Eravamo quattro amici al bar. Mentre chiacchieravamo è emersa una discussione che, quasi certamente, qualsiasi gruppo di videogiocatori seduti attorno a un tavolo si è trovato ad affrontare almeno una volta negli ultimi anni. "Il mercato dei videogiochi non è più quello di una volta, un tempo c'erano molte più uscite", ha detto qualcuno. E qualcun altro ha risposto: "Il problema non è la quantità, ma la qualità; pensa se un'esperienza innovativa come World of Warcraft uscisse oggi: meriterebbe di vincere qualsiasi premio". Al che gli ho risposto: "Sai che non sono convinto del fatto che sia riuscito a vincere dei premi nemmeno nel 2004...", e lui, piccato: "Ma come? Quali altri giochi sono usciti nel 2004 con un impatto maggiore di WoW?". Smartphone fuori dalla tasca, swipe laterale, ricerchina tattica su Google. Poi, per qualche secondo, è calato il silenzio.
Nel 2004 a fare man bassa di statuette per il GOTY è stato Half-Life 2, ma accanto a lui sono stati pubblicati il succitato World of Warcraft, Metal Gear Solid 3: Snake Eater, GTA: San Andreas, Halo 2, Need for Speed: Undergroud 2, Fable, Metroid Prime 2: Echoes, The Suffering, Ratchet & Clank 3 e tantissimi altri. E il 2004, in linea generale, non è stata neppure l'annata più ricca sul fronte dei videogiochi. Quindi è vero? Un tempo c'erano molte più uscite, e di qualità superiore rispetto alla media attuale? E se è vero, che cos'è cambiato durante tutti questi anni? Perché oggi la corsa verso il premio per il Game of the Year è sempre più spesso una lotta tra due soli candidati, come quella tra Elden Ring e God of War: Ragnarok?
Tra risposte autoesplicative e situazioni decisamente più complesse, quello dell'evoluzione del mercato dei videogiochi è un fenomeno molto difficile da leggere, ed è il riflesso di un medium che ha conosciuto una fra le crescite più rapide di tutti i tempi. Proviamo a ripercorrere le più grandi annate dei videogiochi, nel tentativo di comprendere quanto sia cambiata l'industria e soprattutto il suo pubblico.
Gli anni d'oro del grande Real
La principale soluzione dell'enigma è più che mai banale: l'evoluzione tecnologica dell'industria ha trasformato quello che era un procedimento relativamente semplice, ovvero lo sviluppo di un videogioco, in un ciclo interminabile guidato da immense aziende che coinvolgono centinaia, a volte migliaia di dipendenti. Una volta sviluppare un episodio di Final Fantasy era quanto di più immediato si potesse immaginare: bastava disegnare il concept, mettere al lavoro i pixel artist, scrivere una storia e un mondo di gioco, passare all'esecuzione, e via, si metteva in cantiere il capitolo successivo. Si trattava di un processo radicato nella fase creativa e fulmineo sul piano della programmazione, fatto di decisioni agili e di cambi di rotta istantanei, flessibile nella burocrazia e poco intensivo in termini di risorse. Restando nell'orbita dei capitoli di Final Fantasy, è sufficiente pensare che Squaresoft ne ha pubblicati undici nell'arco dei primi quindici anni di vita del franchise, mentre dal 2003 al 2023 - nel corso degli ultimi vent'anni - ne ha prodotti solamente quattro. Prima di tuffarci nel perché e nel percome, tuttavia, vale la pena dare uno sguardo all'evoluzione, e all'involuzione, delle annate dell'industria.
