Tra tutti i personaggi fantastici che popolano la cultura pop, i supereroi sono tra i più longevi. Da sempre il pubblico ama queste figure complesse, caricate dal peso e dalla responsabilità di poteri straordinari, ma che al contempo lottano con la loro umanità. Nei decenni abbiamo avuto svariate declinazioni supereroistiche, dove le grandi penne del fumetto e delle graphic novel ci hanno regalato la loro personale visione. La domanda che viene spontanea porsi, oggi, quando arriva sul mercato di una nuova produzione a tema supereroi, è: ne avevamo davvero bisogno?
AdHoc Studio, team di sviluppo composto da veterani del settore impegnati precedentemente in Telltale Games e Ubisoft, è convinto di sì e puntano su una storia inedita. Da qui nasce Dispatch, videogioco narrativo a episodi che racconta la storia di un supereroe che, non disponendo di poteri, ma "solo" di un potentissimo mech, si ritrova impossibilitato a svolgere il suo ruolo di protettore della comunità, ripiegando su un lavoro di ufficio come consulente per altri supereroi.
Dopo aver provato i primi due episodi in anteprima ed esserci fatti un'idea del tono e dei contenuti di Dispatch abbiamo avuto modo di intervistare il cast, composto per buona parte da attori impegnati nel progetto ruolistico di Critical Role. Vi lasciamo quindi alle parole di Laura Bailey (Invisigal), Erin Yvette (Blonde Blazer), Alanah Pearce (Malevola), Mayanna Berrin (Coupe) e Thot Squad (Prism).
L’unicità di Dispatch agli occhi del cast
Per chi non conoscesse Dispatch, a prima vista potrebbe sembrare un videogioco narrativo in stile Telltale e un motivo c'è. Michael Choung, Nick Herman, Dennis Lenart e Pierre Shorette, i fondatori di AdHoc Studio, sono stati per anni la forza creativa di Telltale Games. Dopo le vicissitudini dell'azienda californiana i quattro sviluppatori hanno unito le forze, assieme ad altri colleghi provenienti da Ubisoft e Nigh School Studio, per dare vita ad un nuovo team. Il primo progetto è appunto Dispatch, che dosa alla perfezione diversi elementi già visti in altre produzioni. La costante riflessione sulla differenza tra un vigilante e un reale supereroe, come raccontava Alan Moore nel suo Watchmen, una veste visiva accattivante degna di Invincible e quella scorrettezza che si trova in The Boys. A fare la differenza però sono i personaggi, scritti con un realismo davvero invidiabile. E a rendere il tutto ancor più umano e vicino alla realtà quotidiana sono le interpretazioni degli attori.
Cosa ha spinto, quindi, le attrici a partecipare al progetto di Dispatch? "Beh, non credo ci sia stato bisogno di molta convinzione da parte nostra, davvero. Eravamo grandissime fan di Pierre e Nick e di tutto ciò che hanno fatto in passato e, sì, onestamente ero estasiata quando hanno chiamato", dice Laura Bailey. "Sì, era solo una questione di quando", prosegue Erin Yvette, che continua parlando di un interessante scambio di ruoli tra lei e la collega.
"Abbiamo avuto un percorso non convenzionale per arrivare ai nostri personaggi: io ho registrato molte parti per Invisigal. Poi, a un certo punto, Pierre ha sentenziato 'Tu non sei questo personaggio'. E Laura a quel punto..."
"Esatto, inizialmente ero stata scelta per Blonde Blazer e avevo già registrato molto nel suo ruolo, ma poi Pierre se n'è uscito con: 'Ti vedo come Invisigal!' Così abbiamo fatto cambio" dice Bailey. Continua Yvette: "il che è divertente, perché normalmente, avendo personaggi così diversi, non avremmo potuto sapere molto del materiale che l'altra stava doppiando. Dato che però avevamo registrato così tanti dialoghi dell'altra persona, avevamo una visione molto chiara della storia".
