Il CEO di Telltale Games, Pete Hawley, cammina nervosamente avanti e indietro nella sala meeting. È arrivato prima di tutti gli altri, ma d'altronde sarà lui a dover parlare e a dare la notizia per la quale ha convocato questa grande riunione. Forse è la più grande che l'azienda abbia mai organizzato. I dipendenti prendono posto, e sulle loro facce non si legge affatto quella preoccupazione che un evento tanto improvviso dovrebbe scatenare. Anzi, c'è una certa curiosità. D'altronde le cose non vanno male a Telltale: stanno lavorando al finale della loro serie più famosa, ovvero The Walking Dead, e hanno appena chiuso una partnership con Netflix per adattare uno dei fenomeni pop più forti degli ultimi anni, Stranger Things. Anche per questo nessuno si aspetta ciò che sta per succedere. È il settembre del 2018 e Hawley sta per comunicare che ci sarà un taglio di circa il 90% del personale. È l'inizio della fine di Telltale Games, e anche del successo dei videogiochi episodici che ha interessato il mercato videoludico in quel decennio.
Ci sono due storie che devono essere raccontate per capire perché i videogiochi episodici stanno cambiando, e perché Dispatch - la nuova avventura di AdHoc Studio - possa giocare un ruolo fondamentale in questo. Entrambe le storie hanno un protagonista comune: Telltale Games. La prima è quella che avete letto in apertura; la seconda arriverà a tempo debito. Lo studio aperto da Kevin Bruner, Dan Connors e Troy Molander nel 2004, tutti e tre ex dipendenti di LucasArts, ha come obiettivo proprio quello di rilanciare e continuare a supportare il mercato delle avventure, un genere videoludico che andava fortissimo nei decenni passati con serie come Monkey Island (a cui Telltale tornerà nel 2009) e che poi era stato abbandonato da LucasArts stessa, concentrata sempre più sul franchise di Star Wars. Nel fare questo aveva cancellato titoli ancora in sviluppo, tra cui Sam & Max: Freelance Police.
Acquisita la licenza, Sam e Max è una delle prime serie firmate Telltale Games, anche se i grandi successi arrivano in seguito, con franchise popolari come Jurassic Park e Ritorno al futuro. Si va già delineando un certo modello di distribuzione episodica, che troverà piena maturità poco dopo, con l'uscita di un titolo che cambierà una volta per tutte il mercato: The Walking Dead.
Oh my darling, Clementine
Quando The Walking Dead arriva, diventa un successo senza precedenti di critica e pubblico. È il 2012, e questo videogioco d'avventura, concetto evoluto direttamente da ciò che erano state le vecchie avventure grafiche, titoli basati sui dialoghi e con una grande attenzione alla storia, registra numeri record. Si parla di oltre un milione di copie vendute nei primi giorni d'uscita. Cos'è che ha determinato il trionfo di The Walking Dead? Sicuramente le sue qualità, che è impossibile non riconoscere: la scrittura dei protagonisti, ma anche il modo in cui, attraverso gli episodi, i personaggi ricordano le scelte che prendiamo. Le sfumature del racconto che sanno cambiare - pur senza rivoluzionare - la narrazione, rendendola personale.
Certo, c'è anche il fatto che The Walking Dead è una serie televisiva già di successo planetario. Nel 2010, all'uscita della prima stagione, l'esordio è stupefacente: il miglior debutto di sempre su AMC, con oltre 5 milioni di spettatori. Una media che non cala mai, costante fino all'ultima puntata. Nel 2012 arriva la seconda stagione e gli spettatori diventano 8 milioni: alcuni dei numeri più alti di sempre nella storia della TV via cavo americana. Sicuramente essere un fenomeno pop ha favorito il buon successo del videogioco di Telltale; di mezzo, però, c'è anche la novità di imitare la struttura della serie TV: gli episodi escono mensilmente e il gioco è molto attento a ricreare una certa narrativa e il coinvolgimento emotivo che gli spettatori provano nella serie TV. Ne sfrutta persino le caratteristiche intrinseche: il cliffhanger conclusivo, le discussioni tra i fan nelle community e sui social, l'attesa che cresce tra un episodio e l'altro.
