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Voti, critica e spirito del tempo

Nell'ultimo anno i voti sono calati, colpa dei videogiochi o è cambiata la critica?

SPECIALE di Lorenzo Fantoni   —   18/01/2017

Il gusto è una delle cose che cambia maggiormente col tempo. Ci sono grandi classici che restano intoccabili anno dopo anno, ma in linea di massima il modo in cui un medium viene giudicato si evolve col medium stesso. Talvolta ci sono opere più avanti rispetto alla critica dell'epoca, altre volte assistiamo al recupero postumo di prodotti che col tempo diventano veri e propri cult, a dispetto di chi in quegli anni tiene la bilancia dell'industria culturale. Per fare un esempio, quasi tutta la critica cinematografica italiana degli anni '80 stroncò I Goonies giudicandolo un filmetto, incapace di coglierne gli aspetti che lo hanno reso un classico nel suo genere e di un intero periodo. Da qualche anno anche i videogiochi sono entrati di prepotenza in questa industria, vengono giudicati, soppesati e valutati secondo criteri personali e soggettivi che variano in base alla testata, ai punti di vista e a molti altri fattori, ma tendenzialmente tutto si riduce poi solo a quel numeretto finale. Che lo vogliamo o no, il voto di un gioco lo incasella in una classifica che va al di là delle belle parole che possiamo leggere in una recensione e a quanto pare da qualche anno quei numerini, anche se molti credono il contrario, stanno calando. In poche parole, pare che non escano più tanti videogiochi degni di un bel nove. Ciò che resta da capire è se la qualità dei videogiochi è davvero scaduta o se è invece cambiato il nostro metro di giudizio.

Ultimamente i videogiochi prendono voti più bassi: sono peggiorati o è cambiata la critica?

Spirito del tempo, vieni a me!

Tutto parte da un interessante spunto di Finder che ha messo a paragone console e giochi degli ultimi anni facendo emergere un trend negativo, soprattutto in casa Nintendo, ponendosi una fatidica domanda: i giochi sono più brutti o li giudichiamo diversamente? Facciamo un passo indietro e buttiamola in filosofia: lo Zeitgeist, banalmente tradotto come "spirito del tempo" è un concetto filosofico che, per citare Wikipedia, rimanda a "un'espressione adottata nella storiografia filosofica otto-novecentesca, per indicare la tendenza culturale predominante in una determinata epoca". Cercando di farla ancora più semplice: è una versione molto elaborata del concetto di "moda" e di ciò che in un certo periodo detta legge. Dylan Dog faceva parte dello Zeitgeist della fine degli anni '80, i Beatles lo erano negli anni '60, i video reaction, gli scherzi e le sfide su YouTube sono uno dei tanti spiriti dei tempi moderni.

Voti, critica e spirito del tempo

Anche i videogiochi hanno una loro Zeitgeist e in parte incarnano lo spirito del proprio tempo diventandone anche una sorta di icona. Pac-Man e Space Invaders sono simboli di un'epoca, di un momento in cui i videogiochi erano bip e quadretti colorati, Mario è a sua volta l'immagine di una rivoluzione culturale, Lara Croft è uno dei marchi della generazione PlayStation e così via. Oggi lo spirito del tempo è fatto da League of Legends e Overwatch. Ogni titolo contribuisce a creare uno standard, un punto di riferimento che può essere rispettato, superato o mancato totalmente. Di anno in anno i videogiochi hanno migliorato la propria grafica, la propria fisica, le storie, i personaggi. Rapidamente il mercato è cambiato, sono arrivati nuovi paradigmi, nuovi aspetti che devono essere curati, i generi sono nati e morti, nel giro di circa trent'anni siamo passati dall'equivalente delle pitture rupestri alla realtà virtuale, dal filmato in bianco e nero di un treno che entra in stazione al cinema 3D. Nessuna forma di espressione si è sviluppata così velocemente come i videogiochi, non facciamo neanche in tempo a formare un gusto e assaporare un titolo che è già il momento di una nuova sfida. Quindi forse non è che i videogiochi di oggi sono più brutti, ma probabilmente sono cambiati i fattori di cui tenere conto in un giudizio. Tutto questo ovviamente è secondario rispetto al metro principale: se diverte va bene, pazienza se è il peggior gioco dell'anno.

