"Le cose che mi piacevano di più di lavorare su Amiga? La principale era che potevo portare il mio cane al lavoro e farlo aveva determinato l'atmosfera dell'intero posto." Jay Miner, classe 1932, amava moltissimo Mitchy, il suo cane, cui sottoponeva tutti i suoi progetti, tanto che i suoi collaboratori affermavano scherzosamente che era lui il vero padre dell'Amiga. Mentre era lì che studiava come creare quella che inizialmente doveva essere una console, basata sul nuovo processore Motorola 68000, teneva il suo animaletto sulle gambe, coccolandolo di tanto in tanto. Immaginate un omone di cinquant'anni innamoratissimo del suo animale domestico, che si portava dietro dai tempi in cui lavorava in Atari, tanto da avergli fatto avere un badge con foto tessera da apporre al collare.
Una lavorazione travagliata
Del resto, il percorso che portò al lancio dell'Amiga fu lungo e pieno di stranezze, proprio quelle che ci si aspetterebbe da un'epoca in cui una compagnia colossale come Atari era conosciuta tanto per i suoi prodotti, quanto per i suoi festini. In realtà, l'era Bushnell era precedente di qualche anno a quella Amiga, ma a studiare quei tempi è facile scoprire che c'era un filo nemmeno troppo sottile che legava eventi e compagnie, nonostante l'apparente caoticità.
Raccontare l'intera storia dell'Amiga, che il 23 luglio 2025 ha compiuto 40 anni, è un affare complicato. Nondimeno potrebbe venirne fuori un film comico eccezionale, non priva di momenti drammatici. Liofilizzando il tutto, Miner, che aveva lavorato agli Atari 400 e 800, era insoddisfatto della mancanza di coraggio della compagnia di Pong, che non voleva fargli realizzare l'hardware dei suoi sogni per via dei costi eccessivi dei processori 68000. Avrebbe lanciato sul mercato una console più potente di tutte le altre.
Quindi se ne andò e fondò una nuova compagnia con Larry Kaplan, altro storico nome di Atari. Il primo passo fu quello di cercare dei finanziamenti esterni. I primi che accettarono di aprire il portafoglio, furono dei dentisti, che volevano investire in videogiochi. L'alternativa erano dei gelati, ma volete mettere? Non ne capivano assolutamente nulla del settore, ma all'epoca (siamo nel 1982) tutti parlavano di videogiochi, i videogiochi erano ovunque, chiunque faceva videogiochi, quindi perché loro no? Il nome Amiga ancora non esisteva, ma esisteva Hi-Toro, nome voluto da Kaplan, l'altro fondatore della compagnia, che però lasciò di lì a breve per dedicarsi ad altre imprese.
Il nome Amiga
Messo Miner al comando delle operazioni, tra le prime decisioni prese dai superstiti ci fu il cambio del nome. Hi-Toro somigliava troppo a quello di un'azienda giapponese che produceva tagliaerba. Quale scegliere? Il criterio adottato per la selezione fu abbastanza semplice, in realtà: doveva essere una parola che apparisse in ordine alfabetico prima di Apple e Atari. Si optò per la parola spagnola Amigo, che divenne Amiga (Corporation) perché era più sexy (no, davvero, andò proprio così).
Amiga lavorava su due fronti: uno software, sviluppando giochi per altri sistemi, e uno hardware, producendo periferiche da gioco (mai sentito parlare del Joyboard?) e prototipi. Tra questi ultimi c'era Lorraine, la famosa console con il chip Motorola sognata da Miner, una macchina che poteva arrivare a produrre immagini con un massimo di 4096 colori e con un output video che poteva spingersi fino alla risoluzione di 640x480. Una potenza eccezionale per un hardware casalingo, che Miner e i suoi progettarono intorno a più processori per gestirne i vari aspetti. Il nome di lavorazione, Lorraine, era quello della moglie di Dave Morse, presidente e AD della compagnia. All'epoca era tradizione chiamare i prototipi con i nomi di mogli, amanti, amate o fidanzate. Ma non mancavano scelte più estemporanee. Ad esempio i chip interni di Amiga avevano nomi di lavorazione che richiamavano alla loro funzione: Portia era il chip delle porte I/O, Daphne quello dell'adattatore video e Agnus quello della MMU (Memory Management Unit).
Lorraine non era facile da domare, come spiegato più volte dall'ingegnere R.J. Mical, uno dei maggiori artefici del sistema. Miner, insieme ad altri due ingegneri, Dave Needle e Joe Decuir, impiegarono circa due anni per progettare i chip personalizzati della macchina. Nel frattempo il progetto era stato modificato in corsa: l'Atari Crash, conosciuta anche come la grande crisi dell'industria dei videogiochi USA, in particolare in ambito console, aveva colpito duro e quella roba non la voleva più nessuno nei negozi. In realtà la domanda di videogiochi era rimasta costante, ma era stata soffocata dalla troppa spazzatura lanciata sul mercato, che aveva portato a un eccesso di offerta, impossibile da smaltire. Lorraine se la cavò abbastanza bene, visto che era stata progettata con in testa una visione ibrida, guardando cioè anche al mondo dei computer, in particolare al Commodore 64, un sistema a 8-bit di enorme successo in quasi tutto il mondo.
