Nell'ampio universo di proprietà intellettuali targate Nintendo sono numerosi i casi di personaggi e brand ingiustamente poco sfruttati e noti unicamente alla frangia dei più fedeli appassionati della casa di Kyoto. Di contro, vi sono dei volti iconici della storia dell'azienda che anche chi non è un massimo esperto di storia dei videogiochi probabilmente riconoscerà all'istante: in questo pantheon, accanto a nomi imprescindibili quali quelli di Super Mario, di Ash e Pikachu e di Zelda, non può non essere citato quello dell'amabile scimmione Donkey Kong.
Il primate con la cravatta è ancora oggi uno dei personaggi più iconici sia di Nintendo che della storia del medium e recentemente è stato protagonista di un paio di importanti eventi. Lo scorso 18 novembre la sua principale serie "da titolare", Donkey Kong Country, ha infatti spento trenta candeline, mentre lo scorso 11 dicembre è stata aperta una nuova ed ampia area a lui dedicata all'interno di Super Nintendo World, l'importante parco dei divertimenti della grande N situato ad Osaka. Con in più la conversione di Donkey Kong Country Returns in arrivo su Switch, il gorilla di Nintendo è senza dubbio ancora sulla cresta dell'onda.
Eppure le cose non sono sempre state così: se oggi Donkey Kong è così presente e così iconico, riveste un ruolo importante anche nel recente film di Super Mario, è proprio merito di quel Donkey Kong Country uscito su SNES nel 1994, e dello studio che lo creò, ossia Rare.
Uno studio in ascesa
Rare Ltd., lo studio di sviluppo britannico fondato dai fratelli Stamper nel 1985, fin dai suoi albori rappresentò un partner fisso di Nintendo grazie alle capacità di sfruttare a dovere l'hardware del Nintendo Entertainment System. Questa collaborazione tra il team inglese e l'azienda nipponica risultò essere fruttuosa per ambo le parti, con Rare che finì per sviluppare circa sessanta titoli per NES, tra numerosi giochi su licenza e svariati capitoli della loro prima saga di punta, il picchiaduro a scorrimento Battletoads. Tale abbondanza di giochi di discreto successo fu fonte di non pochi introiti per lo studio dei fratelli Stamper, e questi primi anni focalizzati su una produzione incessante e prolifica si rivelarono fondamentali per il futuro tanto di Rare quanto di Nintendo stessa.
Al principio degli anni '90, con l'arrivo sul mercato del Super Nintendo Entertainment System, Rare decise di utilizzare gli introiti della precedente generazione videoludica per dotare lo studio di computer all'avanguardia targati Silicon Graphics: i calcolatori di quest'azienda californiana erano infatti all'epoca tra gli hardware più avanzati nella creazione di modelli in computer grafica tridimensionale. Questa tecnologia in quel momento tanto avveniristica attirava l'attenzione dello studio inglese, che intendeva implementarla nelle proprie successive opere. E fu a partire da questo azzeccatissimo investimento che le strade di Rare e Donkey Kong stavano per incrociarsi. Ma cosa stava accadendo, nel frattempo, nella carriera dello scimmione di Nintendo?
Una scimmia nel cassetto
Durante la graduale ascesa di Rare tra i grandi nomi dell'industria videoludica degli anni '90, il gorilla creato da Shigeru Miyamoto non navigava in ottime acque; si potrebbe anzi dire che non stesse navigando affatto! Il triennio dal 1981 al 1983 rappresentò un ottimo esordio per Donkey Kong, con tre classici da sala giochi che portavano proprio il suo nome: l'originale Donkey Kong firmato da Shigeru Miyamoto lo rappresentò come l'originaria nemesi di quel Jumpman che sarebbe poi diventato Super Mario, mentre i sequel Donkey Kong Jr. e Donkey Kong 3 lo resero prima vittima del suddetto Jumpman e poi nuovamente antagonista, stavolta dell'anonimo disinfestatore Stanley.
Si trattava di tre validi titoli arcade, che godettero di numerose conversioni sulle console e gli home computer più diffusi degli anni '80. Eppure, dopo questa bizzarra trilogia, Nintendo decise di mettere in naftalina il suo gorilla che tanto successo le aveva donato nel mondo dei cabinati, per concentrarsi invece sulla sempre crescente fortuna di quel baffuto personaggio che nacque insieme a lui nel 1981 e che poi divenne protagonista di una serie di pietre miliari del mondo dei videogiochi: la creatura prediletta di Miyamoto era ora quel Super Mario che stava rivoluzionando l'industria dell'intrattenimento giapponese e internazionale.