Anche per il resto del cast è stato così, con una piccola eccezione. Mayanna Berrin ammette che "ero pronta a tutto pur di unirmi al progetto ed è stato per me un onore avere l'opportunità di interpretare Coupé. Penso che la cosa che amo di più di lei è che fa così paura. È semplicemente spaventosa. E se la gente riesce a superare questo, ottimo, altrimenti va bene lo stesso!"
"A farmi dire di si è stato sicuramente il team coinvolto" commenta Alanah Pierce. Sono una grande fan di Telltale Games e di così tante delle diverse proprietà intellettuali con cui hanno lavorato e di come le hanno gestite. Quindi avevo tanta fiducia in questo team (...), un gruppo di persone così talentuose che ha avuto un impatto davvero importante nell'industria dei videogiochi. E poi in sala di registrazione ho realizzato che la scrittura era migliore di quanto mi sarei mai aspettata, ed era così divertente, così affascinante e così sentita. Quindi, fin dal primo giorno, ho avuto tanta fiducia in questo progetto."
Diversa invece l'esperienza di Thot Squad, artista che arriva dal mondo della musica. "Per me c'è voluto tipo un passaggio extra perché non faccio parte di questo ambiente. Quando ho ricevuto l'email pensavo fosse una truffa! Io canto e produco la mia musica online e ad un certo punto vengo contattata e mi chiedono: "Vuoi far parte di questo gioco? Abbiamo fatto molti altri giochi prima ed hanno avuto molto successo". E io pensavo: "State cercando di fregarmi. E non ci casco". Poi, dopo aver incontrato tutti, incontrato il team, è stato un sì immediato. Sì immediato"
Un ruolo importante per Bailey e Yvette l'ha giocato il poter vedere il character design del loro personaggio. "Dopo un paio di progetti in passato, ho fatto presente quanto fosse importante riuscire a vedere l'aspetto del personaggio prima di iniziare a registrarlo. Ho adorato l'artwork del mio personaggio, ho amato il suo look fin dal primo istante", racconta Bailey. Stessa cosa per Yvette "Ho registrato Blazer molto presto, per una vertical slice che gli sviluppatori avevano creato per proporre il gioco e quello era l'unico pezzo di animazione finale che avevano in quel momento. Così ho potuto vedere Blazer in quel momento e, sai, se non fossi già stata convinta di partecipare, quello mi avrebbe assolutamente convinta".
Personaggi straordinari, vite comuni
Ciò che rende complessa, e allo stesso tempo affascinante, la natura del supereroe è l'ovvia dicotomia tra la straordinarietà dei suoi poteri e l'ordinarietà dei suoi sentimenti, comuni a tutti gli esseri umani. Robert, il protagonista di Dispatch doppiato da Aaron Paul, è uno dei supereroi più amati di Los Angeles e difende la città grazie al suo enorme mech. Un oggetto costruito dal nonno, ereditato dal padre e passato nelle sue mani, che l'ha quasi mandato sull'orlo della bancarotta e che ora non ha più. In cambio di un aiuto inizia il suo lavoro al Superhero Dispatch Network, un'agenzia che fornisce supporto ai propri clienti, una sorta di 911 privato con i supereroi.
E così da supereroe a tempo pieno si ritrova a fare un lavoro d'ufficio attaccato al telefono di un centralino. E questo vale tanto per Robert che per gli altri supereroi: grandi poteri, capacità incredibili, ma nel limite di una giornata di ufficio, dove sei costretto a fare gioco di squadra, interagire con i colleghi, sopportare quelli antipatici durante il pranzo in sala mensa.
Dove sta l'equilibrio da un punto di vista interpretativo e come si approcciano personaggi di questo tipo. "Credo che tutto debba essere radicato nella realtà, è l'umanità che dà profondità ai personaggi. Ogni volta che puoi interpretare un personaggio che è una specie di giustapposizione di sé stesso, con punti di forza e di debolezza legati insieme, è interessante per un attore". commenta Bailey. Prosegue Yvette: "Sì, penso che, mentre l'ambientazione è decisamente straordinaria, con i supereroi e il mondo che accompagna e supporta la loro esistenza, la vita d'ufficio è molto terra terra".
