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Console rivoluzionarie che... hanno fatto flop

Hardware dalla forte carica innovativa che, per un motivo o per l'altro, non ce l'hanno fatta

SPECIALE di Claudio Camboni   —   25/04/2020

La storia dei videogiochi è costellata di grandi successi di mercato e altrettanti clamorosi flop. Molto spesso invece le vendite di alcune console sono andate al di sotto delle aspettative e non sono riuscite a diffondersi capillarmente tra appassionati e semplici utenti, diventando esempi di concept e innovazione vincente ma senza diventare prodotti di massa. Sovente il mercato videoludico è stato dominato da apparecchi che hanno apportato ben poco all'innovazione del genere e che, guardando al freddo lato tecnico, si dimostravano decisamente inferiori alla concorrenza. Parliamo infatti di prodotti che veicolano storie, personaggi, emozioni prima ancora di bit, velocità o potenza del processore. É altrettanto curioso, però, andare a ripercorrere una breve parte di questa storia per capire come e quando alcuni storici produttori, nonostante lo sforzo infuso nello sviluppo delle loro creature, hanno fatto un clamoroso buco nell'acqua.

Nintendo 64

Partiamo nel racconto da una console storica. Probabilmente e secondo molti, una delle migliori di sempre per svariati motivi. Nintendo 64 introduceva nel mercato una serie di novità pazzesche che la rendevano di gran lunga la macchina più potente e versatile. Il marketing dell'epoca ruotava intorno al concetto di potenza: i suoi 64bit si vedevano tutti e sono stati utili a introdurre nel mondo dei videogiochi scenari e mondi mai visti fino a quel momento. Parliamo ovviamente di Mario 64 e Zelda: Ocarina of Time ma anche di altre decine di giochi incredibilmente dettagliati e che rendevano la concorrenza semplicemente arretrata. Lo stesso joypad, disegnato in collaborazione con Shigeru Miyamoto e soprannominato da molti "tricorno", era un concetranto di novità e innovazioni spaventose.

Rumble Pack, porta d'espansione, tasto analogico centrale e facilmente impugnabile per i giochi 3D, il tasto Z eredità del Virtual Boy. Dentro lo chassis trovava posto il famoso processore Silicon Graphics RPC Reality e ben 4Mb di RAM. Nonostante la schiacciante supremazia tecnologica e le numerose novità apportate sul mercato, la console Nintendo a fine ciclo vita riuscì a piazzare meno della metà delle unità rispetto al concorrente diretto sul mercato, la prima PlayStation di Sony.

Atari Jaguar

Atari è stato uno dei più grandi nomi nel panorama dei videogiochi. Una icona degli anni '80 e storico produttore di indimenticabili icone. Ma è stato spesso associato anche al concetto di flop di mercato a causa di hardware fuori dal loro tempo e scelte scellerate. Una di queste fu sicuramente quella della meravigliosa console Atari Jaguar, messa a competere sullo stesso mercato di Nintendo 64, PlayStation e Sega Saturn. Addirittura tre anni prima di Nintendo si vantava (erroneamente, in realtà) di essere la prima console con architettura a 64 bit. Effettivamente la potenza, per l'epoca, c'era tutta ma il problema fu quello di avere una scarsissima softeca e una serie di bug hardware non di poco conto.

La coppia di processori a 32bit che lavoravano dentro Atari Jaguar rendevano la console un ibrido per lo sviluppo di giochi 2D e i primi titoli in real 3D, ma l'errore più grande fu probabilmente quello che spinse l'allora amministratore delegato Sam Tramiel a definire la sua console come più potente di Sega Saturn e leggermente inferiore alla prossima al lancio PlayStation. E che secondo loro la console Sony sarebbe costata non meno di 500 dollari. La storia ci insegna cosa poi sia effettivamente accaduto: Atari vendette circa 250 mila pezzi del suo povero Jaguar.

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Panasonic 3DO

A dare del filo da torcere al sopracitato Atari Jaguar, inizialmente, non fu né Sony né Sega ma una console intramontabile che ha segnato la storia di questo intrattenimento. Parliamo del 3DO prodotto da Panasonic e uscito proprio a fine 1993. La macchina nasce da una idea di Trip Hawkins, fondatore di Electronic Arts e uno dei protagonisti del boom Apple fino ai primi anni '80. 3DO venne prodotta da un consorzio di grandi "potenze" dell'epoca: basti pensare che dentro c'erano, tutte insieme, la sud-coreana LG, Sanyo, Panasonic e Creative. I presupposti per il successo, quindi, non mancavano.

Considerato il fatto che 3DO fu una delle console più potenti e versatili del tempo (veniva impiegata anche nell'ambito PC e professionale, e addirittura molti la usavano per sostituire i costosi hardware dei cabinati per avere macchine a basso costo in sala giochi), quest'ultima non riuscì mai a imporsi sul mercato nonostante alla fine del suo ciclo vitale avesse raggiunto la ragguardevole cifra di 5 milioni di pezzi venduti (venti volte più di Atari Jaguar).

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Sega Dreamcast

Come non citare il mitico, mitologico e ovviamente indimenticabile Sega Dreamcast quando si parla di flop di mercato? I presupposti per "guardare più il là" erano insiti già nel suo nome: "dream". SEGA all'epoca ci fece veramente sognare con un hardware fuori dal comune che sicuramente avrebbe meritato miglior sorte. I fan sanno benissimo che questa macchina costò al suo storico produttore l'uscita di scena dal mondo delle console, complici alcuni giochi che non raggiunsero i risultati sperati.

SEGA una cosa l'aveva azzeccata alla grande, però: creare un sistema facile da programmare, al contrario del precedente Saturn che, nonostante sulla carta fosse più performante di PlayStation, risultò molto più ostico del previsto da maneggiare. Questo non bastò però a SEGA per imporre la sua nuova creatura sul mercato. Aveva spinto molto anche sul gioco online, i suoi server dedicati, un servizio centralizzato dove connettersi a internet, browser e chat vocale. Concetti avveniristici nel lontano 1998 quando nemmeno la banda larga era molto diffusa fuori dal Giappone. Dreamcast incorporava tantissime novità e un hardware da "sogno", ma tutto questo non bastò a decretarne il fallimento commerciale.

PC Engine

Durante il ciclo vitale del favoloso Master System di SEGA e prima del lancio della nuova macchina Megadrive, usciva un piccolo grande gioiellino che ancora oggi in molti ricordano con affetto: il mitico PC Engine di NEC. Sebbene fosse un sistema a 8 bit, godeva di un co-processore grafico a 16 bit che la rendevano una console estremamente avanti per il suo tempo. L'intenzione del produttore di creare una macchina "scalare" capace di aggiornarsi e implementare nuove caratteristiche: una feature abbastanza inedita e avanti per l'epoca. Suo malgrado, proprio questa eterogeneità di modelli e hardware (non si contano le sue revisioni) fu uno dei suoi più grossi limiti e un discreto ostacolo alla piattaforma unica che gli sviluppatori di software spererebbero di avere per ottimizzare i propri prodotti.

PC Engine utilizzava già all'epoca un lettore CD Rom, permettendo a prodotti come il famoso DUO di avvantaggiarsi con soluzioni all'avanguardia addirittura per la concorrenza dei 16 bit (Super Nintendo e Megadrive): un audio di livello straordinario e animazioni da cartone animato erano per quegli anni qualcosa di inedito per il mondo delle console domestiche. Come la storia ha insegnato, però, l'avanguardia e la supremazia tecnologica non sono bastate a NEC per imporsi sul mercato e consacrare il proprio PC Engine sul podio delle console più diffuse dell'epoca.

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