L'annuncio di Astro Bot ha riacceso una triste discussione che è ciclicamente riemersa nel corso dell'ultima decade: ogni volta che Sony Interactive Entertainment presenta al pubblico delle produzioni che si discostano dalla formula della grande avventura narrativa - quella che incidentalmente l'ha trainata al successo durante l'ottava generazione di console - capita che queste vengano percepite come qualcosa di "più piccolo", progetti in un certo senso inadatti a caricarsi sulle spalle il peso del marchio. Il prossimo videogioco del Team Asobi, dal canto suo, mira proprio a scardinare questo preconcetto.
Fin dalla pubblicazione della prima avventura di Astro Bot lo studio ha lavorato con un tarlo fisso nella mente: guadagnarsi un posto sul palcoscenico principale per mettere in scena un grande platform capace di rivaleggiare con alcune delle più storiche esperienze PlayStation. Ora, grazie all'ottima accoglienza di Astro's Playroom, quel momento è finalmente arrivato: in occasione dei Play Days abbiamo intervistato Nicolas Doucet, il leader del Team Asobi, che ci ha raccontato la storia, le ambizioni e le caratteristiche dell'imminente Astro Bot.
Ritorno al futuro
Partiamo da una constatazione: giochi come Astro Bot non sono quello che il moderno pubblico di PlayStation considera i "grandi videogiochi PlayStation". Spesso sono visti come qualcosa di più piccolo. Tu che ne pensi?
Per quel che concerne la nostra ambizione... sapete, PlayStation nel corso degli anni si è dotata di molti studi che creano straordinari videogiochi drammatici, e alcuni di quegli studi fra l'altro hanno trascorso lunghi periodi in cui realizzavano videogiochi simili ad Astro Bot. Diciamo che nel corso degli anni si sono evoluti in un certo modo, rispondendo anche ai gusti del pubblico, e io ritengo che sia tanto naturale quanto importante che nuovi team entrino in scena per colmare quel vuoto, realizzando videogiochi che non abbiano distinzioni di pubblico e di età.
A noi di Asobi questa deriva sta molto a cuore, siamo basati in Giappone, ci troviamo proprio accanto al team hardware... non so se l'avete percepito provando Astro Bot, probabilmente sì, ma dal gioco traspare una sorta di sensazione di "Made in Japan", spero si sia sentita perché lo vedo come un cerchio che si chiude. In termini di riconoscimento invece la storia è differente: si tratta di un prodotto diverso dagli altri, i riconoscimenti arrivano in termini di giocabilità, di fascino... realizzare questi titoli è una sfida diversa, ma sono complementari al resto dell'offerta. Sì, magari sono percepiti come giochi che un appassionato potrebbe vivere in mezzo a due super progetti, al fine di rilassarsi e provare qualcosa di diverso, e anche solo quest'idea costituisce una sfida.
Tuttavia Astro Bot si presenta come un gioco molto grande....
Indubbiamente, è un grande gioco, ci sono sei mondi principali, ci sono un sacco di contenuti in ciascuno dei mondi, provandolo avete avuto un piccolo spaccato dell'esperienza (prende in mano il controller e inizia a navigare nel gioco): si trattava di un paio di livelli che consideriamo di dimensioni normali, quindi piuttosto grossi, poi avete affrontato due sfide, e infine un ultimo livello più piccolo dedicato al boss. In ogni caso sì, è un videogioco molto grande, anzi, a dire il vero è il più grande che Team Asobi abbia mai realizzato.
Quando avete iniziato? Appena avete finito Astro's Playroom?
Sì. Il modo in cui abbiamo realizzato Astro's Playroom... diciamo che il nostro obiettivo, la nostra speranza, era quella di mostrare Astro a quante più persone possibile. Eravamo convinti che se avessimo potuto dimostrare di poter realizzare un platform di grande qualità, un titolo che poteva reggersi da solo sulle proprie gambe, allora il passo successivo sarebbe stato quello di portarlo su un grande palcoscenico. La verità è che questo è sempre stato il nostro piano, fin dagli esordi di Astro, poi naturalmente la risposta che abbiamo ottenuto da Astro's Playroom si è rivelata un fattore decisivo - perché è stata davvero positiva - convincendo tutti che questo fosse un sentiero percorribile.
Perché pensi che in giro non si trovino più tanti giochi di questo tipo?
Penso che la causa principale sia generazionale, sai, sono trascorsi trent'anni da allora e a invecchiare non sono stati solo i videogiocatori, ma anche gli studi di sviluppo e i videogiochi. Credo che da una parte sia il naturale corso degli eventi, ma guardando al nostro team siamo sempre rimasti nel medesimo spazio, realizzando titoli semplici da prendere in mano, facili da condividere, divertenti da giocare e al tempo stesso divertenti da guardare. Lo abbiamo sempre fatto e continueremo a farlo.
Un grande gioco?
