e ai mesi dell'anno: le chiamarono hanafuda e, quando il governo bandì anche quelle, continuarono a distribuirle di nascosto finché non furono legalizzate nel 1855. Fusajiro Yamauchi imperniò su di esse i primi successi di Nintendo, e quando il mercato cominciò a saturarsi strinse un accordo con la Japan Tobacco and Salt Public Corporation per venderle anche nelle tabaccherie. Suo nipote Hiroshi Yamauchi stipulò poi il suo primo contratto con la Walt Disney Company per stampare le illustrazioni di personaggi come Topolino e Paperino sulle carte da gioco dal 1959 in poi, riscuotendo un successo straordinario. Ad esse seguirono varie collaborazioni; una delle più popolari portò alla produzione delle carte Ehon, contenute in scatoline a forma di televisori, e Nintendo acquisì i diritti su licenze famosissime come Braccio di Ferro e Ultraman. Poi arrivarono anche le carte pubblicitarie, i giochi di prestigio e molto altro ancora: fu il primo, grande business a consolidare lo strapotere di Nintendo in Giappone.

Ultra Hand

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Nel 1965 Nintendo assunse un nuovo responsabile della manutenzione in una delle sue fabbriche, il cui compito era quello di verificare quotidianamente il funzionamento di tutte le macchine e, se necessario, di ripararle. La fabbrica in questione, però, era ancora molto piccola e i macchinari decisamente poco sofisticati, perciò il giovane laureato in elettronica che avevano assunto, Gunpei Yokoi, si ritrovava spesso a girarsi i pollici per gran parte della giornata: in quei casi, Gunpei si chiudeva nella sua cabina e si metteva ad armeggiare con i materiali di scarto, assemblandoli in gingilli meccanici simili a giocattoli. Un bel giorno, Hiroshi Yamauchi entrò a sorpresa nella sua cabina e lo colse sul fatto, dopodiché lo convocò subito nel suo ufficio: Yokoi era convinto che sarebbe stato rimproverato duramente, forse addirittura licenziato, e invece Yamauchi colse nell'aggeggio costruito dal suo tecnico un enorme potenziale. Gunpei Yokoi smise di lavorare come tecnico e fu promosso a responsabile del primo reparto di ricerca e sviluppo di Nintendo. L'aggeggio che aveva costruito nel tempo libero divenne l'Ultra Hand, vendette più di un milione di unità e segnò il primo successo di Nintendo nel settore dei giocattoli. L'Ultra Hand fondamentalmente permetteva di afferrare un oggetto grazie a un meccanismo a cordicella, quasi come una tenaglia retrattile. Casomai non lo sapeste, nel 1989 Gunpei Yokoi concepì anche il Game Boy.

Ultra Machine

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A Nintendo piaceva un sacco il prefisso "Ultra", perciò dopo l'Ultra Hand, ma molti anni prima dell'Ultra 64 - che magari conoscete col nome occidentale di Nintendo 64 - fu il turno dell'Ultra Machine, praticamente una macchinetta che lanciava le palline e le faceva girare a tutti quei papà che dovettero comprarla ai loro figli per non sentirli più piangere: l'Ultra Machine, infatti, andò letteralmente a ruba e riscosse un successo incredibile. La confezione conteneva il congegno, le palline - che le istruzioni garantivano essere troppo morbide per rompere finestre e soprammobili delicati - e una mazza morbida con cui si potevano imitare i campioni di baseball, uno sport che in Giappone andava molto di moda. Yamauchi ebbe l'intuizione di pubblicizzare l'Ultra Machine in televisione durante le partite della lega professionistica nipponica , e questa semplice ma geniale campagna pubblicitaria, insieme alla partecipazione di due assi dello sport come Sadaharu Ō dei Giants di Tokyo e Kōichi Tabuchi dei Tigers di Osaka, gli fece vendere quasi due milioni di unità in meno di un paio d'anni. Come se non bastasse, Nintendo riuscì a distribuire l'Ultra Machine anche negli Stati Uniti e in Australia, dove però cambiò nome e diventò Slugger Mate. Curiosamente, oggi in Giappone è la società Tenyo a produrre ancora l'Ultra Machine, anche se si tratta di una versione molto più moderna e sofisticata.

Rabbit Coaster

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Il Rabbit Coaster fu uno dei primi giocattoli ad essere prodotti da Nintendo dopo la "scoperta" dell'incredibile talento creativo di Gunpei Yokoi. L'azienda produsse sette tipi diversi di questo gioco da tavolo, ma il Rabbit Coaster è l'esemplare più popolare. Funziona così: si lasciano scivolare delle capsule di plastica, che contengono delle sferette di piombo, lungo una struttura in plastica costituita da diversi piani inclinati su cui sono collocati dei fori. Il concetto si basa su un giocattolo ben più artigianale che in Giappone esisteva già da alcuni secoli, il Tawara Korogashi. A quanto pare, Nintendo lo chiamò Rabbit Coaster ispirandosi alle prime montagne russe giapponesi montate sul terrazzo del grande magazzino Seibu di Tokyo. Considerando la natura irregolare del "percorso" e la fisica imprevedibile delle capsule trainate dal peso del piombo, era piuttosto difficile determinare l'esito di ogni partita, perciò i bambini lo trovavano un gioco da tavolo molto avvincente. In seguito, Nintendo ne produsse vari modelli su licenza, basandosi soprattutto sulle serie televisive nipponiche come Ultraman e sulle mode del momento.

