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Days Gone, tre ore nell’apocalisse zombie di Bend Studios

Abbiamo provato per una mattinata intera Days Gone: l'esclusiva PlayStation 4 si preannuncia violentissima, piena di zombie e con qualche sorpresa.

PROVATO di Umberto Moioli   —   06/03/2019

Days Gone si porta sulle spalle un peso non indifferente: è l'esclusiva Sony più importante della prima metà dell'anno e dovrà convincere gli utenti unendo un mix di elementi di certo non inedito. Zombie e open world riportano alla mente decine di altre esperienze, da un certo punto di vista verrebbe da pensare che i rischi possano essere molto maggiori rispetto ai vantaggi in un'operazione del genere. Eppure dopo tre ore di provato possiamo dire con certezza una cosa: Bend Studios ha realizzato un prodotto ambizioso, puntando sì moltissimo sul divertimento e le meccaniche del gameplay ma senza dimenticarsi una struttura narrativa solida e capace di immergerci in un mondo post apocalittico dove non ci sono alleati ma solo pericoli e nemici da cui guardarsi. Quanto lontano potrà andare Days Gone lo sapremo solo il 26 aprile quando arriverà nei negozi, per ora ci accontentiamo delle buone sensazioni regalateci da questo incontro.

Il peso della narrazione

La nostra prova era divisa in due momenti principali: abbiamo infatti testato innanzitutto il prologo, quindi ci è stato dato modo di mettere mano ad una fase di gameplay avanzato utile a capire come si svolgerà l'azione una volta presa confidenza con il mondo di gioco. Senza voler rivelare troppo sulla trama per non rovinare la sorpresa a nessuno, l'avventura di Deacon St. John ci ha innanzitutto stupito per la mole di filmati e sequenze narrative inserite nell'avventura: le prime battute lanciata la partita ci immergono in un mondo sull'orlo della catastrofe, con i Freaker in procinto di spazzare via la civiltà così come la conoscevamo e gli affetti di Deacon impegnati con lui a mettersi in salvo.

Due anni dopo, tanto passerà da quel momento alla contemporaneità del gioco, Deacon e la sua spalla Boozer sono impegnati a cercare di sopravvivere in un contesto che nulla ha più in comune con quello a cui erano abituati: i Freaker sono ovunque, da soli oppure raggruppati in temibili orde, e i pochi umani rimasti in vita vivono in accampamenti costruiti per difendersi dagli zombie ma anche dai gruppi di predoni sparsi sul territorio, dagli adepti del culto Rest in Peace, i Rippers, e da una misteriosa organizzazione paramilitare che sembra in qualche modo impegnata a condurre esperimenti e fare ricerche per capire l'origine della catastrofe che ha stravolto il mondo. In tre ore di gameplay non sono mancati numerosi filmati utili a svolgere una trama che è certamente ricca dei cliché tipici del genere, ma si fa immediatamente godibile. I rapporti tra Deacon e Sarah, la moglie, vengono raccontati attraverso alcuni flashback interattivi che riportano al periodo in cui si sono conosciuti, mentre tra incontri utili allo svolgersi delle missioni principali e comunicazioni via radio abbiamo la sensazione che le trenta ore (e passa) di campagna principale promesse non deluderanno chi cerca anche un po' di narrazione e non solo sparatorie. Che comunque ovviamente non mancano...

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Strategie per sopravvivere all’apocalisse

Il sistema di combattimento di Days Gone è legato a doppia mandata a quello di crescita: Bend Studios ha infatti lavorato per dare la possibilità al giocatore di scegliere in che modo muoversi e combattere, se puntare più sul combattimento corpo a corpo oppure dalla distanza, se agire allo scoperto o furtivamente. Per avvalorare le scelte dell'utente sono stati creati tre alberi delle abilità utili a sbloccare nuove skill e potenziare il nostro alter ego: si passa da aspetti piuttosto banali e scontati, come una mira più precisa e la capacità di meglio incassare i danni, fino al potenziamento della Survival Vision, un modalità attivabile premendo l'analogico destro che per pochi secondi mostra oggetti presenti sul terreno, possibili tracce dei nemici e altri elementi interattivi. Proprio la fase di raccolta e crafting non va sottovalutata: la salute va rigenerata attraverso le cure che di tanto in tanto possono essere recuperate già pronte all'uso ma che più spesso vanno craftate utilizzando quanto raccolto per la mappa.

