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A volte ritornano... JRPG, parte II

Torniamo a parlare di cinque vecchi RPG giapponesi che vorremo tanto rigiocare

RUBRICA di Christian Colli   —   17/04/2016

L'ultima volta che abbiamo parlato di vecchie glorie, non avevamo potuto fare a meno di menzionare anche The Legend of Dragoon, più che altro perché non la finivate più di nominarlo. "E dov'è The Legend of Dragoon?" "Quando esce il sequel?" "Ma quanto era bello?" Così vi abbiamo accontentato e lo abbiamo eletto protagonista del secondo A volte ritornano sui giochi di ruolo nipponici, ma a quel punto avete commentato e inviato messaggi privati chiedendo a gran voce che parlassimo di un altro piccolo capolavoro dell'era PlayStation: Vagrant Story. È proprio a quell'incantevole RPG firmato Square Enix che dedichiamo questa nuova puntata della nostra rubrica aperiodica per i nostalgici, ricordandovi che potete suggerire i titoli che vorreste rigiocare, riprogrammati da zero o rimasterizzati, nei commenti in coda all'articolo. Il prossimo appuntamento, per esempio, lo dedicheremo ai platform: ce n'è qualcuno che ricordate con affetto... oltre a Klonoa e Gex? Quei posti sono già occupati!

Ecco altri cinque RPG giapponesi del passato che vorremmo rivedere sulle nostre console moderne

Vagrant Story

Uscito giusto giusto nel 2000, lo stranissimo esperimento di Square (all'epoca non si era ancora fusa con la Enix) portava l'importantissima firma creativa di Yasumi Matsuno, ma anche quelle artistiche di Akihiko Yoshida, il character designer, e Hitoshi Sakimoto, il compositore. Con un trio così, non poteva che uscire un mezzo capolavoro, e infatti Vagrant Story ancora oggi molti lo ricordano per essere stato anche di più. Potremmo quasi definirlo un Dark Souls ante litteram, dato che con la più recente saga FromSoftware condivide alcuni aspetti: il protagonista solitario, lo scenario fantasy medievale, la discreta libertà nella costruzione del personaggio, l'alone di mistero che circonda la città di Leá Monde e i suoi occupanti.

A volte ritornano... JRPG, parte II

Ci calavamo nei panni di Ashley Riot, un Riskbreaker del regno di Valendia: praticamente una specie di agente speciale incaricato di arrestare Sydney Losstarot, un famigerato cultista. L'inseguimento coinvolge Ashley in un intrigo politico e sovrannaturale contro il quale dovrà opporsi usando tutto il suo ingegno e il suo addestramento. Caratterizzato da una direzione artistica superlativa e da una trama tra le più belle mai scritte per un gioco di ruolo nipponico, Vagrant Story era comunque un gioco in grado di frustrare senza mezze misure chiunque non avesse la pazienza di studiarsi le meccaniche e capirne il peculiare gameplay: nonostante ci si potesse muovere liberamente per lo scenario, risolvendo vari rompicapi, i combattimenti si svolgevano praticamente a turni, e bisognava considerare tantissimi parametri. La competenza di Ashley nell'uso delle armi, gli incantesimi che aveva imparato sconfiggendo i nemici, i punti del corpo da attaccare per inabilitare i bersagli, il fattore del rischio: quest'ultimo era una vera e propria statistica, un indicatore che aumentava al protrarsi della battaglia e che rendeva Ashley meno preciso e resistente, pur aumentandone la probabilità di infliggere danni critici. In pratica, bisognava imparare a sconfiggere i nemici il più velocemente possibile, rispettando un delicato equilibrio tra l'attacco e la difesa: proprio come in Dark Souls, ogni vittoria si sudava e ci rendeva giocatori migliori. Abbiamo rivisto Vagrant Story sul PSN nel 2009, ma siamo sicuri che ancora oggi sia una formula vincente che Square Enix dovrebbe proprio riprendere in considerazione. Chiunque l'abbia amato sedici anni fa potrebbe garantirvi che un gioco del genere, in questa generazione, farebbe semplicemente faville.