Dai dati che Gameinformer ha divulgato qualche anno fa, in un articolo che ricostruisce la storia di Telltale, dal 2012 al 2018 l'azienda quadruplica i suoi dipendenti. Il fatto è che, dopo il successo di The Walking Dead, Telltale cerca di replicarne il trionfo in maniera tutt'altro che lungimirante. La strategia si limita a sfruttare licenze sempre più grandi e a imporre un ritmo di produzione sempre più martellante. Di più, di più, di più. Per un po' la magia ha funzionato, al punto da aver ispirato altri studi che hanno reinterpretato a loro modo il modello episodico. Tra questi va senz'altro segnalato Don't Nod, che nel 2015 ha presentato Life is Strange, un'avventura teen - sempre organizzata a episodi, cinque per l'esattezza - che spinge l'acceleratore proprio in direzione del drama. È una nuova strada per una generazione di videogiochi narrativi per i quali la serialità non è solo un modello di distribuzione, ma un elemento strutturale delle loro storie.
Per un po', come si diceva, la magia ha funzionato. Telltale Games mette a segno un successo dopo l'altro: Tales From the Borderlands, Batman, The Wolf Among Us. Quest'ultimo, in particolare, è stato una sorpresa e un grande momento per l'azienda, al punto che il secondo capitolo è molto atteso ancora oggi (e finirà a far parte di quella seconda storia che racconteremo tra poco). Per un po', sì. Poi sono arrivati i problemi.
Generazione binge watching
È difficile collocare temporalmente la nascita del termine binge watching. C'è chi afferma che sia stato coniato addirittura alla fine degli anni '90, con l'arrivo delle serie TV in cofanetto che permettevano di saltare le attese settimanali tra un episodio e l'altro, o perfino annuali tra una stagione e l'altra. Quel che è certo è che esplode definitivamente grazie alle piattaforme streaming come Netflix e Hulu, e alla loro decisione di rendere disponibili intere stagioni delle serie televisive non più a cadenza settimanale, ma tutte insieme, pronte per essere consumate immediatamente. Un episodio dopo l'altro.
Il pubblico comincia così ad aspettarsi di poter vedere stagioni e stagioni di materiale in pochi giorni, e si abitua a una gratificazione immediata. I ritmi narrativi diventano molto serrati. Anche la struttura interna degli episodi cambia, perché non deve più seguire certe regole: il minutaggio, per esempio, non è più legato agli slot del palinsesto televisivo, e non c'è nemmeno bisogno di ganci che convincano gli spettatori ad aspettare un'intera settimana per il prossimo episodio. È già lì: devi solo premere play, saltare la sigla e godertelo.
Da una parte, quindi, viene messo in discussione il fondamento stesso della narrazione episodica e seriale; dall'altra, Telltale è impegnata a seguire il fantasma della prima - perfetta - stagione di The Walking Dead, e dunque è troppo occupata per reagire tempestivamente. L'ambizione di replicare quel successo la spinge a prendere una serie di decisioni che, a posteriori, possiamo valutare come non del tutto corrette: proprietà intellettuali sempre più ambiziose e sulle quali è difficile intervenire (con Game of Thrones che forse è l'esempio più evidente), meccaniche di gioco reiterate a più non posso, un allungarsi sempre più evidente dei tempi che passano tra un episodio e l'altro. Il motore grafico, il Telltale Tool, diventa sempre più vetusto, ma la transizione a un nuovo engine significherebbe interrompere i lavori per mesi e mesi prima di ricostruire il necessario per ripartire.
Il risultato è un fallimento dietro l'altro, anche e soprattutto per le licenze più importanti. Il mercato dei videogiochi episodici sembra spacciato. Anche Life is Strange, che aveva conosciuto l'amore del pubblico con il primo capitolo, non riesce più a replicare quel livello di apprezzamento da parte dei fan e della critica. Inizialmente la soluzione di Telltale è quella di incrementare i volumi di produzione e accorciare i tempi dell'uscita tra un capitolo e l'altro delle sue serie. Poi, di fronte ai grandi investitori come AMC, Smilegate e Lionsgate che si ritirano, non c'è più niente da fare. Ed è ora di raccontare la seconda storia.
La rivincita dei giochi a puntate
Nick Herman è un furetto dietro le quinte dei The Game Awards del 2024. Sta cercando un finanziatore che gli permetta di portare a termine il primo videogioco della sua azienda, AdHoc Studio. Il primo gioco, nonostante abbia aperto i battenti nel 2018. Inizialmente erano solo tre ex dipendenti di Telltale: lui, Dennis Lenart e Pierre Shorette, fuggiti dall'azienda poco prima che succedesse l'inevitabile, transitati poi in Ubisoft per lavorare a un capitolo di Splinter Cell che non vedrà mai la luce. Tutto il loro lavoro confluirà in XDefiant, GaaS uscito nel maggio del 2024 e chiuso nel giugno 2025. Dopo quell'impasse, il gruppo, che aveva lavorato a titoli come The Wolf Among Us, si incontra con un altro ex Telltale, Michael Choung, e apre AdHoc Studio. Ma il karma non ha ancora finito con loro.