Fino a dove abbiamo potuto giocare, ogni singolo livello era dotato di un power-up e di una meccanica unica. Davvero avete strutturato in questo modo l'intera avventura?
Allora, abbiamo inserito diversi power-up per aumentare la varietà, ma diciamo che non ce n'è proprio uno per ogni livello. Prendiamo per esempio il booster (il cane volante) o i guanti (lo scontro con Octopus): quelli li riutilizziamo tipicamente all'interno di due livelli, magari due livelli e un boss oppure una sfida. Diciamo che questo è il massimo possibile, tendiamo a non sfruttarli più di così. Dunque dividendo per il numero di mondi che abbiamo credo che in totale ce ne siano... una quindicina circa, nella demo e nei video promozionali se ne sono visti quattro. Il fatto, tuttavia, è che i power-up non sono l'unica particolarità dei livelli: ci sono parecchie meccaniche uniche che si trovano in giro per i mondi, quindi è una combinazione di fattori pensati per aumentare la varietà.
Quindi tra power up e meccaniche one shot, ci vuoi parlare di come avete lavorato sull'unicità dei livelli? A volte sembrano quasi giochi diversi!
Abbiamo realizzato davvero tanti livelli unici: quando creiamo uno di questi pianeti, vogliamo che il tema stesso del mondo risulti unico. Per esempio avrete visto il casinò? Beh, voi l'avete visto nella mappa nel mondo ma il pubblico l'avrà notato nel trailer. Ecco, quello secondo me rappresenta un bell'esempio di unicità. Ma c'è un'altra cosa che ci tengo ad aggiungere e riguarda i power-up di cui abbiamo parlato prima: dato che potrebbero ripetersi, il modo in cui si utilizzano in ciascun livello deve essere sempre diverso. Se è la seconda volta che t'imbatti in un power-up magari potrai utilizzarlo ancora in modo familiare, ma dovrai anche fare qualcosa di totalmente nuovo. In termini di design, sono convinto che ci possa essere un po' di sana sovrapposizione, ma non deve mai diventare ripetizione. Credo che questo sia il più grande punto di forza di Astro Bot: il modo in cui riesce a rinnovarsi costantemente. Preferiamo realizzare un titolo più piccolo ma di qualità maggiore rispetto a un'esperienza che si trascina per più di venti ore in maniera ripetitiva. Questa è la nostra filosofia.
Cosa ne pensi dell'idea diffusa che questi titoli siano progetti minori, magari più semplici da realizzare?
Beh, che no, non lo sono. Si tratta di un tipo diverso di sfida, è qualcosa che ho sempre vissuto nella mia carriera, fin dal periodo prima di PlayStation quando ancora lavoravo su LEGO, e sono ben consapevole che alcune persone tendono a pensare che i giochi "per tutti" siano necessariamente più facili da creare. Ma quando si fissa l'asticella della qualità tanto in alto non c'è differenza con le produzioni maggiori: pensa per esempio ai film della Pixar, sono immensamente difficili da realizzare sul piano tecnico, e non solo su quello. Ciò che accade è che si tende ad associare alla semplicità d'uso anche la semplicità nella creazione, e non è assolutamente così. Vi svelo un segreto: serve tantissimo lavoro per far sembrare semplice qualcosa. Un esempio che posso fare di Astro Bot è che si può giocare solamente utilizzando un paio di pulsanti e il joystick, senza nessuna necessità di usare la telecamera, e questa è una cosa che richiede tantissimo lavoro extra.
Faccio un altro esempio riguardo l'accessibilità di Astro's Playroom: l'intera avventura si può completare senza utilizzare la meccanica di hover, solo con i normali input dei salti. In effetti credo che ci sia solo un salto che sia difficile da fare nell'intera esperienza, comunque si tratta di un faccenda molto complessa, una giocabilità di questo tipo richiede tantissimo lavoro dietro le quinte. Si può pensare che sia lavoro superfluo, ma magari ci sono giocatori giovanissimi, anche di cinque anni, che non capiscono il concetto del doppio tocco sul pulsante, e devono comunque essere in grado di divertirsi e completarlo.
Collezionismo
La prima volta che abbiamo visto il trailer, abbiamo immaginato che ci sarebbero stati livelli basati su mondi PlayStation. Ora sappiamo che sono presenti grazie alla comparsa Kratos e Atreus: è questa l'idea alla base di Astro Bot?
Questa è una domanda che ci siamo posti spessissimo all'interno del team. Quando vuoi creare una IP valida, qualcosa di autosufficiente, dovresti essere in grado di farlo "da solo", voglio dire, distaccandoti da tutto il resto. Questa è diventata la nostra regola più importante: qualsiasi cosa facessimo, era essenziale che l'identità di Astro fosse largamente presente e preponderante nel gioco. Tuttavia... beh, solo perché abbiamo preso quella scelta non significava che non avremmo potuto proseguire con le citazioni. Sapete, è troppo bello per non farlo, c'è troppo potenziale per non aggiungere alla formula uno strato dedicato a PlayStation.
