Abbiamo intervistato uno degli atleti più interessanti del panorama italiano degli eSport: Daniele "Jiizuke" di Mauro, una sorta di Andrea Pirlo di League of Legends volendo trasportare con una metafora League of Legends al calcio. Originario di Mondragone, gioca negli USA sotto l'egida del team Evil Geniuses. Ripercorriamo la sua carriera, dall'inizio fino agli anni del successo.
Dai primi passi fino al professionismo
A che età hai iniziato a videogiocare e come è nata (con quale gioco) la tua passione per questo mondo?
Ho iniziato a giocare ai videogiochi per PC all'età di 9 anni, il mio primo gioco è stato Lineage 2 che considero il miglior titolo "PvP" a cui abbia mai giocato.
Quando hai effettivamente capito che quello che facevi tutti i giorni (immaginiamo con una certa intensità) poteva diventare qualcosa di più di un semplice passatempo?
Me ne sono reso conto a circa 14-15 anni, all'epoca cominciavano i primi tornei e si poteva sognare di avere una carriera da professionista.
La famiglia in questo tuo processo di avvicinamento al videogame competitivo ti ha ostacolato? Se sì, come sei riuscito a convincerla che il videogioco è "una cosa seria"?
Ho cercato per molti anni di convincerli che gli esport fossero un'opportunità reale, ma alla fine ho rinunciato. Quando ho compiuto 20 anni, me ne sono andato di casa e ho iniziato il mio viaggio per realizzare il mio sogno.
Cosa consiglieresti ai tanti ragazzi italiani che oggi, passando tante ore davanti alle console, credono che diventare "forte" sia semplice?
Penso che questo tipo di percorso non sia affatto semplice, ci vuole talento, passione, dedizione e bisogna essere pronti a sacrificare tutto ciò che si ha e molto altro per realizzarlo.
Qual è la linea di demarcazione tra videogiocatore hardcore e videogiocatore professionista?
Un hardcore gamer è semplicemente qualcuno che si diverte a giocare a qualsiasi gioco senza badare troppo al resto, mentre un giocatore professionista si concentra su un singolo gioco, migliorando sé stesso su ogni aspetto legato a questo specifico titolo.
Perché hai "scelto" LoL come videogame competitivo?
Non l'ho scelto io, è stata più una questione di timing e, in generale, di convinzione che avrei potuto diventare professionista se avessi dato il massimo.
Descrivici la vita di un videogiocatore professionista. Oltre che con l'impegno, come ci si migliora?
La vita di un giocatore professionista è abbastanza ripetitiva, caratterizzata da una routine durante la quale ci si prende cura della propria salute, fisica o mentale, e si utilizzano tutte le altre ore - anche oltre le 15 - per pensare a come essere il migliore nel proprio ruolo e come una squadra.
Quali sono stati i passaggi chiave che hanno determinato la svolta nella tua carriera?
Se la domanda è come ho fatto a diventare professionista, allora ci sono riuscito sacrificando tutto quello che avevo e non mi sono mai arreso, non importa quanto la situazione fosse difficile o quante persone fossero contro di me, mi ci sono voluti due anni dall'essere un completo sconosciuto sulla scena a qualificarmi al LEC, ma alla fine credo avessi tutto per impormi e ho messo tutti i pezzi insieme per far sì che ciò avvenisse.
Quali sono i dettagli che fanno la differenza nel videogioco competitivo? Ad esempio, quanto sono importanti le periferiche di un produttore come Razer che ha puntato tutto sul videogioco competitivo? Voi pro-gamer venite coinvolti nello sviluppo delle periferiche?
Non sono mai stato coinvolto nello sviluppo delle periferiche, ma per me questa tipologia di dispositivo ha molta importanza, soprattutto il mouse. Ho vinto il mio primo mouse in un torneo in Italia circa 10 anni fa o forse più, si trattava del Razer DeathAdder e da allora non ho mai cambiato mouse, aggiornando la versione DeathAdder solo se ne sentivo il bisogno.
A che punto sei del tuo processo di crescita e che margini di miglioramento ti senti di avere? Che farai da "grande"?
Penso di sentirmi ogni anno una versione migliorata di me stesso sia all'esterno che all'interno del gioco e il processo di crescita dipende solo da quanto si vuole migliorare e da quanto ci si apre a nuove idee. Non penso molto a quello che vorrei fare una volta finita la mia carriera di giocatore, ma credo che cercherò di rimanere nel settore degli esport.