Nel 1998, ad esempio, abbiamo assistito all'emersione di Metal Gear Solid, The Legend of Zelda: Ocarina of Time, Half-Life, Tekken 3 e Resident Evil 2. C'è stato il debutto occidentale di Pokémon - attraverso Rosso e Blu - nonché l'esordio di Banjo-Kazooie, la genesi di Grim Fandango, la creazione di Starcraft e la riconferma di Crash Bandicoot 3: Warped; è uscito Baldur's Gate, è stato creato il franchise di Mario Party, F-Zero X ha varcato il confine delle tre dimensioni mentre Spyro: The Dragon ha spalancato le ali su console PlayStation. Per la prima volta è apparso Rainbow Six, così come Tenchu e Parasite Eve, mentre Fallout 2, Tomb Raider 3 e Oddworld: Abe's Exoddus hanno costruito sulle fondamenta delle rispettive saghe. Insomma, la produzione era fuori scala rispetto alla dimensione contemporanea, dozzine di neonate serie iniziavano timidamente a prender forma, mentre formule inedite continuavano ad esordire senza sosta. A ben vedere il 1998 - che, badate bene, abbiamo analizzato solo parzialmente - punta i riflettori su un altro problema dell'industria moderna: la netta diminuzione delle nascite di nuovi brand.
Non bisogna tuttavia ancorarsi all'idea che una tale mole di uscite sia il retaggio di un'epoca scomparsa da secoli, perché è sufficiente guardare al 2013 per rendersi conto di come tale trend sia proseguito per svariati anni. È stato infatti l'anno che ha dato i natali a Grand Theft Auto V, a BioShock: Infinite e a The Last of Us. Ha messo in scena i reboot di Tomb Raider e di Devil May Cry, le escursioni caraibiche di Assassin's Creed IV: Black Flag, l'esplosione di DotA 2 ed il turbolento lancio di Final Fantasy XIV. Dalle sue pieghe sono sbucati titoli come Beyond: Due Anime e Pikmin 3, brand inediti come Injustice: Gods Among Us e graditi ritorni come quelli di Luigi's Mansion 2, Dead Space 3 e Metro: Last Light. Il suo fondale è stato colorato anche da progetti più contenuti, come Papers Please, Payday 2, The Stanley Parable e Guacamelee. Spostiamo ancora in avanti le lancette dell'orologio per arrivare ad un 2017 che, dal canto suo, non è stato certo da meno. Ha presentato al mondo opere del calibro di The Legend of Zelda: Breath of the Wild, Super Mario Odissey, Horizon Zero Dawn, Nier: Automata, Resident Evil 7 e Assassin's Creed: Origins; è stato l'anno di Prey, di Divinity: Original Sin 2, di Hollow Knight, di Cuphead, del debutto occidentale di Persona 5 e di quello assoluto per The Evil Within, dell'imponente Mario Kart 8: Deluxe e del fenomeno mondiale PlayerUnknown's Battlegrounds.
Alcune delle annate migliori dei videogiochi:
2011: Skyrim, Dark Souls, Minecraft, Portal 2, The Legend of Zelda: Skyward Sword, The Witcher 2, Batman: Arkham City, Deus Ex: Human Revolution, Dead Space 2, The Binding of Isaac, To The Moon, LA Noire, Uncharted 3.
2007: BioShock, Mass Effect, Uncharted, Portal, Assassin's Creed, The Witcher, Super Mario Galaxy, Halo 3, God of War 2, Team Fortress 2, Half-Life 2 Episode 2.
2002: Morrowind, Super Mario Sunshine, Eternal Darkness, Metroid Prime, Splinter Cell, Neverwinter Nights, Animal Crossing, GTA: Vice City, Sly Cooper, Ratchet & Clank, Warcraft 3: Reign of Chaos, Age of Mythology, The Legend of Zelda: The Wind Waker.
2001: Halo, GTA III, Super Smash Bros. Melee, Metal Gear Solid 2: Sons of Liberty, Devil May Cry, Final Fantasy X, Paper Mario, Conker's Bad Fury Day, Jak and Daxter, Max Payne.
1992: Super Mario Kart, Ultima Underworld, Indiana Jones and the Fate of Atlantis, Sonic The Hedgehog 2, Streets of Rage 2, Alone in the Dark, Wolfenstein 3D, Dune II, Mortal Kombat, Contra III, Kirby's Dream Land, Shin Megami Tensei.