Lo smacco definitivo fu la scelta di includere tra i personaggi giocabili nel primissimo Super Mario Kart su SNES non l'originale Donkey Kong ma quel Donkey Kong Jr. che apparì unicamente nel sequel del 1982 per salvare il suo babbo imprigionato da Jumpman. Insomma, tra la seconda metà degli anni '80 e i primi anni '90 la proprietà intellettuale di Donkey Kong divenne per la grande N sempre più irrilevante, di scarso interesse e unicamente destinata al massimo a sparuti camei. Ma il percorso dello scimmione stava per cambiare, grazie alla decisione di Nintendo di utilizzarlo per un investimento a basso rischio...
Una seconda chance
Rare decise di affrontare gli anni '90 partendo da una posizione di rilievo sul fronte tecnico, grazie all'implementazione nei loro titoli di una grafica tutta tridimensionale. Nintendo decise dunque fiduciosamente di affidare a Rare una propria proprietà intellettuale su cui lavorare con tale nuova tecnologia. Ma su cosa puntare? Be', la versione più accreditata di questa storia ci dice che si decise di puntare appunto su un brand di seconda fascia, che potesse non risentire di un eventuale fallimento di questo imminente esperimento. La scelta di ricorrere a Donkey Kong fu dunque abbastanza naturale, dato lo stato di ormai cronica quiescenza a cui fu relegato il marchio già da diversi anni.
E tale decisione si rivelò essere decisamente fortunata: lo scimmione di Nintendo stava infatti per rinascere a nuova vita, con il primo capitolo di quella che sarebbe diventata una trilogia: Donkey Kong Country. Col titolo del 1994 Rare fu capace di donare a Donkey Kong ciò che gli era sempre mancato, a differenza di tanti altri personaggi della casa di Kyoto: ossia un'estetica riconoscibile ed unica, nonché un mondo solido di comprimari, avversari e luoghi che potesse circondarlo in modo coerente. Ecco dunque che il nostro primate acquisisce l'ormai intramontabile design con la cravatta rossa ornata dalle sue iniziali, oltre che delle fattezze fisiche definitive. Questa felice soluzione estetica è solo uno dei tanti frutti di una collaborazione miracolosa tra Nintendo e Rare: se infatti il nuovo aspetto fisico del personaggio è farina del sacco degli anglosassoni, l'iconica cravatta è invece un tocco di genio proprio di Shigeru Miyamoto, il papà di DK, e apparve per la prima volta pochissimi mesi prima dell'uscita di Donkey Kong Country, nel remake per GameBoy dell'arcade originale.
L'opera di Rare può inoltre vantare altri primati fondamentali: nasce infatti qui il suo comprimario per eccellenza, Diddy Kong; ed è infine inevitabile citare la nemesi di Donkey e Diddy, King K.Rool, che in quasi tutti i sequel e spin off della serie figurerà insieme ai suoi sgherri, i Kremlins, come antagonista ricorrente dei nostri eroi.
Una carrellata di nuove idee
Donato a DK un nutrito cast di avversari e di alleati (tra cui Funky Kong, Candy Kong e Cranky Kong, ossia la versione invecchiata dell'originale DK dei titoli arcade), ora anche il primate della grande N poteva vantare un immaginario assimilabile a quello dei suoi colleghi più in vista, come Mario, Samus e Fox McCloud. Tuttavia la filosofia di design alla base di questo nuovo platform game gli consentiva di discostarsi da un diretto concorrente come Super Mario World: rispetto ai classici Mario in due dimensioni, Donkey Kong Country è un platform dalla fisica più "pesante", dal level design più lineare ma non per questo privo di segreti e chicche nascoste, e soprattutto da un approccio più punitivo e incentrato sulla prontezza di riflessi.
La già menzionata maggiore linearità era inoltre compensata dalla presenza di sempre nuove idee e variazioni che mescolavano un po' le carte in tavola: che si trattasse di carrelli minerari, di un buio pesto che calava ad intermittenza sullo scenario, oppure di acrobazie tra cannoni-barili, la ripetitività non sopraggiungeva mai sulle imprese di Donkey e Diddy.