Generazione di fenomeni

Prendiamo in esame il 1991: in un solo anno uscirono Civilization, Sonic, Another World, Steet Fighter II, il NES, due anni dopo fu la volta di DOOM, X-Wing, Day of the Tentacle, Myst... e potremmo andare avanti ancora un po', ma il senso sarebbe sempre lo stesso. Intorno agli anni '90 i videogiochi hanno iniziato a gettare la basi per quello che sarebbe accaduto dopo, affinando generi, linguaggi, sistemi di controllo. La stessa storia si ripeterà con l'arrivo della prima e soprattutto della seconda PlayStation. I generi verranno ridefiniti, alcuni diventeranno più importanti di altri e così via.

Voti, critica e spirito del tempo

Poi qualcosa è cambiato, è successo che dopo una violenta e bellissima fase esplorativa il settore ha vissuto un consolidamento e un cambio di mentalità legato ai gusti del pubblico. I videogiochi sono diventati sempre di più un business costoso in cui sbagliare poteva condurre uno studio al fallimento istantaneo e quindi inventarsi qualcosa era spesso più rischioso che redditizio. Anche i giochi più affermati hanno via via cercato di entrare in un flusso che fosse familiare, mentre il concetto di bella grafica diventava sempre più scontato. Ormai un gioco che sia quasi del tutto indistinguibile dalla realtà o comunque bello da vedere è il minimo che ci aspettiamo. Sono lontani i tempi in cui la parallasse di Shadow of the Beast o Carmageddon giocato con le schede grafiche Voodoo ci facevano sbavare. E mentre certi aspetti diventavano lo standard, altri emergevano: è fatto bene il multiplayer? La storia è interessante? I personaggi sono qualcosa di più dello stereotipo standard di action hero? Quanto è grande il mondo di gioco e quante cose posso farci? Sono domande che col tempo sono diventate sempre più importanti e che si sommano a una sempre maggiore maturità e consapevolezza di pubblico e critica. Qualche anno fa Duke Nukem era un personaggio perfetto, oggi nessuno sarebbe disposto a investire su una figura così anacronistica e fuori da, eccolo qua, lo spirito del tempo. Qualche tempo fa un gioco come Life is Strange avrebbe sollevato parecchie perplessità, oggi siamo disposti a vedere i videogiochi come qualcosa in cui si può andare avanti per il gusto della storia, senza alcuna vera difficoltà. Abbiamo vissuto un periodo simile a quello dei film d'azione degli anni '80, ma ora il settore è entrato in una fase successiva, quella in cui chi giudica, e a volte anche chi compra, vuole qualcosa di più

La cultura dell'hype

Un modo per interpretare i voti bassi dell'anno passato è analizzare come sta cambiando il modo in cui si vendono i videogiochi. Anno dopo anno abbiamo assistito a un intensificarsi delle strategie di comunicazione basate sulla creazione di aspettative, sullo stuzzicare il cervello dei giocatori con un continuo flusso di dopamina indotto dalla promessa che all'orizzonte ci sarà sempre qualcosa di più bello.

