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Elden Ring e God of War Ragnarok: il confronto tra i più grandi videogiochi del 2022

Il 2022 è stato segnato da Elden Ring e God of War: Ragnarok, per molti i più grandi videogiochi dell'anno. Il confronto è possibile?

Elden Ring e God of War Ragnarok: il confronto tra i più grandi videogiochi del 2022
SPECIALE di Lorenzo Mancosu   —   02/01/2023

God of War Ragnarok contro Elden Ring: è dall'inizio dell'anno, da prima ancora che tali opere vedessero la luce del sole, che questa battaglia si è resa assoluta protagonista del 2022 dei videogiochi. Alla fine l'RPG open-world di Hidetaka Miyazaki ha prevalso sui palchi dei The Game Awards, riaccendendo una discussione che infiamma il settore ogni anno: è giusto mettere a confronto produzioni tanto diverse? È giusto immaginare un'unica grande arena dalla quale far emergere un singolo vincitore tra dozzine di contendenti spesso agli antipodi? "No", verrebbe da dire, "non è giusto". Eppure, nel nuovo mondo interconnesso, è diventato inevitabile ragionare in termini di comparativi, stilare classifiche, immaginare tassativamente un podio mentale sul quale porre qualsiasi genere di esperienza.

Nel caso specifico, l'accostamento è più che mai interessante perché la nuova avventura di Kratos e l'Interregno ai piedi dell'Albero Madre mettono in scena due interpretazioni diametralmente opposte del videogioco AAA, puntando ciascuno su una filosofia unica e personale. Se God of War: Ragnarok segna l'epitome della produzione di Sony Interactive Entertainment, quella formula d'azione in terza persona vicinissima all'opera cinematografica, Elden Ring pianta radici profondissime nel passato del medium, scegliendo di votarsi completamente all'interazione.

Esistono veramente differenze sul piano qualitativo, o si tratta semplicemente di interpretazioni diverse del videogioco? Scopriamolo mettendo a confronto Elden Ring e God of War: Ragnarok.

I numeri

Elden Ring è uno dei più grandi successi commerciali degli ultimi 12 anni
Elden Ring è uno dei più grandi successi commerciali degli ultimi 12 anni

Il contesto dei numeri, si sa, è l'unico che consente il lusso di raggiungere delle sintesi oggettive, e questo accade anche nel rapporto tra God of War: Ragnarok ed Elden Ring: niente di quello che leggerete in questo articolo ha la pretesa di riflettere la verità, se non le nude cifre. Con 17.5 milioni di copie piazzate in dieci mesi, Elden Ring è il secondo videogioco più venduto dell'anno e si trova alle spalle del solo Call of Duty: Modern Warfare II. Dopo aver oltrepassato la soglia dei dieci milioni in tempo record, battendo i precedenti risultati raggiunti da The Elder Scrolls V: Skyrim e The Witcher 3: Wild Hunt, si tratta di uno fra i maggiori exploit del mercato dei videogiochi degli ultimi dodici anni. La sua percentuale di completamento, prossima al 40%, è una delle più elevate in circolazione, e si è imposto di gran lunga come il titolo più giocato nel recente portfolio di FromSoftware: in poche parole, ha portato il genere "soulsborne" finalmente nelle mani del grande pubblico.

God of War: Ragnarok dal canto suo è un'esclusiva PlayStation, può contare su una base installata di gran lunga inferiore, ed è uscito molto di recente; eppure, nella sua prima settimana di vita è riuscito a piazzare 5.1 milioni di copie, quasi il doppio rispetto a God of War del 2018, nonché il record assoluto per i videogiochi di Sony Interactive Entertainment, avendo infranto il tetto dei 4.1 milioni di The Last of Us Parte II. L'opera è stata terminata dal 42% dei videogiocatori, una percentuale estremamente alta per l'industria contemporanea, sopratutto considerando che è passato molto poco tempo dalla sua pubblicazione. Le due produzioni, al netto delle piattaforme per cui sono disponibili, hanno dunque raggiunto risultati sostanzialmente equivalenti, non fosse per il tessuto dei premi: oltre ad aver conquistato la statuetta più ambita dei The Game Awards, Elden Ring si è accaparrato 119 riconoscimenti per il GOTY al netto dei 23 assegnati a God of War: Ragnarok.