Sì, è vero, è fisiologico che andando indietro nel tempo emergano annate sempre più imponenti, ma siamo sicuri che la mole e la qualità delle pubblicazioni abbiano effettivamente conosciuto una flessione? Verifichiamo. Nel 2022, i più grandi esponenti del mercato tripla A sono stati Horizon Forbidden West, Elden Ring, God of War: Ragnarok, Gran Turismo 7 e Call of Duty: Modern Warfare II. Se non fosse per lo straordinario numero di produzioni di casa Nintendo, una decina di titoli che spaziano da Bayonetta 3 fino ai nuovi episodi di Pokémon, si tratterebbe di un'annata piuttosto scarna, tanto che a trainare la carretta è dovuto intervenire il mercato indipendente. Immortality, Tunic e Chained Echoes sono solo tre esempi del tappeto di produzioni minori che hanno segnato l'ultimo anno. Ciò che desta preoccupazione, d'altra parte, è il numero di videogiochi che un tempo sarebbero stati accolti a braccia aperte, e che invece hanno volato al di sotto delle aspettative, come ad esempio Dying Light 2 o Saints Row, Gotham Knights o The Callisto Protocol.
Il tempo, il costo, l'innovazione
Come anticipato, è evidente che gran parte della "colpa" risieda nella nuova dimensione del mercato dei videogiochi che, oltre a richiedere enormi investimenti di tempo e denaro, insegue un miglioramento grafico sempre più risicato e non ammette errori di sorta. Capita che i progetti rimangano in cantiere per svariati anni, impegnando centinaia di lavoratori quotidianamente all'opera su modelli al limite del fotorealismo, con il rischio più che mai concreto di mancare il bersaglio delle vendite e andare incontro a inevitabili crisi finanziarie. Se, da una parte, è possibile che la penuria di grandi uscite che ha caratterizzato gli ultimi anni sia per la maggior parte ascrivibile alle conseguenze della pandemia globale, il problema più ingombrante risiede senza dubbio nell'evidente scarsità di nuovi franchise.
Pensiamo al caso di Nintendo, che pur essendo l'impresa che ha commercializzato più proprietà intellettuali nel 2022, ha scelto di non mettere in scena nessun prodotto inedito. Abbiamo ricevuto un sequel di Splatoon, un nuovo Mario Strikers, l'ennesimo Pokémon, il terzo episodio nelle saghe di Xenoblade Chronicles e di Bayonetta, il secondo capitolo di Mario+Rabbids e l'evoluzione portata da Nintendo Switch Sports. La situazione non è certo diversa sul fronte di PlayStation: nel futuro di PS5 ci sono infatti tre diversi remake - tra Silent Hill 2, Final Fantasy VII e Star Wars: KotoR - c'è il sedicesimo capitolo di Final Fantasy, il sequel di Marvel's Spider-Man, il debutto in VR per Horizon, mentre l'unica mosca bianca attualmente confermata sembra essere Marvel's Wolverine. Microsoft è l'unico platform-owner che nel corso del 2022 ha lanciato delle nuove IP - ovvero Pentiment, Grounded, Deathloop e As Dusk Falls - mentre si appresta ad alzare il sipario su Starfield e ha già scolpito diverse novità all'orizzonte, come ad esempio Avowed di Obsidian Entertainment; ma anche nel suo caso, tra un Perfect Dark, un Fable e parecchie produzioni minori, la line-up resta radicata prevalentemente nel passato.
