Project Syria inizia con un piano sequenza caratterizzato da un'inquadratura oggettiva molto bassa. Vediamo una ragazzina che canta per alcuni uomini. I banchetti sullo sfondo ci suggeriscono che ci troviamo in un mercato.
La canzone e alcuni dettagli dei vestiti, uniti al titolo dell'opera, ci fanno capire che siamo in una città siriana. Passano venti secondi e la scena viene brutalmente interrotta dallo scoppio di una bomba. La bambina finisce a terra, gli uomini scappano e il mercato sparisce, inghiottito dalla polvere alzata dallo scoppio. Quindi la piccola si rialza da terra e fugge anch'ella. Ora sullo schermo vediamo soltanto la polvere, il frammento di strada dove si trovavano i personaggi e i profili dei banchetti del mercato. L'audio è caotico, ma riconosciamo le urla di persone in preda al panico che si trovano fuoricampo. Una voce narrante inizia a descriverci la condizione dei bambini siriani nella guerra civile scoppiata nel 2011, ancora in corso, e ci parla dei ventitré milioni di rifugiati prodotti dal conflitto. Il piano sequenza si conclude con una dissolvenza in nero. La sequenza successiva, che dura meno della precedente, è ripresa sempre ad altezza del terreno e ci mostra un uomo di spalle sulla sinistra e una cassa al centro dello schermo. La voce narrante accenna ai problemi di cibo dei siriani. Infine, la sequenza finale ci mostra un accampamento nel deserto. Inizialmente c'è una sola tenda e qualche roccia, ma presto appaiono delle sagome di esseri umani, sempre più numerose, e con loro si moltiplicano le tende e i prefabbricati, ossia le strutture di emergenza necessarie per ospitarli. Quando la scena è satura di persone, partono i titoli di coda.
Giornalismo VR
Tutto qui? Sì, Project Syria dura poco più di due minuti, richiede un visore VR e non è un videogioco. Nell'intenzione dell'autrice, Nonny de la Peña, è solo un modo per sfruttare la realtà virtuale per fare cronaca giornalistica. La brevità è funzionale all'obiettivo che si pone, che non è intrattenere.
Volendo possiamo discutere la qualità di ciò che ci viene presentato, bassina in termini produttivi, oppure l'efficacia di quello che appare più come un brevissimo resoconto che come un racconto, limitata in termini informativi ed emotivi, ma non è questo il punto. Stiamo parlando di un'opera gratuita che in qualche modo cerca di sensibilizzare verso una situazione drammatica sfruttando le nuove tecnologie, così da andare a pescare da un pubblico solitamente molto chiuso e restio a informarsi sui fatti del mondo. L'operazione in sé può piacere o no, i margini di miglioramento sono enormi e si è liberi di criticare Project Syria come si vuole. Ciò che non si è liberi di fare è metterne in discussione l'esistenza solo perché non rientra nelle nostre aspettative. Soprattutto bisognerebbe fare lo sforzo di evitare sfoghi di pancia solo perché qualcosa tocca marginalmente un argomento che ci fa infuriare. In generale il mondo dei videogiochi aveva ignorato Project Syria, i cui problemi sono iniziati quando Emblematic Group (lo studio di de la Peña) ha deciso di pubblicarlo su Steam, dove i videogiocatori, categoria sempre più infangata dagli stessi che si professano tali, hanno deciso di sommergerlo di commenti da estremisti.
Project Syria ha scatenato i commenti dei razzisti su Steam, che non lo vogliono sulla piattaforma
Solo propaganda?
Ripetiamo per evitare ogni fraintendimento (speranza vana): a noi Project Syria non è piaciuto. Non tanto come videogioco, visto che come già detto non vuole essere tale, ma proprio come pezzo giornalistico espresso con le nuove forme tecnologiche. Dovendo recensirlo non spenderemmo buone parole per descriverlo, ma allo stesso tempo fatichiamo ad accettare alcune prese di posizione umorali.