La scrittura

God of War Ragnarok adotta la formula della pellicola cinematografica
God of War Ragnarok adotta la formula della pellicola cinematografica

La narrativa di God of War: Ragnarok ricalca pedissequamente la formula tradizionale della sceneggiatura cinematografica, al punto da spingere l'intero ciclo di produzione ad ancorarsi agli stilemi dell'audiovisivo. Per realizzare la sua opera, Santa Monica Studio ha scritturato attori, scrittori ed esperti di combattimento volti ad animare un canovaccio più che mai vicino all'eredità della classica pellicola hollywoodiana. C'è un incipit, uno svolgimento e una conclusione, ci sono dialoghi e monologhi, c'è uno studio delle espressioni facciali pensato per alimentare il tessuto della caratterizzazione, c'è un grande intreccio drammatico intessuto esclusivamente per emozionare il pubblico. Di tanto in tanto spunta una battuta, per tener viva l'attenzione e strappare un sorriso, mentre il viaggio prosegue deciso in direzione orizzontale, al fine di traghettare il giocatore lungo il sentiero tratteggiato dagli autori. Chi impugna il DualSense è l'agente passivo di un costrutto curato nei minimi dettagli, studiato per anni nei laboratori di Sony al fine di creare i più "grandi" videogiochi in circolazione: quelli che riescono a combattere ad armi pari con i film e le serie televisive più blasonate.

Una filosofia, questa, che si è radicata al punto tale da convincere molti appassionati che non ci sia alcun confronto possibile, sul piano della scrittura: è ormai opinione diffusa che i videogiochi di Sony Interactive Entertainment come God of War: Ragnarok non conoscano rivali in questo campo, se non qualche invincibile diamante estemporaneo come Red Dead Redemption 2 dei Rockstar Studios. Ma siamo davvero sicuri che opere come quelle FromSoftware non facciano sfoggio di una componente della scrittura ugualmente impattante, seppur profondamente diversa? Siamo sicuri che sia davvero un errore grossolano quello di nominare Elden Ring nella categoria "Best Narrative" dei The Game Awards?

Elden Ring sacrifica la narrativa orizzontale per puntare sulla lore e sul world building
Elden Ring sacrifica la narrativa orizzontale per puntare sulla lore e sul world building

A differenza di God of War Ragnarok, che prende vita attraverso la performance e le azioni compiute dai personaggi, Elden Ring adotta la medesima formula che ha portato la moderna produzione di Hidetaka Miyazaki al successo internazionale. L'elemento più importante è il world building, quel sottobosco della scrittura volto a sorreggere un gigantesco universo nel quale il giocatore si muoverà come uno storico o un archeologo, saccheggiando rovine ed esaminando dettagli utili a ricostruirne il passato. Insomma, se opere come God of War mirano a narrare una grande storia, titoli come Elden Ring puntano invece a raccontare la storia, intesa come la serie di eventi che ha generato i confini dell'universo virtuale. Viene da sé che entrambe le fucine, Santa Monica Studio e FromSoftware, rappresentano l'apice delle rispettive filosofie creative: se la prima brilla in modo accecante nella messa in scena dell'intreccio, la seconda è regina indiscussa della costruzione del mondo.

All'alba della nona generazione di console, l'interpretazione più classica delle formule narrative adottate dal videogioco regna incontrastata sull'intera produzione del medium: il pubblico ha ancora una fame insaziabile di grandi trame orizzontali vicine al mondo del cinema. Tale contesto ha spinto e continua a spingere verso la gloria la formula narrativa tipizzata da Sony Interactive Entertainment, squalificando di riflesso gli approcci trasversali. Da questo punto di vista, sarebbe un vero peccato ritenere l'imitazione dell'opera cinematografica l'unica corsia preferenziale verso il grande successo, a prescindere dall'effettiva magnificenza del viaggio messo in scena da Santa Monica Studio.

