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Dentro a God of War: due chiacchiere con Cory Barlog

Il Director del gioco che ci ha descritto nel dettaglio la sua visione per questo atteso ritorno

SPECIALE di Aligi Comandini   —   28/03/2018

Abbiamo aspettative enormi per God of War dopo aver giocato la sua fase iniziale: l'ultima epica di Santa Monica è tecnicamente straordinaria e ha un potenziale enorme dal punto di vista del gameplay, caratteristiche che potrebbero portarlo a superare i suoi amatissimi predecessori. Il titolo è però nettamente più esteso di quanto ci aspettassimo, e a causa della sua scala le tre ore di demo provate non sono state sufficienti a spolparlo a dovere... Noi ci siamo quindi buttati a pesce su Cory Barlog- director del secondo capitolo e alle redini anche di questo progetto - non appena Sony ci ha consentito di intervistarlo, con la volontà di capire più nel dettaglio cosa ci aspetta al lancio. Il buon Cory, d'altra parte, ha parecchia esperienza nel campo ed è più che bravo a indirizzare una conversazione dove vuole lui, ma non è una tomba quando si tratta di parlare delle sue "creature". Insomma, non sottovalutate questo speciale: sono saltate fuori informazioni davvero interessanti sulle avventure nordiche di Kratos e figliolo.

Cappa e ascia

Il gameplay era chiaramente il nostro focus durante l'intervista, e abbiamo voluto sapere subito il perché dei cambiamenti ai sistemi. Cercando di carpire anche se ci fossero altre armi oltre all'ascia, abbiamo perciò chiesto a Barlog se con God of War l'intento fosse quello di rendere più personalizzabile e complesso il combattimento, e se fosse davvero solo quella lama l'unica compagna del protagonista. Ovviamente su quest'ultimo argomento il nostro ha glissato, ma qualche precisazione sul sistema l'ha fatta, spiegando anche quali fossero i desideri del team. "La progressione è lenta, specialmente nella fase iniziale, perché vogliamo facilitare l'approccio ai nuovi giocatori, ma andando avanti il nostro obiettivo è di mettere la creatività in mano all'utente e fargli pensare a come usare le varie abilità, a come configurarle. Nei giochi precedenti quando Kratos otteneva le mosse speciali quelle rimanevano, e non c'era altra scelta. Qui non è così: si ottengono varie mosse e le si può usare a piacimento. È tutto fatto per appoggiare lo stile di gioco preferito del giocatore. Non voglio svelarvi niente, ma ci sono un sacco di sorprese spettacolari per dare più individualità a Kratos, tanto che sia lui che Atreus hanno degli slot runici personalizzabili".

Dentro a God of War: due chiacchiere con Cory Barlog

"Dobbiamo quindi aspettarci delle build specifiche? Un Kratos dalla distanza, o un Kratos incentrato sui danni ad area?" è stata la seconda domanda, e la risposta è stata positiva. In God of War le abilità sono pensate per favorire certe strategie e persino le armature influenzano la giocabilità. Non è una questione di peso, ma di statistiche, e Kratos può favorire il danno puro in sfavore della difesa e delle schivate, o puntare sulla resistenza fisica e su abilità di controllo da lontano. La libertà pare totale, a patto che le mosse e le rune siano effettivamente numerose come Barlog dice. Atreus, dal canto suo, è modificabile come il padre, ma sembra non sarà giocabile stando alle affermazioni di Cory: "il suo sviluppo modifica tutto ciò che fa, sia di sua iniziativa che a causa degli ordini del giocatore. Quando premi il bottone lo stai dirigendo verso un nemico, ma autonomamente Atreus diviene sempre più abile e ottiene varie manovre man mano che lo si potenzia. Non ho mai voluto che ci fosse una parte con Atreus controllabile, ed è una scelta intenzionale: quando stai crescendo un ragazzo non puoi prendere il suo controllo e andare a scuola al posto suo; devi armarlo di conoscenza, ma poi deve prendere da solo le sue decisioni. È proprio l'impossibilità di controllarlo direttamente a rendere la relazione con lui più forte".

Struttura fluida

Anche la struttura del gioco è cambiata. Sempre lineare, vero, ma enormemente più legata alla narrativa rispetto al passato e più guidata durante le prime ore. Abbiamo perciò voluto sapere se, avanzando, ci fossero aree più aperte e libere rispetto alle fasi iniziali. Barlog ci ha risposto senza la benché minima preoccupazione, precisando che nei primi giochi l'esplorazione era molto limitata e correlata a delle brevi deviazioni dal corridoio principale. God of War, a quanto pare, non sarà così: i Santa Monica hanno voluto espandere quella visione di gioco lineare, rendendo sempre chiaro l'obiettivo (la montagna) ma allargando sensibilmente l'elemento esplorativo. "Ciò che si vede all'inizio è solo la punta dell'iceberg", ci ha spiegato con un sorriso sornione il director, "vieni guidato in questo mondo e gradualmente si apre sempre di più. Non diventa mai un open world; non lo è perché gli open world sembrano sempre avere una sorta di lista di cose da fare, come se fossero compiti a casa. Abbiamo solo cercato di rendere il mondo sempre più interessante, e ogni volta che ti sembrerà di capirlo, di avere il controllo, le cose si amplieranno un po' di più".

Dentro a God of War: due chiacchiere con Cory Barlog

La parte più ardua dello sviluppo non sembra però esser stato il cambiamento strutturale del titolo, bensì la decisione di eliminare completamente le transizioni dalle scene. God of War è dopotutto incredibile dal punto di vista tecnico anche per la totale assenza di caricamenti: combattimenti e scene animate si susseguono senza interruzioni, manco ci trovassimo davanti a un videogame diretto da Inàrritu. "È stato davvero difficile", ci ha detto Cory ridendo, "e quando lo ho proposto al team ho precisato di volere una battaglia contro un boss che non fosse costruita attorno alla scala del nemico, ma fosse legata alla distruzione del mondo di gioco. Inizialmente tutti si sono spaventati e rifiutati, ma dopo un po' si sono esaltati per la sfida e hanno iniziato a pensare a come farlo. In un team ci sono così tanti tecnici, professionisti, programmatori, e designer; sono tutti incredibilmente intelligenti, non appena iniziano ad assaggiare il problema aggiungono pezzi, e poi altri pezzi... ogni elemento in quella scena è fatto su misura, e tutto ha richiesto tantissimo tempo per venir completato. Una cosa del genere richiede circa un anno". E considerate che sono stati cinque gli anni di sviluppo: cinque lunghi anni in cui il team ha cercato di evolvere realmente il marchio e di renderlo la cosa più spettacolare mai vista su Playstation 4. Perché God of War ha le carte in regola per convertire anche i più scettici, e persino dal punto di vista della trama pare sia concentrato sulla mitologia nordica tanto quanto lo è sul rapporto tra Kratos e suo figlio, perché "alla base la storia dei God of War è sempre stata fortemente legata alla mitologia". Se nemmeno queste ultime affermazioni vi mettono un po' di esaltazione addosso, non sappiamo realmente più che altro scrivere.