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Console portatili innovative che... hanno fatto flop!

Console portatili dalla forte carica innovativa che, per un motivo o per l'altro, non ce l'hanno fatta

SPECIALE di Claudio Camboni   —   06/05/2020

Non ci sono solo le console tradizionali a riservare tante storie e sorprese attraverso le generazioni hardware, ma dobbiamo necessariamente parlare anche di quelle portatili, "sorelle" minori ma altrettanto importanti nel mercato e sopratutto nel cuore di tanti appassionati. Attraverso queste macchine sono stati fatti esperimenti sensazionali, innovazioni tecnologicamente all'avanguardia per i tempi che correvano e innumerevoli tentativi di aggirare le limitazioni tecniche dell'epoca. Il fatto stesso di essere piccole e tascabili è da sempre considerata una limitazione alla costruzione di un hardware che sia una perfetta sintesi tra potenza, versatilità e contenimento dello spazio. Per far tornare questa equazione, durante le ere videoludiche sono stati progettati hardware sensazionali che però, per un motivo o un altro, non hanno sempre sfondato nel cosiddetto "mass market", oppure semplicemente hanno perso la console war contro avversari decisamente più arretrati. Scopriamo quali sono le nostre cinque console portatili che hanno fatto flop preferite di sempre!

Virtual Boy

Fin troppo facile citare il mitologico Virtual Boy di Nintendo, da sempre sinonimo di insuccesso commerciale. Questo è il perfetto esempio di come una macchina provi a proporre qualcosa di nuovo e di innovativo ma non incontri necessariamente i favori del grande pubblico, per un motivo o un altro. In questo caso l'insuccesso fu dovuto principalmente alla scarsa portabilità del congegno che non consentiva un gioco agile e pratico ma doveva essere appoggiato su una superficie piana come un tavolo. Sugli scaffali dei negozi dall'estate del 1995, è uscito di produzione quasi immediatamente, un anno dopo, consacrandosi all'altare delle console più rare e costose di oggi a causa della sua bassissima diffusione dell'epoca.

La caratteristica più incredibile del Virtual Boy era quella di sfruttare la stereoscopia per produrre videogiochi tridimensionali, anche se non a colori. La console fu progettata dal guru di Nintendo dell'epoca Gunpei Yokoi, inventore del ben più famoso GameBoy. La casa nipponica non è solita a far "girare" il proprio personale e tende per politica a mantenere le stesse persone nello staff, ad oltranza, fino alla pensione. Ebbene l'insuccesso fu tale che Yokoi fu messo praticamente alla porta e lasciò la compagnia per approdare in Bandai dove creò il WonderSwan. Il povero Gunpei Yokoi morì nel 1997 in un incidente d'auto.

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PC Engine GT

Chiamato TurboExpress in occidente, il meraviglioso PC Engine GT fu una console portatile prodotta da NEC nel lontano 1990. Come il nome stesso suggeriva, si trattava di una macchina estremamente performante e veloce, molto più della concorrenza dell'epoca come GameBoy e SEGA Game Gear. Sostanzialmente il suo hardware era rappresentato da un PC Engine in miniatura, e infatti riproduceva gli stessi giochi sulle stesse cartucce (magiche, diremmo) HuCard, rendendo di fatto i giochi PC Engine giocabili sia a casa che fuori casa come un lontano parente di Nintendo Switch.

Esattamente come il fratellone maggiore aveva un processore a 8bit ma coadiuvato da un altro a 16bit, consentendo su uno schermo grande come quello di un GameBoy di visualizzare la bellezza di 64 sprite in contemporanea. Vari fattori ne decretarono però il relativo insuccesso commerciale. Prima di tutto il prezzo altissimo, partendo da ben 299 dollari negli USA. Dopodiché la scarsa autonomia che permetteva appena tre, quattro ore di gioco usando normali pile stilo. "Il piccolo mostro", così venne soprannominato sulle riviste di settore dell'epoca, non ebbe quindi il successo che avrebbe meritato.

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Sony PS Vita

E' difficile, nel mondo delle console portatili, citare casi di grandi successi commerciali quando praticamente dagli albori la scena è dominata da Nintendo e tutte le sue varie incarnazioni di GameBoy, DS e 3DS. Sony riuscì però a insidiarne il monopolio per un breve periodo con la sua ottima Playstation Portable, altrimenti nota come PSP, che riuscì a piazzare sul mercato ben 80 milioni di pezzi. Sicuramente un successo commerciale per un outsider al primo tentativo. Erano riposte grandi attenzioni e fiducia nel suo diretto successore, chiamato in codice appunto "Next Generation Portable" e poi rinominato PS Vita.

I presupposti per fare meglio c'erano tutti: innanzitutto una potenza inaudita per una macchina così piccola grazie a un quadcore Power VR e processore ARM Cortex A9 (utilizzati anche da Apple e Samsung). In secondo luogo la connettività che rendeva la console sempre online grazie all'uso di Wi-Fi e 3G. Erano state anche implementate enormemente le funzionalità multimediali con app specifiche per video, musica, foto e social network. Nonostante tutti gli sforzi, Sony abbandonò PS Vita a inizio del 2019 con una console ormai moribonda e senza giochi, con "appena" 18 milioni di pezzi venduti.

Atari Lynx

Nell'Olimpo dei flop commerciali c'è posto veramente per chiunque, dopo NEC, Sony e la stessa Nintendo che il mercato dei portatili l'ha comunque sempre dominato, anche Atari ha avuto l'onore di combatterne lo strapotere che perdura ormai da generazioni. Atari comprò il progetto Lynx da un'azienda del settore videoludico di nome Epyx, all'epoca famosa per titoli come California Games, Winter Games e Impossible Mission. Il progetto originale venne rivisto e corretto in più punti anche con l'aiuto di personaggi come Robert Mical, già progettista di Amiga, dalla quale per l'appunto si basava il linguaggio macchina Atari Lynx.

Esattamente come il Game Gear di SEGA, Lynx era molto più grande del concorrente GameBoy (anzi, a dirla tutta buona parte dello chassis della macchina era stato progettato volutamente vuoto, per dare un senso di robustezza alla macchina), e funzionava con 6 pile stilo normalissime che gli davano una autonomia veramente bassa, pochissime ore senza corrente elettrica. Tecnicamente superiore alla concorrenza e con idee innovative come l'impugnatura universale adatta anche ai mancini, Atari tirò su bandiera bianca dopo pochi anni vendendo solo mezzo milione di pezzi.

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WonderSwan

Del magico WonderSwan avevamo già accennato in precedenza, raccontando come questi abbia rappresentato il "testamento" di Gunpei Yokoi, inventore del GameBoy e storica figura Nintendo. Fu una console pensata esclusivamente per il mercato nipponico ed ebbe anche delle belle esclusive apprezzate da fan e grande pubblico, come ad esempio giochi di One Piece, Gundam, Final Fantasy, Macross, Evangelion e tanti altri brand famosissimi nella terra del Sol Levante. Il produttore Bandai non fece gli errori dei predecessori: creò una console piccolissima e con una ottima autonomia paragonabile a GameBoy, con una sola pila poteva superare tranquillamente le 30 ore di gioco. Il processore a 16bit, inoltre, gli assicurava una supremazia hardware vantaggiosa e affascinante. Un altro suo aspetto innovativo fu sicuramente lo schermo che poteva essere impugnato sia per orizzontale che in verticale, a seconda del gioco o del livello affrontato. Dopo appena 3 anni e altrettante revisioni hardware che contemplavano schermo a colori e display TFT, anche Bandai si arrese a Nintendo totalizzando poco più di un milione di pezzi.

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