Un'affermazione con la quale ci sentiamo totalmente di concordare perché il realismo e la gravità con cui i personaggi affondano nella storia è ciò che rende unico Dispatch. I dialoghi sono sempre autentici, sia nei momenti più rilassati e colloquiali che nei momenti di azione più concitati. E anche quando parte la classica battuta ad effetto tipica del supereroe, i personaggi la pronunciano con la consapevolezza di quello che stanno dicendo, calati nell'autoironia del momento. È qui che si vede tutta la bravura degli scrittori, che hanno creato un cast di personaggi reietti ed eroici, consci delle loro possibilità e dello squallore quotidiano in cui vivono.
A tal proposito Pierce commenta: "È come se gli sviluppatori avessero già fatto parte del lavoro al posto mio, il personaggio era già così ben costruito! (...) Però battuta dopo battuta, noi attori dobbiamo capire come dovremmo sentirci in una determinata situazione e qual è il contesto della conversazione, perché anche se interpretiamo personaggi fantastici tutti hanno le loro difficoltà e insicurezze nel profondo, e stanno tutti solo cercando di farsi strada nel mondo.
Luci, motore, improvvisazione!
Durante la nostra intervista abbiamo notato che c'è stato un elemento in comune che ha entusiasmato tutte le attrici, ovvero l'improvvisazione. Un gioco come Dispatch vive più di altri del flusso narrativo: in un'avventura dove al giocatore viene concessa la possibilità di prendere numerose decisioni, ogni singolo bivio porta a una serie di battute e dialoghi diversi. Però è anche vero che buona parte del cast, facendo parte di un progetto come Critical Role, dove tutto è basato sull'interpretazione di personaggi all'interno di una campagna di giochi di ruolo, abbia una forte tendenza all'improvvisazione. A quanto pare AdHoc Studio ha lasciato un notevole spazio di manovra agli interpreti.
Bailey racconta: "Questa è una delle cose migliori del team di AdHoc, ovvero quanto sono aperti a giocare quando sei in sala di registrazione. Capitava mentre registravamo che Pierre dicesse: "Non mi piace questa battuta. L'ho scritta alle quattro del mattino. Non mi piace più. Dì qualcosa di meglio. Dì qualcosa di divertente!". E allora giocavamo un po' finché non trovavamo qualcosa che funzionava. L'intero cast è fenomenale nell'improvvisazione e penso che sarebbe stato un grave errore non permetterci di giocare in quel modo, perché aggiunge così tanto a ogni singola scena. Le sfumature e il botta e risposta sono semplicemente fantastici".
Un'interpretazione che ha permesso di esprimere molto dei personaggi, non solo da un punto di vista emotivo. "In sala di registrazione ci dicevano spesso: "Se qualcosa non vi sembra naturale, se qualcosa non suona come lo direbbe il vostro personaggio, sentitevi liberi di improvvisare" dice Thot Squad, poi continua: "Mi è piaciuto molto poter portare un po' di me in sala di doppiaggio, anche perché sono nera e potermi esprimere con la cadenza tipica con cui parlano gli Afroamericani, abbracciare la mia identità prima e lasciarla fluire nel personaggio dopo, è stato molto importante.
E visto che c'è stata così tanta improvvisazione, le attrici ricordano qualche momento epico in sala di doppiaggio? "Il mio personaggio" racconta Yvette "purtroppo, cerca sempre di essere matura e controllata, quindi non ho avuto molte possibilità di improvvisazione. C'è però una scena, che non so esattamente come si raggiunga visti i diversi bivi narrativi, in cui ci siamo detti in cabina di doppiaggio "Dio, sarebbe esilarante se Blazer potesse semplicemente dire quello che pensa". E così l'abbiamo registrato!"
"Io credo di aver improvvisato principalmente insulti!" confessa fiera Pierce "è stato molto divertente, sia sentire le battute a gancio delle mie doppiate dagli altri attori che poter esprimere quella parte di me. Non penso di essere una persona cattiva e quindi potermi calare in quel ruolo è stato molto liberatorio". Conclude Berrin "Puoi essere cattiva quanto vuoi perché è uno spazio sicuro, nessuno ti giudica in sala di registrazione".