Joe Pillow colpisce duro
Amiga divenne quindi un computer che, stando a quanto raccontato da Mical in più occasioni, doveva essere accessibile a chiunque per filosofia, nonostante alcune scelte successive ne cambiarono il focus commerciale. Miner e i suoi ottennero anche l'approvazione dei dentisti, intimoriti dal crollo. Non c'era più bisogno di guardare al mondo console, quindi. Per Amiga fu una vera e propria liberazione, vista la direzione già presa dal progetto.
Ce ne sarebbero molte altre da raccontare, tra programmatori che furono costretti a lavorare su degli emulatori, perché l'hardware di Amiga sarebbe stato pronto solo nel 1983 inoltrato, l'implementazione del Guru Meditation come errore di sistema, nato dalla passione di alcuni programmatori per il gioco omonimo, nonché di come il programmatore Carl Sassenrath trasformò Amiga in un computer multitasking, anticipando i sistemi operativi di Apple e Microsoft di parecchi anni, anche nella facilità di utilizzo.
Aneddoti a parte, è molto più rilevante il fatto che nel 1983 inoltrato, Amiga stava per fallire. I soldi dei dentisti erano finiti. L'unica soluzione praticabile fu quella di andare da Atari e strappare un accordo: 500.000 dollari per completare il sistema, che sarebbe diventato l'Atari 1850XLD. Poi arrivò il CES del 4 gennaio 1984, dove nacque la leggenda di Joe Pillow e il destino di Amiga cambiò ancora. Non che Joe Pillow c'entrasse qualcosa. Era semplicemente un nome fittizio usato per chiamare il computer che Mical e il programmatore Dale Luck stavano portando in fiera. Fu inventato per registrarlo sull'aereo che li avrebbe condotti a destinazione (le compagnie richiedevano che tutti i passeggeri avessero un nome, anche quelli dentro delle scatole).
Comunque sia, al CES Lorraine stupì davvero tutti. Era il computer di quella fascia più potente sul mercato, superiore a quelli di Apple, Atari, IBM e Commodore. Luck e Mical programmarono senza sosta per creare una demo che mostrasse le potenzialità dell'hardware. Nacque la Boing Demo: una palla a scacchi poligonale che divenne iconica del sistema e non solo, destando una sensazione enorme in tutti i visitatori e negli operatori del settore, nonostante l'aspetto dell'hardware in sé fosse ancora molto rozzo (non era quello definitivo, chiaramente).
Reazioni positive
Le reazioni avute al CES avevano soddisfatto e galvanizzato l'intera squadra. Anche l'invio di comunicati nei giorni seguenti ebbe delle ottime risposte da parte della giovane stampa di settore, che era interessatissima a saperne di più su quel computer portentoso. L'unico problema è che nessuno si fece avanti con delle offerte, nonostante fosse stato garantito che il computer finale sarebbe arrivato sul mercato costando meno di 1.000 dollari. Un prezzo eccellente per quelle caratteristiche. Così, nel 1984 i soldi finirono di nuovo.
Qui arrivò Commodore, che finora abbiamo citato soltanto di striscio. Ma prima c'è un altro personaggio di cui parlare (a questa storia serviva un cattivo, in fondo): il vulcanico, quanto irascibile Jack Tramiel, all'epoca a capo di Atari, era alla ricerca di un sistema che potesse distruggere il Commodore 64. Fondamentalmente ce l'aveva a morte con la compagnia che aveva fondato e che aveva cacciato lui e la sua famiglia. Commodore di suo veniva da una serie di insuccessi che avevano minato i suoi affari. I soldi c'erano ancora, proprio grazie al computer a 8-bit, ma non si era ancora trovato un successore alla sua altezza.
Tramiel visitò Amiga e iniziò a contrattare per acquisire il chipset. Inizialmente non ne voleva sapere niente. Chi ha avuto a che fare con lui lo racconta come un uomo d'affari spietato, che studiava le sue prede e modulava le sue offerte cercando sempre di ottenere il massimo vantaggio possibile. Con Amiga fece lo stesso, peggiorando l'offerta di incontro in incontro, cercando di capire dove poteva arrivare prima di spezzare la corda. Aveva compreso perfettamente che per la compagnia di Miner la situazione era disperata e non esitò ad approfittarne. Il contratto con cui Atari aveva accettato di dare i 500.000 dollari, che avevano permesso ad Amiga di sopravvivere, prevedeva delle clausole capestro che rischiavano di far saltare in aria tutto: non ripagare il debito entro un certo periodo, avrebbe fruttato ad Atari la sua intera tecnologia.
Niente rimase intentato: Lorraine fu presentata a Sony, HP, Philips, Apple e ad altre compagnie. Steve Jobs in particolare criticò il sistema perché conteneva "troppo hardware". A salvare la situazione fu, infine, la Commodore, sulla spinta di Red Taylor, che aveva capito le potenzialità del nuovo computer. Le trattative accelerarono, anche in virtù dell'opportunità di fare lo sgambetto a Tramiel. Commodore inviò una squadra a validare Lorraine il più velocemente possibile, prima che Tramiel prendesse possesso della tecnologia. I negoziati furono intensi, ma alla fine Commodore diede ad Amiga i soldi per ripagare Atari.