Ad esempio un certo Akku71 ci tiene a far sapere che ci troviamo di fronte a un'opera di "Propaganda mainstream. Non deve stare su una piattaforma da gioco [ma non spiega il perché]"; mentre [Arctic Servers] Felix ci dice che "Tutto ciò che fa è introdurre la politica in un'industria che non gli appartiene e fare da eco a un messaggio che sono certo tutti già conoscono: la guerra vera e i conflitti sono cacca." SINISTER si lamenta per la natura politica di Project Syria, pubblicando una recensione politica: "La propaganda dell'ISIS è arrivata su Steam. Abbiamo davvero bisogno di politici e campagne per i rifugiati su Steam?" Dello stesso tono sono i commenti di Thomas the Dank Engine : "CHE C...O CI STA A FARE SU STEAM. È UNA PIATTAFORMA DA GIOCO, NON POLITICA"; e di Drauwst: "Scaricato solo per dargli un brutto voto. Fuori dai cog....i di Steam questo cancro." Non mancano dei riferimenti, questi sì impropri, alla politica vera e propria. Fagioli, parla di squallida propaganda e conclude dicendo "SIGNOR TRUMP, COSTRUISCI IL MURO. PIÙ ALTO DI DIECI PIEDI. PIÙ ALTO DI DIECI PIEDI. PIÙ ALTO DI DIECI PIEDI."; K17 prosegue sulla scia del trumpismo (da notare che questi messaggio sono stati scritti prima del risultato elettorale) affermando: "Il muro deve essere più alto di dieci piedi." Scienter, in modo stentato, si accoda: "Pessimo gioco. Non succede nulla. Inoltre promuove i rifugiati. Brutto." 麻生太郎 va molto oltre, affermando "Come faccio ad affondare le barche dei rifugiati?" Pensava evidentemente di essere divertente e trasgressivo e molti devono pensarla come lui, visto che ben centotré persone hanno trovato questa recensione utile, mentre sessantuno l'hanno trovata divertente.
La politica dentro i videogiochi
Sarebbe davvero facile fare paralleli tra la reazione rabbiosa e smodata di alcuni contro Project Syria e il quadro politico occidentale attuale, comprese le recenti elezioni di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti d'America, ma il nostro obiettivo, in questo caso, è un altro. A stupirci non è tanto il livello infimo di alcuni commenti (ci siamo abituati), quanto il fatto che molti giocatori non riconoscano come il medium videoludico faccia ormai politica, seppur in modo quasi sempre indiretto, da anni. Un videogioco non è solo vai dal punto A al punto B compiendo l'azione C, ma è anche un sistema di valori semplificato che trova la sua espressione sotto forma di meccaniche di gioco. Il messaggio politico di Project Syria è sicuramente più diretto di quello di altri titoli, ma non per questo Mafia III, Animal Crossing o Overwatch, per fare degli esempi agli antipodi tra loro, sono privi di una loro visione della società.
Il fatto che il giocatore medio non riesca a riconoscerla (o, peggio, sia disinteressato a farlo) è un problema del giocatore medio. Per non parlare poi di tutti quei titoli che la politica l'hanno abbracciata in modo più diretto, tipo il vecchio sparatutto online America's Army, che fu creato come forma di propaganda per reclutare nuovi soldati per l'esercito statunitense, e il cui sviluppo fu abbandonato perché giochi con ambientazione militare di maggior successo come i Call of Duty garantivano risultati migliori, nascondendo la loro natura propagandistica nelle pieghe del gameplay. Per fare altri due esempi, anche opere come The Division o i BioShock sono portatrici di una visione politica della società ben leggibile e per niente nascosta (The Division in particolare è stato ben analizzato da questo punto di vista). Quindi, cosa chiede chi vuole che la politica rimanga fuori da Steam? Prosaicamente e con un ben po' di ingenuità non vuole che i politici e i partiti arrivino sulla piattaforma. Eppure il rifiuto netto e rabbioso di un titolo come Project Syria dovrebbe far capire che in qualche modo la politica nel mondo dei videogiochi c'è già. Quelli che chiamiamo gusti spesso non sono altro che aspettative mantenute rispetto alla nostra visione del mondo, ossia forme di consolazione legate alla politica intesa nel suo senso più ampio. Project Syria ha prodotto reazioni eccessive non solo perché è un'opera politica (in realtà racconta fatti di cronaca dimostrati), ma soprattutto perché cozza contro certe aspettative politiche. Non stupisce quindi che moltissime critiche nei suoi confronti siano piene di razzismo e violenza. La verità è che se i videogiochi non fossero già di loro pieni di politica, Project Syria sarebbe stato ignorato o giudicato per quello che è: un goffo esperimento di giornalismo VR. Invece è diventato un piccolo caso in cui la politica è stata tirata in ballo soprattutto da quelli che affermano di non volerla. Schiavi che pensano che le frustrate facciano meno male se non le chiami frustate.