Voti, critica e spirito del tempo

I giochi vengono presentati con anni o molti mesi di anticipo, un po' per guadagnare le prime pagine un po' per rassicurare Borse e investitori. Non basta più che il pubblico compri, deve preordinare, e questo è possibile solo se presenti così bene il gioco che qualcuno è disposto a darti i soldi a scatola chiusa. La stampa stessa vive ormai in uno stato di perenne eccitazione, fatto di leak, rumor e tempi sempre più stretti. Nessuno ha più tempo per giocare con calma, analizzare il titolo mesi dopo, assaporarlo come un buon vino. Bisogna avere tutto e subito come uno shot di tequila. I giochi stessi non solo devono essere sempre più belli, ma vanno completati in tempi sempre più brevi perché ogni ritardo costa milioni. Tutto ciò ha generato una cultura in cui la moneta più importante non è il valore del gioco, ma l'aspettativa che riesce a generare. Ma quando poi quell'aspettativa magari non viene rispettata del tutto, vuoi perché il gioco finito non è bello come nei filmati, vuoi perché non è profondo come ti aspettavi, vuoi perché è una collezione di bug, ecco che allora scatta il voto punitivo. Forse i giochi di oggi dunque non sono più brutti, ma sono un po' come un tizio che promette faville a letto e poi a malapena riesce a finirne una in pochissimo tempo. Vogliamo poi parlare della tonnellata di seguiti, remake, remaster, reboot che ormai fanno parte di ogni forma d'espressione? Non c'è niente di male nel raccontare una vecchia storia in modo nuovo, succede dalla notte dei tempi, ma qualcuno nei videogiochi se ne è sicuramente approfittato.

Il velo della nostalgia

Una cosa che si impara crescendo, è che tutto ciò che faceva parte dell'infanzia è mitico mentre adesso c'è in giro tanta spazzatura. Lo dicevano i genitori dei nostri padri, schifando il rock, lo dicevano i padri ascoltando il grunge dei figli e lo diciamo noi ascoltando Rovazzi (quando magari da ragazzi ci facevamo andar bene "C'è da spostare una macchina"). Ovviamente sono esempi generici, non prendeteli alla lettera. La nostalgia fa sembrare tutto più bello perché la gioventù è un periodo in cui tutto viene vissuto più intensamente, in cui hai più tempo libero per goderti le cose, non ti devi preoccupare di trovare un lavoro, delle spese, delle aspettative di vita, del bisogno di trovare il tuo posto nel mondo. Le cose non erano più belle né migliori quando eravamo giovani, eravamo migliori noi. Avete visto ora certi cartoni che giravano 20 anni fa?

Voti, critica e spirito del tempo

Sono orribili, eppure se fossero stati droga ce li saremmo iniettati direttamente nel cervello. Questo non vuol dire che i videogiochi del passato fossero brutti, però a volte tendiamo a dimenticarci quanto spesso fossero semplici, frustranti, mal programmati e banali. Lo stesso Final Fantasy VII, forse uno dei massimi esempi di nostalgia videoludica, aveva degli spezzoni orchestrati male, per non parlare di Shenmue che oggi appare incredibilmente datato. Ecco forse Shenmue è un ottimo esempio per tutto questo articolo. All'epoca era un gioco incredibile, bellissimo, rivoluzionario, ricco di idee geniali. Oggi tutte quelle idee sono date per scontate, siamo passati oltre. Se Shenmue uscisse ora probabilmente si farebbe molto male. Watch Dogs 2 contiene senza dubbio un sacco di cose che lo rendono migliore di Shenmue, ma nessuno gli darebbe dei soldi su Kickstarter. Morale della storia è che i videogiochi di oggi non sono più brutti, sono semplicemente diventati uno standard e in quanto tale a volte ci annoiano anche se sono fatti bene, perché arrivano dopo anni e anni di cose fatte altrettanto bene. C'è senza dubbio una certa carenza di originalità nel settore, legata alla pericolosità di osare e sperimentare di cui parlavamo prima, ma dire che oggi i giochi sono più scadenti del passato forse è eccessivo. Anzi senza dubbio stiamo vivendo un periodo interessante. Dopo molti anni l'evoluzione tecnologica sta lentamente rallentando e quella linguistica non è ancora riuscita a trovare la via giusta, schiacciata tra il bisogno di divertire e la voglia di raccontare una storia diversa dal solito. Nel frattempo il mercato cerca continuamente di ricordarci quanto ogni nuovo prodotto a scaffale sia bellissimo, anche quando non lo è. Oggi i videogiochi sono arte, intrattenimento e tante altre cose che si definiranno meglio col tempo. Insomma, non sono né più brutti né più belli, solo abbiamo semplicemente deciso che vogliamo di più. Molto di più.