Quella di investire su un nuovo videogioco è diventata un'operazione estremamente rischiosa: i tempi di sviluppo sono lievitati al punto da spostare molto nel futuro un ritorno sull'investimento che è incerto per la stessa natura del medium, ovviamente a meno che il progetto in esame non porti in calce un nome altisonante come quello di Grand Theft Auto. Se da una parte è decisamente più sicuro scommettere su marchi consolidati, dall'altra il segmento della realizzazione tecnica e le funzioni legate al marketing assorbono ormai la maggior parte delle risorse, mentre l'estensione dei processi porta sovente a presentarsi sul mercato forti di formule radicate nel passato, proprio perché creativamente nate nel passato. Forse è per questa ragione che i titoli più impattanti si trovano ormai tradizionalmente vicini al tramonto di una generazione, finestra temporale che ultimamente ci ha regalato i vari The Last of Us, GTA V, Red Dead Redemption 2 e God of War. La vera spinta innovativa è ormai quasi esclusivamente pervasiva del mercato indipendente, che per sua stessa natura deve riuscire a distinguersi attraverso la ricerca al fine di emergere tra migliaia di pubblicazioni e titani del settore, scommettendo sulla creatività e sacrificando il peso della grafica, adottando un modello estremamente simile a quello che guidava l'industria nei suoi anni d'oro.
E poi è intervenuta lei, la pandemia, che ha messo un freno agli interminabili e dispendiosi cicli di sviluppo denunciati dall'ex patron di Sony Interactive Entertainment Shawn Layden, tutt'ora convinto che la formula contemporanea sia insostenibile. Se è vero che lo stop forzato ha inevitabilmente stravolto i piani dei più grandi attori del mercato, è ugualmente vero che a cambiare siano stati anche i metodi di fruizione dei videogiochi. Come nelle sale dei cinema, che al giorno d'oggi sono gremite di persone solamente in occasione delle grandi proiezioni evento - sull'onda di Avatar e dell'universo cinematografico Marvel - così l'attenzione del pubblico di massa sembra accendersi solo in concomitanza con le rare produzioni massive, penalizzando di riflesso un'intera categoria di progetti, tutti quei videogiochi discreti che oggi vengono bistrattati sui social.
E alla fine arriva il 2023: era solo un brutto sogno?
Fino a questo momento abbiamo sollevato delle ipotesi ancorandoci alla recente carenza di pubblicazioni, ma non si può fare a meno di notare come il 2023 prometta fuoco e fiamme: l'anno si è aperto con Forspoken, cui seguiranno Hogwarts Legacy, Atomic Heart, Star Wars Jedi: Survivor, The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom, Diablo IV, Final Fantasy XVI e Starfield. Assassin's Creed farà il suo ritorno con Mirage, Arkane Studios sta per scommettere su Redfall, ci sarà spazio per il remake di Resident Evil 4 e per l'attesissimo Hollow Knight: Silksong. Baldur's Gate 3 è ormai dietro l'angolo, Pikmin 4 mira a colorare ulteriormente gli schermi delle Switch, mentre Street Fighter 6 punta a conquistare il trono dei picchiaduro. All'orizzonte c'è Minecraft Legends, dopo anni tornerà Dead Island 2, Wo-Long: Fallen Dinasty promette scintille d'inedita azione, e alla fine toccherà a Marvel's Spider-Man 2 chiudere la saracinesca sull'annata.
Era solo un brutto sogno? Basterà una delle annate più ricche di sempre per spazzare via con un colpo di spugna tutte le preoccupazioni? Certamente il 2023 ha tutte le carte in regola per imporsi come uno degli anni più ricchi nella storia del medium, e dovrebbe mettere in scena anche un discreto numero di produzioni originali. D'altra parte, l'offerta è ancora tutta da valutare sul piano della qualità effettiva - basti vedere il primo inciampo di Forspoken - ed è altresì possibile che in mezzo a un tale oceano di produzioni siano proprio le carenze sul fronte creativo a prendersi il centro del palcoscenico. C'è un ultima cosa che bisogna prendere in considerazione: eravamo quattro amici al bar, e discutevamo di quanto un tempo i videogiochi fossero più belli e più numerosi; ma è veramente il mercato ad essere cambiato, o siamo noi ad essere invecchiati? Pur restando con questo dubbio, la speranza è che il 2023 riesca a farci sentire giovani ancora una volta.