Nintendo & Block

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Il carpentiere danese Ole Kirk Christiansen fondò il LEGO Group nel 1949 e suo figlio Godtfred Kirk Christiansen ereditò la compagnia alla morte del padre nel 1958: per allora i LEGO erano già diventati un fenomeno internazionale e i Christiansen erano passati letteralmente dalle stalle alle stelle. Siamo convinti che conosciate tutti i famosissimi mattoncini colorati, ma forse non sapete che Hiroshi Yamauchi in quel periodo aveva volto lo sguardo all'occidente e aveva adocchiato il successo dei LEGO, affidando alle sue spalle il compito di realizzarne una versione targata Nintendo. I mattoncini N&B (Nintendo & Block) erano virtualmente identici ai LEGO ma furono prodotti senza alcuna autorizzazione, riscontrando comunque un grande successo in Giappone grazie anche alla diabolica campagna pubblicitaria che li metteva a diretto confronto con la loro controparte occidentale. In uno spot, per esempio, viene messo in risalto il fatto che i pezzi Nintendo sono arrotondati, consentendo quindi una maggior precisione nella costruzione delle forme irregolari: il bambino che stava costruendo un razzo coi LEGO ci resta malissimo e la mamma dell'altro afferma tutta contenta la superiorità della Nintendo. I Christiansen non la presero bene e denunciarono Nintendo per pubblicità comparativa e plagio, tuttavia Yamauchi la scampò grazie proprio alle forme arrotondate degli N&B. La verità, però, è che la plastica dei Nintendo & Block era terribilmente scadente: i pezzi non si incastravano bene o bisognava sforzarsi enormemente per separarli. Quelli della LEGO erano fatti di tutt'altra pasta e soppiantarono in fretta la proposta della grande N.

Light Telephone

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Commercializzato nel 1971, il Light Telephone non era un vero e proprio giocattolo, quanto più un gadget "hi-tech" per i più grandicelli, e infatti fu pubblicizzato come tale. All'epoca i walkie-talkie non erano molto diffusi, in Giappone, eccezion fatta per i militari e gli agenti delle forze dell'ordine, e i telefoni cellulari erano ancora pura utopia, perciò l'idea di Nintendo era decisamente fuori dal comune: in fondo, l'Opto-electronics Kōsen Denwa LT (anche noto come Light Telephone) era nientepopodimeno che un sistema di comunicazione remota basato sulla luce. Originale? Be', non proprio. Quasi un secolo prima Alexander Graham Bell e il suo assistente Charles Summer Tainter avevano già inventato il fotofono, il primo sistema di comunicazione "wireless". Dieci anni prima, invece, l'americana Infrared Industries Inc. aveva prodotto un giocattolo basato sulla stessa tecnologia, l'Infrared Astro-Phone. Nonostante ciò, il Light Telephone rappresentava il primo, vero passo di Nintendo in un... mondo più vasto. Ogni confezione conteneva due paia di cuffie e due LT muniti di ricettori ed emettitori luminosi che andavano utilizzati all'aperto e alla luce del sole: bastava puntarli l'uno verso l'altro e parlare nel microfono. La qualità della trasmissione faceva impallidire i walkie-talkie in commercio, ragion per cui il Light Telephone era costosissimo e ingombrante, senza contare che la portata della trasmissione era decisamente ridotta. Ecco perché, nonostante i presupposti, riscosse ben poco successo e fu archiviato nel giro di pochi mesi.

Chiritori

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L'ultimo giocattolo di cui vogliamo parlarvi... non è un giocattolo. Be', quasi. Verso la fine degli anni '70 si cominciavano a immaginare i robot inservienti che sbrigavano le faccende di casa al posto dei loro padroni e tutti i bambini volevano un R2-D2 tutto loro. Ecco perché Gunpei Yokoi si inventò il Musen Cleaner Chiritori, praticamente un aspirapolvere radiocomandato: del resto, il nome è composto dalle parole chiri, polvere, e toru, catturare. Il Chiritori si basava sulla stessa tecnologia di un altro giocattolo radiocomandato, il Lefty RX, e perciò poteva soltanto muoversi in avanti, così Yokoi ideò un sistema davvero originale per consentire al robot di girare: praticamente il motore lo faceva girare su sé stesso continuamente, ma quando gli si ordinava di muoversi col telecomando il Chiritori smetteva di girare e prendeva a muoversi nella direzione in cui era rivolto. Non era esattamente il sistema di controllo più pratico del mondo, ma Nintendo lo spacciò per una forma di... be', chiamiamolo "proto gameplay". Il Chiritori, infatti, aspirava la polvere solo quando si muoveva, perciò bisognava avere dei buoni riflessi per fermare la rotazione al momento giusto e pilotare il robottino nella direzione desiderata. A scanso di equivoci, Nintendo commerciò il Chiritori come giocattolo e non come utensile da pulizia, e forse fu proprio per questo che riscosse pochissimo successo e fu dimenticato nel giro di poco tempo.