Arc the Lad II

Quella di Arc the Lad è una saga che è passata di mano in mano e che, sfortunatamente, col passare del tempo ha perso il fascino che la caratterizzava quando uscì il primo episodio nella lontana estate del 1995. Sì, sono passati quasi ventun anni da quel giorno, e sarebbe ora che Sony facesse un pensierino a un eventuale remake. Arc the Lad non era un titolo perfetto - anzi, il primo episodio era stato sviluppato entro certi limiti per tastare il terreno all'uscita della prima console PlayStation - e molti considerano Arc the Lad II come il primo, vero episodio della serie, grazie alla sua storia affascinante, a un cast stellare e a tutta una serie di trovate che lo rendevano unico.

A volte ritornano... JRPG, parte II

Era un RPG strategico in cui si combatteva a turni in mappe delimitate: il giocatore muoveva ogni unità e le faceva agire in tempo reale colpendo i nemici, usando le varie abilità o interagendo con lo scenario. Arc the Lad II inizialmente sembrava seguire una storia completamente diversa, ma a un certo punto il cast si univa a quello del primo episodio per formare un piccolo esercito deciso a salvare il mondo. La varietà di personaggi era incredibile: si andava dai classici spadaccini ai musicisti in grado di potenziare il gruppo a rulli di tamburi, passando per vecchi maghi, ninja esperti in armi da fuoco e monaci capaci di scagliare le loro ombre. In più, era possibile catturare i mostri e usarli in combattimento, nonché viaggiare per il mondo steampunk e visitare città e villaggi come in un qualsiasi RPG old school. Implementando qualche piccola miglioria, Arc the Lad II oggi sarebbe un gioco di cui sentiamo la mancanza in un panorama dove gli sviluppatori sembrano fare i titoli con lo stampino: ecco perché non vorremmo un vero e proprio remake, ma magari una rimasterizzazione che renda giustizia ai bellissimi sprite bidimensionali che raffiguravano i personaggi super deformed. E non è necessario scomodare Arc the Lad III e Arc the Lad: Il tramonto degli spiriti. Non erano certo brutti giochi, ma il primo e il secondo formavano un binomio veramente indimenticabile.

Grandia

Proprio come Arc the Lad, anche Grandia è un JRPG che vorremmo rigiocare e di cui sentiamo profondamente la mancanza, ma che non vorremmo assolutamente che fosse snaturato da una sovracompensazione a base di poligoni e di effettistica all'ultimo grido che rubi poi lo spazio alla storia e alla caratterizzazione dei personaggi.

A volte ritornano... JRPG, parte II

Se avete letto lo speciale che il nostro Massimo Reina ha scritto ben due anni fa proprio su Grandia, allora saprete tutto quello che c'è da conoscere sulla saga che Game Arts cominciò sullo sfortunato Saturn di SEGA nel lontano 1997. Anche se gli ultimi episodi hanno lasciato i giocatori con l'amaro in bocca, i primi due Grandia restano tutt'oggi dei veri e propri punti di riferimento in ambito JRPG che ogni fan del genere dovrebbe giocare almeno una volta nella vita: peccato che le versioni originali siano praticamente irreperibili, e che ci si debba rivolgere allo store del PlayStation Network o a Steam. Al di là dei personaggi indimenticabili, coinvolti in una storia che inizia come una scampagnata per diventare un'avventura di proporzioni epiche, Grandia ammaliava grazie a un sistema di combattimento molto originale che evolveva quanto visto nei due Lunar dello stesso sviluppatore, Game Arts. A metà tra un sistema a turni e uno in tempo reale, ogni scontro in Grandia spingeva il giocatore a cambiare strategia e a provare nuove armi, dato che l'aumento delle statistiche e l'apprendimento delle abilità erano legati appunto alle armi e agli incantesimi. Grandia è, ancora oggi, uno dei JRPG più colorati e fantasiosi mai realizzati, perciò vale lo stesso ragionamento fatto poco più sopra per Arc the Lad: più che un remake, ci piacerebbe giocarne una versione rimasterizzata in alta risoluzione, magari ridoppiata o in dual audio visto che le voci americane erano decisamente pessime, ma senza toccare la strepitosa colonna sonora di Noriyuki Iwadare.