Il mondo di gioco

I moderni mondi dei videogiochi devono offrire sia una trama soddisfacente sia tanti contenuti secondari
I moderni mondi dei videogiochi devono offrire sia una trama soddisfacente sia tanti contenuti secondari

Un tempo esisteva una netta distinzione, ovvero quella tra videogiochi lineari ed esperienze non lineari. I confini della tassonomia dei videogiochi si sono tuttavia assottigliati, portando all'emersione di opere caratterizzate da una linearità sempre più morbida, volenterosa di aprirsi su ampi spazi e di confondersi con l'esperienza votata alla scoperta. God of War: Ragnarok segna il punto più alto di questa nuova corrente: il rifiuto categorico della struttura open-world si è risolto in un sistema a mappe aperte che offre sia un binario diretto verso i titoli di coda, sia una pletora di sentieri tangenziali. Il videogioco moderno deve saper fare tutto, raccontare una storia coerente e abbracciare deviazioni secondarie, accontentare chi è interessato alla sola narrativa e mettere sul piatto una ricca offerta di contenuti collaterali. Sono anime differenti che vivono di contrasti, come ampiamente dimostrato dall'esempio di Cyberpunk 2077, nel quale la condizione terminale del protagonista V strideva terribilmente con la natura delle missioni secondarie. L'architettura ludica di God of War: Ragnarok e di Elden Ring ricalca la rispettiva matrice narrativa in modo coerente, premiando nel primo caso il racconto e la caratterizzazione dei personaggi, mentre nel secondo l'interazione con il mondo virtuale.

Elden Ring raccoglie, infatti, lo scettro deposto a terra da progetti pionieristici come The Elder Scrolls e Gothic, sguinzagliando il giocatore nei confini di un universo Tolkieniano in attesa di esser battuto centimetro per centimetro. Le critiche rivolte alla totale mancanza di un HUD complessa e di segnalatori visivi, scagliate da sviluppatori solitari di Ubisoft e di Guerrilla Games, rappresentano la testimonianza concreta della difficoltà dei giovani creativi nel comprendere tale radice filosofica. In realtà, la dinamica è estremamente semplice: il giocatore non ha bisogno di alcun input, perché è sufficiente il panorama che gli si pone davanti agli occhi per spingerlo a giocare. Osservando un punto di interesse, come ad esempio un castello, questi decide di esplorarlo, entrando in un anello di gameplay estremamente basilare, interamente radicato nella curiosità e nella scoperta che ne deriva, senza che ci sia bisogno di medium artificiali come segnalini o indicatori. Ci sono appassionati che vivono le decine di ore offerte da Elden Ring senza mai soffermarsi a leggere una singola linea di dialogo o la descrizione di un oggetto, concentrandosi esclusivamente sull'estetica e sull'interazione, restando comunque catturati dall'esplorazione e dalle dinamiche che ne scaturiscono.

ln Elden Ring il mondo di gioco è il vero protagonista
ln Elden Ring il mondo di gioco è il vero protagonista

God of War: Ragnarok, dal canto suo, deve saper fare tutto e deve riuscire a farlo dannatamente bene. Deve alternare sequenze puramente narrative a fasi che abbozzano una timida esplorazione, senza metter da parte la caratterizzazione dei personaggi nemmeno per un istante. Il più grande alleato del gioco di Santa Monica Studio è infatti il dialogo, che prende per mano il giocatore e lo guida - forse anche troppo - nei meandri dei Nove Regni. "Sai cosa mi manca, fratello? Fare un bel giro", sussurra Mimìr; "Ho sentito una creatura ferita in quella direzione", dice Atreus. Tutto ciò mentre l'immancabile bussola trascina il giocatore verso il sentiero corretto, e persino gli sviluppatori scherzano con il proprio costrutto virtuale. Ad un certo punto un personaggio esclama: "Kratos, dove stai andando?", e Atreus risponde per il padre: "Sta solo esplorando, ogni tanto fa così". Il compito assegnato a God of War: Ragnarok non è affatto semplice, perché la storia dei videogiochi ambientati in mappe aperte è segnata dal contrasto fra l'esigenza di raccontare una storia e quella di includere contenuti secondari. Nel titolo di Sony, tutti gli elementi si mettono al servizio del racconto, disegnando un quadro coerente nel quale il mondo assolve il ruolo di scenografia.

Esiste una formula migliore dell'altra? Titoli come The Legend of Zelda: Breath of the Wild valgono di più o di meno rispetto a opere come The Last of Us Parte 2? Proprio qui casca l'asino, perché quello del videogioco è uno strumento duttile, capace di inseguire fini completamente diversi e di raggiungere l'eccellenza in qualsiasi caso. In God of War: Ragnarok il mondo si inchina di fronte alla vicenda di Kratos, mentre in Elden Ring il protagonista è il mondo stesso; allo stesso modo esistono appassionati che vogliono assimilare al meglio una grande storia godendo della scenografia, mentre altri che sognano un'immensa tela bianca sulla quale imprimere la propria. Voi che tipo videogiocatori siete?