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Days Gone unisce meccaniche di gameplay piuttosto comuni in maniera competente, chiedendo di sparare, coprirsi, attaccare alle spalle e pianificare l'eliminazione di gruppetti di avversari più o meno organizzati. La familiarità di queste richieste rende il procedere dell'avventura abbastanza fluido e, in quasi tre ore di gioco, ci è capitato di morire unicamente quando ci siamo avventurati all'interno di una grotta e siamo stati aggrediti da un'orda di Freaker. Non che l'esperienza dia l'idea di essere troppo facile, in fondo va sempre giocato con la giusta attenzione e non è la difficoltà ciò che va ricercato in un titolo del genere, ma giocando a Normale ci siamo resi conto che se avessimo scelto il livello di difficoltà successivo avremmo avuto un gameplay ancora più gratificante e improntato sulla componente di sopravvivenza. Tra l'altro John Garvin stesso, il direttore creativo del progetto, ci ha confermato nell'intervista che leggerete nei prossimi giorni che l'esperienza così come è stata pensata originariamente è quella della modalità Difficile, quindi tutto porta a pensare che lì dovremo ricercare la vera essenza di Days Gone.

L'open world è fatto chiaramente per essere percorso in lungo e in largo a bordo della propria moto, quindi gli spazi sono molto ampi e gli eventi, sia primari che secondari, tendono a concentrarsi attorno ai centri abitati e alle zone preposte alle missioni principali. Il design della mappa è comunque interessante e capita spesso di essere intenti in uno spostamento verso un obiettivo, fermarsi incuriositi da qualcosa che desta la nostra attenzione e... restare uccisi da decine di zombie come raccontato poco sopra. In generale Bend Studios ha fatto un ottimo lavoro nella realizzazione di un mondo che dà l'idea di essere imprevedibile e dinamico, forte di un ciclo giorno - notte e di condizioni atmosferiche variabili che modificano anche il modo di muoversi e percepire l'ambiente circostante dei Freaker.

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Di tanto in tanto quando ci si trova all'aperto si nota in lontananza un po' di perdita di dettaglio ma non è nulla che possa inficiare l'esperienza nel suo complesso. Il paradosso di Days Gone è che, dopo l'annuncio in grande stile dell'E3 2016, sembra aver raccolto un po' di diffidenza da parte degli utenti nel corso del tempo: se è innegabile che lo spunto non è inedito e di zombie ne abbiamo già uccisi milioni nel corso della nostra carriera da videogiocatori, d'altra parte ci siamo trovati al cospetto di un gioco capace di divertire, ricco di situazioni differenti e, un po' a sorpresa, con una componente narrativa tutt'altro che marginale. Se basterà a renderlo un acquisto imprescindibile lo scopriremo tra qualche settimana, per il momento ci è rimasta la voglia di continuare a giocare nei panni di Deacon.

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Pur non avendo elementi rivoluzionari Days Gone nel suo complesso si sta rivelando un titolo con delle ambizioni: quella di creare uno sparatutto divertente e adrenalinico, con numerose opzioni a disposizione degli utenti; ma anche quella di raccontare una storia che non ha (per il poco visto) tratti estremamente originali ma riesce a fare da contorno allo svolgersi dell'azione. Il tutto condito da orde di Freaker, un gameplay ben stratificato e una mappa colma di pericoli. Un po' come quei film di genere che forse non ambiranno all'Oscar, ma risultano irresistibili per gli appassionati.

CERTEZZE

  • La formula zombie + open world funziona
  • Gameplay piuttosto vario
  • Tecnicamente valido...

DUBBI

  • ...anche se non fa gridare al miracolo
  • Varietà di situazioni da verificare