Una vera e propria telenovela
Ma non finisce qui, perché la telenovela Amiga ha ancora un grosso colpo di scena. Tramiel diventa il padrone di Atari, riuscendo a strappare alla proprietà precedente, Warner, un accordo vantaggiosissimo per le sue tasche. Conoscendolo da ex capo e non pensando che uno come lui avrebbe mai potuto fallire, molti ingegneri di Commodore andarono in Atari per tornare a lavorare sotto la sua direzione.
Commodore, che all'epoca era in una posizione dominante, si ritrovò improvvisamente con un buco da decine di ingegneri. Fu lì che venne presa la decisione di acquisire per intero Amiga Corporation per 24 milioni di dollari. Narra la leggenda che il tutto nacque anche dalla volontà di Commodore di fare un dispetto a Tramiel stesso. L'annuncio dell'acquisizione arrivò il 15 agosto 1984. Ne furono tutti entusiasti, anche i dentisti, che videro finalmente fruttare il loro investimento. Miner, di suo, pretese una sola clausola sul contratto: che Mitchy diventasse un membro ufficiale della squadra della nuova divisione "Commodore Amiga".
In tutto questo pensate che Tramiel sia rimasto a guardare? Macché. Schiumante di rabbia, fece causa a Commodore e strappò un qualche tipo di accordo, che non è mai stato reso pubblico. Atari aveva il suo computer. Commodore aveva il suo.
Il debutto
Con i soldi di Commodore, davvero tanti, nonostante il fallimento del Plus/4, Miner e i suoi poterono concepire un prodotto più rifinito, stabilendo un target di mercato più definito. L'obiettivo iniziale era quello di lanciare il nuovo computer a fine 1985, ma le voci sull'arrivo di Atari ST, il computer a 16-bit di Atari, fecero premere sull'acceleratore e si arrivò a un lancio estivo.
Dalla presa di Commodore alla presentazione al mondo, avvenuta il 23 luglio 1985, il progetto Amiga subì diversi ripensamenti, anche se ormai il grosso della sua struttura era ben definito. Personal Computer o macchina da ufficio? Hardware di fascia alta o bassa? Queste furono alcune delle domande le cui risposte imposero un grosso lavoro dietro le quinte. Comunque sia, alla festa di presentazione, organizzata al Lincoln Center di New York, arrivò un prodotto definito e affascinante, che quando fu mostrato ai presenti, lasciò letteralmente di stucco per le sue capacità.
In particolare l'interfaccia grafica e le funzioni multitasking sbalordirono un po' tutti. Tornò anche la Boing Demo, che apparve in tutta la sua meraviglia, soprattutto perché fatta girare insieme a un altro programma. Commodore non badò a spese per l'occasione, reclutando i musicisti Roger Powell della Cherry Lane Technologies e Mike Boom della Everywhere Incorporated per mostrare la potenza del chip sonoro Paula.
Per mostrare le potenzialità grafiche di Amiga fu coinvolto addirittura l'artista Andy Warhol, uno dei padri della Pop-Art, che fu strumentale anche nel far capire quanto l'utilizzo di quel piccolo prodigio tecnologico fosse più semplice rispetto ad altri computer. Proprio la presenza di Wharol fu un grosso rischio per la presentazione, perché l'artista non sapeva niente di computer e informatica, ma il supporto datogli da Commodore e un po' di fortuna fecero andare tutto liscio come l'olio.
In realtà l'Amiga 1000 non arrivò nei negozi quel giorno, ma nei mesi successivi. Inoltre il primo anno faticò moltissimo. L'idea di venderlo come computer professionale si rivelò fallimentare, così come le varie strategie attuate da Commodore per farlo attecchire, come ad esempio quella di rimuovere il suo nome e il suo logo, legati a computer casalinghi di fascia bassa come il Vic 20 o il Commodore 64. A peggiorare la situazione ci si mise anche la versione 1.0 del sistema operativo, instabile e piena di bug, con i software integrati che andavano spesso in crash. La quasi disfatta si trasformò in successo con l'Amiga 500, il nuovo modello economico uscito nel 1987, che cambiò completamente la prospettiva di Amiga: competere nello stesso mercato del Commodore 64. La nuova versione aveva un sistema operativo aggiornato e più stabile e un prezzo di accesso decisamente più competitivo. Si diffuse nelle case, invece che negli uffici, e Amiga divenne un computer per i videogiochi, oltre che per i professionisti (si diffuse in particolare nel mondo dell'intrattenimento, per le sue qualità grafiche). Poco male, visto che Commodore aveva finalmente trovato la quadra, ossia un prodotto che potesse succedere al suo computer a 8-bit, che non era riuscito ad aggiornare in termini di vendibilità (il Commodore 128 fu un grosso flop). Ma questa, come si suol dire, è un'altra storia.