Il gioco

In God of War il gameplay si mette al servizio della narrativa
In God of War il gameplay si mette al servizio della narrativa

La differenza fondamentale tra God of War: Ragnarok e Elden Ring risiede nel fatto che parlando del primo - nei paragrafi precedenti - non abbiamo praticamente fatto menzione del gameplay, perché non ce n'è stato bisogno. Tanto la narrativa quanto il mondo dell'opera di FromSoftware, invece, sono intrinsecamente legati all'atto stesso di giocare: il mondo di gioco è il protagonista della narrativa, mentre l'esplorazione di quel mondo costituisce il gioco stesso.

È così che prende vita Elden Ring: liberando il giocatore di fronte a un panorama sconfinato, dandogli giusto una scia di briciole da seguire e consentendogli di arrivare ovunque, in qualsiasi momento. L'unico ostacolo risiede nelle battaglie necessarie per spingersi ancor più in là, che alzano il sipario su un sistema di progressione molto particolare: non basta potenziare il proprio alter-ego virtuale, ma è necessario che sia il giocatore a diventare più forte, a sfruttare quanto appreso per metterlo in pratica nello scontro successivo. Se ci si trova di fronte a un muro poco importa: basta montare in groppa a Torrente e cavalcare in un'altra direzione, in cerca dell'arma o della magia miracolosa che consentirà al Senzaluce di oltrepassare i suoi limiti. Alla fine tutto è gameplay, e non esistono momenti morti.

L'intero Elden Ring ruota attorno al gameplay, anche multigiocatore
L'intero Elden Ring ruota attorno al gameplay, anche multigiocatore

God of War: Ragnarok adotta una struttura diametralmente opposta: la componente narrativa spinge Kratos a muoversi lungo la scenografia dei Nove Regni della mitologia norrena, incontrando un tessuto del gameplay che si mette anch'esso al servizio del racconto. È una sinfonia nella quale ciascuno strumento ha un compito ben preciso, dovendo intonare il sottofondo perfetto per un viaggio che rimarrà sostanzialmente invariato per ogni giocatore. Tutti i tasselli del mosaico si inseriscono al posto giusto, e proseguendo lungo i binari s'incontrano espedienti pensati per alimentare la formula: ogni enigma ambientale diventa un pretesto per far dialogare i protagonisti, ogni missione secondaria costruisce la caratterizzazione dei personaggi, ogni combattimento è un ulteriore passo lungo il percorso di crescita di Kratos. Ma, in questo bellissimo affresco, capita che la volontà di raccontare una grande storia cozzi con le regole e le tempistiche del videogioco.

Posto che tanto Elden Ring quanto God of War: Ragnarok sono videogiochi che guardano al passato, recuperando le ispirazioni alla base dei grandi metroidvania, delle opere cinematografiche, di tutti i progetti che hanno fatto la storia del settore, gli artisti di Santa Monica Studio hanno osservato anche il lavoro di FromSoftware per sviluppare le fatiche del nuovo Kratos. La rivoluzione creativa d'azione in terza persona portata da Hidetaka Miyazaki, sul piano dei sistemi di combattimento, ha infatti influenzato tutti i più grandi attori del mercato, cambiando persino l'orientamento di saghe affermate come Assassin's Creed. Alcune delle battaglie contro i boss dell'Interregno sono entrate a far parte della leggenda, mentre ancora oggi i Senzaluce si affrontano l'uno con l'altro nei grandi colossei che hanno punteggiato il continente.

La cifra stilistica

Perché i videogiochi di FromSoftware hanno così tanto successo?
Perché i videogiochi di FromSoftware hanno così tanto successo?

Se doveste indicare il cuore di God of War: Ragnarok e di Elden Ring, una sorta di impronta digitale artistica che li distingue dagli altri titoli, cosa scegliereste? Le recenti opere di FromSoftware puntano tutto sulla direzione artistica, sacrificando la grezza qualità grafica per investire risorse nella costruzione di immagini potenti: un affascinante avversario cammina lentamente verso il protagonista mentre l'orchestra intona un'epica colonna sonora, e dopo pochi istanti di silenzio esplode un combattimento all'ultimo sangue tra le macerie di un salone gotico. Cavalcando ai quattro angoli del mondo, si raccolgono frammenti d'informazioni ai piedi di strutture monumentali, risolvendo una battaglia dopo l'altra l'enigma della missione del Senzaluce. Si tratta di un titolo che solo apparentemente scommette sulla difficoltà, trascinando invece il giocatore in un vortice di auto-miglioramento che spinge verso incessanti sfide e soddisfacenti vittorie.