Nel 2020 iniziano a collaborare con la nuova Telltale, che nel frattempo ha riaperto grazie al gruppo d'investimento LCG Entertainment, a The Wolf Among Us 2. Chi meglio degli autori originali per scrivere un videogioco così appetibile per rilanciare l'azienda? Peccato che i disaccordi creativi siano incolmabili. Dopo aver scritto 800 pagine di script, AdHoc si allontana dal progetto. Poi Herman e gli altri cominciano a dedicarsi al loro primo videogioco indipendente: Dispatch, un titolo narrativo a episodi. Il tempismo, però, è tutto sbagliato: intanto perché questo è il momento di massima diffusione del modello game as a service, e c'è una sfiducia generale per i progetti narrativi, per di più a episodi. Perfino Life is Strange ha cambiato modello di distribuzione. Life is Strange: True Colors, sviluppato da Deck Nine, esce assecondando il binge watching generazionale, ovvero tutto insieme. E poi questi sono gli anni del post pandemia: gli studi hanno fatto enormi investimenti, ampliandosi per rispondere a una domanda crescente che poi, con il ritorno alla normalità, è diminuita. Nessuno vuole rischiare.
A raccontarci questa storia è stato Jason Schreier, sulle pagine di Bloomberg, e per fortuna è una storia a lieto fine: AdHoc mette insieme un cast di attori di richiamo, tra cui Aaron Paul, star di Breaking Bad e di Bojack Horseman, e alla fine riesce a trovare un finanziatore in Critical Role. Dispatch viene portato a termine entro i tempi, esce sul mercato e, con somma sorpresa di tutti, è un successo senza pari. Sul breve periodo persino maggiore di quello della prima stagione di The Walking Dead. La storia si ripete, ma con differenze sostanziali.
Pur abbracciando una struttura episodica, Dispatch adotta un approccio moderno: il progetto viene concepito come un videogioco completo già all'uscita, riducendo il rischio di ritardi e gli effetti delle interruzioni narrative. Si mantiene quindi lo stile tipico delle avventure alla The Walking Dead, ma si guarda anche a come il mercato sia cambiato in questi tredici anni, e a come ora privilegi la continuità e una fruizione immediata. Dispatch arriva il 22 ottobre con i primi due episodi, e poi continua settimanalmente, terminando in meno di un mese. Questo permette ai videogiocatori di seguire la storia senza lunghe attese, mantenendo comunque un senso di serialità e senza cancellare quella discussione tra la community che alimenta da sempre il fuoco delle serie televisive.
È un modello ibrido, che rappresenta evidentemente un compromesso ideale tra l'attesa tipica dei videogiochi a puntate e la fruizione immediata delle serie televisive. Un modo per reinventare il genere senza rinunciare alla suspense che lo caratterizza. Forse è una coincidenza, forse no, ma è una strategia che anche le grandi piattaforme streaming stanno sfruttando. La nuova stagione di Stranger Things arriverà divisa in tre momenti ben precisi: il 26 novembre, il 26 gennaio e il 1° gennaio. L'idea, probabilmente, è di mantenere lo status dell'evento e magari anche di "costringere" il pubblico a rinnovare l'abbonamento per tre mesi anziché per uno, evitando il binge watching. Altre piattaforme non hanno mai abbandonato la cadenza settimanale di grandi serie evento come IT: Welcome to Derry e Pluribus. Un episodio a settimana dà modo ai social di esprimersi sulla stagione passo passo e mantiene attiva la comunicazione per mesi.
Due milioni di copie in un mese circa dall'uscita. Dispatch ha già coperto le previsioni di vendita dei prossimi tre anni e, chiaramente, AdHoc non si farà scappare l'occasione di continuare questa serie che è già diventata di culto. Non nell'immediato futuro, probabilmente: lo studio è piccolo, e in ballo c'è già un accordo con Critical Role per sviluppare un videogioco ambientato nell'universo di Exandria. Poi, però, dovranno far fronte a un dato incontrovertibile: il successo di Dispatch ha smentito gli scettici e ha dimostrato che c'è ancora spazio per i titoli narrativi e per il modello episodico. A questo punto bisogna però evitare di cadere nel tranello in cui si è caduti in passato: ambizioni troppo grandi, non prestare attenzione a un mercato che cambia molto in fretta, puntare sul volume anziché sulla qualità e sull'innovazione. AdHoc è sicuramente sotto i riflettori della nuova Telltale, che probabilmente osserva molto da vicino la situazione, e l'azienda di Nick Herman ha la possibilità di insegnarle una lezione: che non basta avere la formula giusta, bisogna saperla proteggere.