Il mondo dei videogiochi è da sempre fucina di grandi talenti, personaggi che hanno trovato proprio in questo medium il "mezzo" ideale attraverso il quale poter esprimere al meglio se stessi e quindi il proprio genio artistico. Uno degli autori più talentuosi, è in tal senso Fumito Ueda, a cui abbiamo pensato di dedicare un piccolo speciale con il quale non abbiamo la presunzione di farvelo conoscere in toto o amare incondizionatamente, ma solo quel tanto che basta per permettervi magari di guardare con un occhio diverso, se non lo avete mai fatto, i suoi lavori. Ma procediamo un passo alla volta.
Fumito Ueda, genio e poeta: scoprite con noi come nascono le sue idee e cosa lo ha reso così celebre
Un poeta che “scrive” in digitale
Fumito Ueda si laurea alla Osaka University of Arts nel 1993, e approda nel mondo dei videogame lavorando prima alla WARP come animatore, sotto la guida di Kenji Eno, per il gioco del SEGA Saturn, Enemy Zero, prima di passare nel 1997 alla SCE. Appassionato di manga, cinema, anime, letteratura e videogiochi, categorie che egli definisce giustamente tutte forme d'arte, Ueda è un personaggio molto particolare nell'universo dei videogame: un artista, un poeta, un genio con un modo di porsi e di concepire il lavoro di sviluppatore completamente diverso da tanti altri in questo settore. "Il mio obiettivo finale è quello di emozionare i giocatori, di renderli partecipi di quanto avviene sullo schermo: voglio essere capace di generare in loro particolari stati d'animo a seconda della scena e indurli a ridere, riflettere o anche piangere. Questo è il mio personale successo." Uno scopo che ha spesso raggiunto nei suoi lavori, delle autentiche opere d'arte che sono diventate nel corso degli anni oggetto di culto da parte di parecchi appassionati, anche se forse troppo pochi in rapporto alla loro qualità.
I suoi lavori sono caratterizzati da sempre da un non so che di magico, con pochi dialoghi, colori desaturati e un design di ambienti e personaggi quasi stilizzati a prima vista, eppure estremamente curati e affascinanti. Il suo stile ha qualcosa di ipnotico, di onirico che cattura il giocatore e lo trasporta magicamente in un universo parallelo in cui la natura, il paesaggio, l'antico si fondono in scenari enormi in cui perdersi come in un viaggio verso l'ignoto. D'altronde, per sua stessa ammissione, Ueda ama immaginare mondi bizzarri e fantastici che sappiano stupire in taluni aspetti, ma al contempo mostrare anche una certa credibilità. Per lui ogni lavoro di fantasia deve comunque avere una sua connessione con la realtà per risultare credibile seppur in un contesto fittizio. "Camminare su un ponte di corde e legno sospeso su un burrone", disse una volta in una vecchia intervista, "ha una sua fisica, che ciò avvenga in un'area reale o fantastica. Per cui finzione o no bisogna tenerne conto, anche quando si progettano creature favolose." D'altronde è risaputo che l'artista ama catturare e tenere con sé uccelli o pesci vivi per magari osservarli, studiarne il comportamento e i movimenti, per poi ricrearli nei suoi videogiochi. Non a caso per Trico, la creatura di The Last Guardian, ha tratto ispirazione dal suo gatto, Royce, che aveva preso con sé proprio quando stava per iniziare a lavorare su quel progetto. Avendolo sempre intorno è stato lui il punto di riferimento iniziale per l'ispirazione della creatura del gioco, col suo modo di porsi, lo sguardo dolce, la sua ricerca di coccole dopo avergli dato qualcosa da mangiare.
Passato, presente e futuro
Il suo primo lavoro da "solista", diciamo così, è stato ICO. Ispirato da uno dei grandi titoli del passato, cioè Another World di Eric Chahi, sviluppato su Amiga di Commodore, piattaforma non molto conosciuta in Giappone, sulla quale lo stesso Ueda iniziò a progettare proprio la sua creatura molti anni addietro (usò inizialmente un Amiga 500 prima di passare al modello A4000). Il gioco è sinteticamente definibile come un'avventura ricca di enigmi e fasi esplorative, ma è una descrizione riduttiva. In realtà era ed è un prodotto così originale da creare quasi un genere a sé. In un enorme castello in rovina sito sulla vetta di un impervio monte era rinchiuso un ragazzino di nome Ico. Insieme a lui, lo si scoprirà successivamente, c'era anche la giovane Yorda, anch'essa prigioniera nell'edificio, affranta, consumata dalla solitudine e dal dolore.
I due cercheranno di fuggire dal castello, ma non sarà impresa facile. Anche se le cose da fare nel gioco erano tante, era in realtà l'atmosfera generale che permeava tutto il titolo a colpire. Un'atmosfera, come ripetuto più volte precedentemente, magica, onirica. E la cura maniacale dei dettagli, che rendevano vivo il mondo di ICO: il movimento della polvere che scivolava su un vetro, il mare le cui onde si infrangevano sulle rocce, gli uccelli e le foglie che descrivevano traiettorie nel cielo. Ma anche quello graziato della principessa e quello del ragazzo. Il tutto condito da suoni naturali, musiche poco invadenti e voci che parlavano una lingua sconosciuta. ICO era ed è un autentico viaggio in un altro mondo, difficile da descrivere, più facile da provare a giocare. Che purtroppo nonostante tutto non ha ottenuto il successo del grande pubblico come avrebbe meritato. Come il suo successore, il fantomatico Project Nico, meglio conosciuto come Shadow of the Colossus . Il secondo lavoro di Fumito Ueda ha avuto più fortuna del predecessore, ma i risultati in termini di vendite e diffusione sono stati altrettanto al di sotto delle sue grandi potenzialità e qualità. L'avventura si svolgeva in una terra vastissima, densa di prati verdeggianti, montagne e dirupi, ma quasi senza vita. Un posto dove l'utente poteva perdersi godendosi la solita cura dei particolari, soprattutto legati alla natura e ai suoi movimenti, vero marchio di fabbrica e ossessione di Fumito Ueda, vivendo l'alternarsi degli eventi atmosferici e, come scritto, l'immensità degli spazi che facevano rivivere al videogamer quel senso di solitudine già vissuto in ICO. Perché in quel contesto agiva proprio un eroe solitario di nome Wander che a cavallo del suo destriero vagava alla ricerca di creature giganti da abbattere per salvare dalla morte la giovane amata. Il terzo e per adesso ultimo lavoro di Ueda è The Last Guardian, che dopo una lunga gestazione ha visto la luce proprio in queste settimane nei negozi. E in futuro? In un'intervista, l'artista di Tatsuno, fuori ormai da Sony dal 2011 e senza obblighi nei confronti dell'azienda dopo l'uscita del già citato The Last Guardian, ha detto di essere tentato dall'idea di realizzare un first person shooter ispirato idealmente ad Half-Life 2. Sarà vero? E se si, come reinterpreterà Ueda, se mai lo farà, un genere poco incentrato sulla "poesia" e distante anni luce dal suo stile? Chi vivrà, vedrà.