In God of War: Ragnarok è la mitologia norrena ad occupare il centro del palco, prendendo vita attraverso creature sovradimensionate e divinità curate nei minimi dettagli, animate lungo sequenze d'azione che sfidano a viso aperto le più grandi produzioni di Hollywood. La potenza risiede nelle espressioni dei personaggi, nelle emozioni che gli spezzano la voce, nella cura artigianale riservata ad ogni ruga che segna il volto di Kratos, che rimane impassibile persino di fronte a esseri impossibili come Jormungandr. L'essenza dei moderni God of War si nasconde nella vicenda di un dio umano in un mondo disumano, il teatro di un racconto di crescita e formazione che orbita attorno all'idea di costruire un poema epico interattivo, un prodotto che sul piano cinematografico non teme alcun rivale. È stata proprio questa deriva a trainare God of War del 2018 fino alla statuetta per il Game of the Year; possibile che si sia perso qualcosa lungo la strada verso il Ragnarok?

Due anime

Sony Interactive Entertainment sta costruendo un futuro interamente fondato sulla narrativa
Sony Interactive Entertainment sta costruendo un futuro interamente fondato sulla narrativa

La battaglia tra God of War: Ragnarok e Elden Ring è emblematica: il mercato dei grandi videogiochi AAA per il giocatore singolo si è infatti assottigliato sempre più nel corso degli anni, al punto che è quasi arrivato a ridursi a due sole ispirazioni. Da una parte ci sono i videogiochi incentrati sul comparto narrativo, che adottano formule solitamente più lineari e vivono della volontà di raccontare una grande storia universale. Dall'altra, invece, si posizionano tutte le esperienze che forniscono al giocatore gli elementi necessari per scrivere una storia personale, lasciando nelle sue mani il compito di esplorare i mondi virtuali al fine di assemblarla pezzo per pezzo.

Nel tempo si sono venute a creare particolari sfumature e contaminazioni, come ad esempio The Witcher 3: Wild Hunt, che unisce il meglio dello storytelling tradizionale a una componente fondata sulla libertà, ma nel grande ordine delle cose si è instaurato un solido dualismo creativo. Basti pensare al 2023: Starfield promette una galassia di possibilità, mentre Final Fantasy XVI una grande storia originale; The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom sembra voler insistere sulla natura al limite del sandbox, mentre Marvel's Spider-Man 2 mira a proseguire l'orizzontale odissea di Peter Parker.

Il mondo di Elden Ring incarna invece il grande gioco di ruolo nel quale perdersi per ore
Il mondo di Elden Ring incarna invece il grande gioco di ruolo nel quale perdersi per ore

In questo 2022 siamo stati indubbiamente fortunati, avendo potuto mettere le mani su una coppia di eccellenti produzioni estremamente distanti tra loro. Eppure la corsa a due fra le fatiche di FromSoftware e Santa Monica Studio fa riflettere sulla recente tendenza che sta guidando premi come il GOTY: fatta eccezione per It Takes Two, sono ormai anni che il massimo riconoscimento dell'industria viene assegnato a opere figlie di tali filosofie creative, a discapito delle produzioni che si differenziano dalle correnti dominanti. Fra i due titoli in esame, quello di FromSoftware fa il miglior uso delle caratteristiche che sono proprie esclusivamente del medium videogioco, puntando tutto su qualità difficilmente replicabili altrove.

In ogni caso, quella tra God of War: Ragnarok e Elden Ring resta anche e soprattutto una scelta di cuore. Per molti appassionati, il videogioco deve essere prima di tutto il contenitore di grandi storie votate ad altrettanto grandi emozioni, l'habitat di personaggi con cui stringere un legame intimo. Per altri, invece, deve mettere in scena un mondo virtuale nel quale perdersi da assoluti protagonisti, ritagliandosi uno spazio oltre lo schermo fatto di sfide e di conquiste. E voi da che parte state?