Avremmo potuto tranquillamente fare un gioco senza quello strato, ma da giocatore, da collezionista e da fan PlayStation, penso che sarei stato deluso se Astro Bot non avesse avuto in qualche forma quella piccola componente extra. Quindi ci siamo detti di non compromettere Astro, di mantenere Astro il nucleo dell'esperienza e di aggiungere tante innovazioni e nuovi tocchi personali, per poi solo in seguito celebrare la storia di PlayStation. Con Playroom ci eravamo dedicati agli hardware, questa volta tocca alle IP e i personaggi. Solo per quel che riguarda i personaggi ce ne sono più di 150.
Ma quindi dobbiamo aspettarci anche in Astro Bot un apparato di collezionismo come quello di Astro's Playroom?
Si beh, è presente, ma è completamente diverso. Ai giocatori PlayStation piace collezionare cose, come i trofei ad esempio. Avrete notato che ogni volta che i bot vengono salvati volano nel mondo al centro delle costellazioni... diciamo che in quel luogo succederanno molte cose. C'è una PlayStation 5 un po' diversa dal solito, nel trailer si vede che è un po' distrutta. Non voglio fare spoiler, ma diciamo che la storia sarà basata sulla Mothership PlayStation 5: succede qualcosa di brutto e i giocatori dovranno ripararla. La riparazione della Mothership è una specie di meta-gioco, inoltre bisogna riunire l'equipaggio.
Cosa succede raccogliendo tutto nel gioco? C'è una ricompensa concreta? Non ti stiamo chiedendo di fare uno spoiler, solo di dirci se accade qualcosa...
Ci siamo posti la stessa domanda ed è sempre difficile trovare una risposta: se si raccoglie tutto e si ottiene qualcosa ci si aspetta sempre di più, diventa una sorta di caccia senza fine... ma tutto questo per dire che sì, raccogliendo tutto si ottiene qualcosa alla fine del gioco ed è anch'essa basata sull'universo PlayStation. Collezionando tutto abbiamo pensato a una cosa che sia un grande tributo a tutta questa storia, questo è tutto quello che posso dire. Per quanto riguarda i Bot sono 300, circa 7 per ogni livello ma il numero è variabile perché ci sono sfide, boss, livelli minori, eccetera.
Sfide
Quattro anni dopo, Astro Bot rimane ancora l'esperienza più convincente sul fronte dello sfruttamento del DualSense. Avete parlato con gli altri studi, e c'è stato un qualche tipo di utilizzo che ti ha colpito?
Abbiamo condiviso il nostro lavoro con gli altri studi di Sony, ma credo che alla fine della giornata ogni titolo abbia delle esigenze diverse. Una cosa che noi facciamo molto per esempio è sfruttare l'altoparlante integrato nel DualSense, ma come fai a integrare qualcosa del genere in esperienze d'azione? O in altri tipi di mondi? Penso che ogni gioco abbia esigenze diverse. Un buon feedback aptico si ottiene grazie alle illusioni di una trinità: ciò che si vede sullo schermo, ciò che si percepisce dal DualSense e ciò che si sente dallo schermo e dal controller.
Noi cerchiamo di rimanere sempre fedeli a questa formula per inseguire il livello di dettaglio a cui aneliamo, ma non ha senso imporre ad altri team di farlo, anche perché è soggettivo, i gusti variano, tuttavia abbiamo un canale interno che porta grandi benefici per tutti. L'utilizzo che più mi ha colpito è quello di Returnal di Housemarque, in particolare la pioggia, dato che so quanto è difficile interpretarla e noi in Astro's Playroom l'abbiamo fatto sfruttando un ombrello.
Abbiamo parlato di accessibilità e di facilità d'uso, ma di Astro's Playroom si fanno già da tempo delle speedrun. Prendete in considerazione anche i giocatori più esperti quando sviluppate?
Esattamente come dicevo prima nell'ottica della facilità d'uso, di cose di questo genere ce ne sono tantissime, ma non si vedono, sono invisibili, ed è proprio questo il bello. (Prende il controller e inizia ad affrontare i difficili livelli sfida). Vedete, si può giocare in questa maniera, fare dei salti estesi, superare sezioni risparmiando tempo. Anche i livelli sfida si possono completare in uno stato di flusso, senza mai fermarsi, c'è una sorta di "percorso di flusso perfetto" che è possibile individuare. Poi magari qualcuno riuscirà a rompere anche questa nostra previsione, ma è qualcosa di fantastico, l'approccio al gioco diventa una sorta di competizione emergente. Però ripeto che è proprio il bello di queste esperienze: le meccaniche sono semplici, ma si può fare di tutto, e chiunque può fare di tutto.