Skies of Arcadia

Overworks non aveva mai sviluppato un gioco di ruolo prima di lavorare a Skies of Arcadia per Dreamcast, perciò è ancora più sorprendente che il risultato sia stato tanto eccelso. Vi abbiamo già parlato di questo JRPG qualche anno fa, quando SEGA aveva rinnovato la licenza: all'epoca pensammo tutti che sarebbe uscita una qualche versione in alta definizione per PlayStation 3, Xbox One o Wii U, ma non se ne fece più niente. Il che era anche abbastanza strano, dato che una versione riveduta e corretta, intitolata Skies of Arcadia Legends, era già uscita per GameCube alcuni anni prima.

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Forse è meglio così, perché il titolo Overworks occupa nel cuore dei suoi fan un posto specialissimo: non solo è stato uno dei pochi giochi di ruolo per quella macchina stupefacente che era il Dreamcast, ma è anche uno dei migliori mai realizzati. Era soprattutto un gioco originale, ambientato in un arcipelago di isole fluttuanti tra cui ci si spostava a bordo di enormi vascelli volanti. Il protagonista, Vyse, sogna di diventare un grande pirata dell'aria, e si imbarca - perdonateci il gioco di parole - in una grande avventura insieme alla sua amica Aika dopo essersi imbattuto in una misteriosa fanciulla di nome Fina. Skies of Arcadia era un gioco abbastanza tradizionale sia nell'esplorazione sia nei combattimenti, ma tutto funzionava a meraviglia (specialmente nella versione più bilanciata per GameCube) e ogni tanto bisognava lottare anche tra le nuvole a bordo delle aeronavi in scontri molto più tattici. Peccato solo che il finale non fosse molto risolutivo, e che lasciasse le porte aperte per un seguito che non abbiamo mai visto. Il team che sviluppò Skies of Arcadia in seguito lavorò a un titolo che sta tornando alla ribalta in questi giorni con un'edizione rimasterizzata, e cioè Valkyria Chronicles: sarebbe bello tornare a solcare i cieli di Arcadia in un JRPG di nuova generazione che magari prosegua la storia di Vyse e compagni, anni dopo la loro prima avventura, in una specie di passaggio di testimone. Requisito indispensabile di Skies of Arcadia 2? La traccia meravigliosa alla schermata di avvio!

Valkyrie Profile

In questi giorni Square Enix ha annunciato Valkyrie Profile: Anatomia, un nuovo episodio per sistemi mobile di una saga che sembrava sparita nel nulla ma che molti giocatori non hanno dimenticato. L'ultimo capitolo - il mediocre Covenant of the Plume per Nintendo DS - risale al 2008, cioè a un anno dopo che Sony aveva pubblicato Valkyrie Profile per PSP: ironicamente, l'originale era uscito su PlayStation nel 1999, ma fino alla conversione portatile non aveva mai visto la luce in Europa.

A volte ritornano... JRPG, parte II

Insomma, quella di Valkyrie Profile è una faccenda nebulosa, anche perché all'epoca il titolo non riscosse un grandissimo successo in Occidente: era un JRPG parecchio strano, in effetti, caratterizzato da una storia decisamente cupa che girava intorno alla mitologia norrena, a déi come Odino e Loki e al famigerato Ragnarok, il "crepuscolo degli déi". La protagonista del gioco è Lenneth, una valchiria incaricata di procacciarsi le anime dei guerrieri defunti - gli einherjar - da far combattere nel Valhalla. Si tratta di un compito facile che il giocatore svolge nel corso dei vari capitoli della storia, centellinando il tempo limitato a disposizione per esplorare i dungeon, reclutare nuovi eroi e completare varie missioni. Il sistema di combattimento era altrettanto particolare, dato che il giocatore associava un personaggio a ciascun tasto del controller: durante il suo turno, bastava premere i vari pulsanti per scatenare i colpi dei singoli membri della squadra, inanellando lunghe combo che spesso si concludevano con uno spettacolare attacco speciale. In realtà, le battaglie erano molto più complicate di così, e in effetti Valkyrie Profile era un gioco veramente tosto, nonché un discreto pugno nello stomaco in fatto di trama: era struggente, forbito nei dialoghi, pieno di metafore e riflessioni filosofiche sulla natura umana e su quella divina. Questo nuovo episodio mobile probabilmente non ricalcherà lo spirito dell'originale, un titolo che vorremmo sinceramente rigiocare in versione riveduta e corretta: un remake sarebbe l'ideale, specialmente se Square Enix mettesse mano al bilanciamento generale della difficoltà e alla complessità di alcune meccaniche che erano effettivamente un po' astruse.