Alla luce di quanto narrato poc'anzi, si capisce come Donkey Kong abbia beneficiato, a differenza dei propri "colleghi" di casa Nintendo, anche di una vestita tecnica rivoluzionaria: la grafica tridimensionale pre-renderizzata fu ficcata a forza nella cartuccia per SNES con dei veri e propri giochi di prestigio di programmazione e dava al titolo sia un aspetto avveniristico sia una presentazione estetica di grande personalità, che ricordava quasi un film animato in stop-motion. Il look di Donkey Kong Country fu comunque indubbiamente divisivo, e per molti oggi non risulta invecchiato benissimo, ma senza dubbio fu un elemento di grande richiamo. In più, come si può parlare di Donkey Kong Country senza citare la sua colonna sonora?
Prevalentemente composta da David Wise, già vecchia conoscenza di Rare, la colonna sonora del gioco presentava svariati brani che divennero ben presto dei classici della musica videoludica: basti pensare a gemme come "DK Island Swing", "Gang Plank Galleon", "Fear Factory" e soprattutto "Aquatic Ambiance", il tema dei livelli subacquei. Quest'ultima composizione è ritenuta da molti appassionati come uno dei più emozionanti brani di musica per videogiochi, ed è amata anche da pezzi grossi del mondo musicale, tra cui Trent Reznor (avete presente i Nine Inch Nails?).
Si vive solo due volte
Appena giunse sul mercato sul finire del 1994, Donkey Kong Country fu semplicemente un successo, un favoloso e inatteso colpo di coda dello SNES mentre la prima, rivoluzionaria PlayStation arrivava sugli scaffali. Quello che doveva essere un esperimento con un volto decaduto del mondo dei videogiochi finì per diventare istantaneamente un classico acclamato da critica e pubblico, e gli effetti di questa scommessa vinta si fecero subito vedere. Nintendo decise in primis di acquistare un'ampia fetta di quote di Rare, ufficializzando e rafforzando una volta per tutte la collaborazione con lo studio britannico, che avrebbe poi sparato altre favolose cartucce sia su SNES che su Nintendo 64, fino alla successiva acquisizione da parte di Microsoft nei primi anni 2000.
Da parte di Rare vi fu invece la piena volontà di cavalcare l'onda del marchio che gli ha dato la definitiva consacrazione nell'Olimpo dei videogiochi degli anni '90. Partì dunque un nuovo periodo di produttività forsennata per lo studio, che nel giro dei due anni successivi (1995 e 1996) diede alla luce due seguiti diretti di Donkey Kong Country su SNES, un gioco praticamente inedito su GameBoy (Donkey Kong Land) e un seguito, Donkey Kong Land 2, che era tuttavia una conversione relativamente fedele del secondo capitolo per la console a 16 bit. Proprio quel secondo capitolo per SNES, tra l'altro, entrò particolarmente nel cuore degli appassionati: Donkey Kong Country 2: Diddy's Kong Quest raffinava la formula del predecessore, arricchiva il level design e aumentava ulteriormente il livello di sfida, creando quello che per molti è tutt'ora l'episodio più riuscito della serie, nonché uno dei titoli più amati del catalogo di Rare. Donkey Kong Country 3: Dixie Kong's Double Trouble rappresentò invece una conclusione decisamente meno ambiziosa per la trilogia, pur restando un platform validissimo.
Insomma, dopo fin troppi anni di assenza, gli anni '90 furono un periodo d'oro per Donkey Kong, e gli effetti a lungo termine di questo rinnovato successo si vedono ancora oggi: negli ultimi trent'anni non c'è stata una console da casa o portatile di Nintendo su cui non siano giunti sequel, conversioni e spin-off relativi al mondo di Donkey Kong Country. Non si può non menzionare ovviamente l'operato di Retro Studios che, come studio "second party" di Nintendo, ha poi preso in eredità la serie principale a partire dall'epoca di Wii, in seguito al cambio di casacca di Rare. Lo studio già autore di Metroid Prime ha seguito splendidamente la scia creativa lasciata dai colleghi britannici, creando gli ottimi Donkey Kong Country Returns e Tropical Freeze.
Dopo trent'anni così dinamici, e con una sezione di un parco a tema fresca fresca di inaugurazione, il successo del nostro Donkey non accenna a fermarsi: confidiamo di vedere quindi presto sue nuove avventure a suon di banane e barili!