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L'evoluzione dei Super Mario 2D

A poca distanza dall'uscita su Switch di New Super Mario Bros. U Deluxe, ripercorriamo assieme la storia di questa gloriosa serie.

SPECIALE di Alessandro Bacchetta   —   03/01/2019
New Super Mario Bros. U Deluxe
New Super Mario Bros. U Deluxe
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Parlare di Super Mario Bros. con una parziale pretesa di completezza, o di esaustività, implicherebbe la stesura di un saggio, e non è questo il caso: tuttavia, per capire come siamo arrivati a New Super Mario Bros. U Deluxe, è necessario partire dall'inizio. La storia di questa serie ha spesso coinciso con quella dei videogiochi, e poche altre saghe sono state associate in modo così vicino al concetto stesso di "videogame". Quando è arrivato, nel 1985, Super Mario Bros. non era il primo platform; ma metteva assieme così tanti elementi diversi, e aggiungeva così tante idee, con una qualità talmente alta, che se non è stata l'invenzione di un genere allora ne è stato il battesimo, con conseguente canonizzazione e creazione di un archetipo. Ogni platform 2D da lì in avanti avrebbe avuto un modello da seguire, un modello creato da Shigeru Miyamoto.

L'evoluzione dei Super Mario 2D

La differenza tra i titoli dell'ex R&D4 e quelli di, beh, tutti gli altri, era evidente allora, ma è quasi imbarazzante adesso, come si saranno accorti i giovani che li hanno esperiti per la prima volta su NES Classic Mini. Super Mario Bros. è divertente da toccare (e giocare) ancora oggi, ha un'interazione fantastica, un'inerzia particolare, un'armonia nel game design spaventosa, un ritmo "altro" rispetto a qualsiasi opera venuta prima, e a molti titoli venuti dopo. Prendete ad esempio Donkey Kong (antecedente) o Kid Icarus (successivo), tra questi giochi e Super Mario Bros. intercorre una distanza enorme, nelle possibilità offerte, nella qualità del design e nei controlli: i sottolivelli acquatici, le sezioni segrete, le monete da raccogliere, la combinazione corsa più salto da modulare analogicamente. La strutturazione stessa degli stage, con gli elementi presentati all'inizio, variati poco dopo, e fatti fiorire a fine percorso: una tesi di laurea di Miyamoto su un argomento ignoto. Super Mario Bros. ha trasportato in un mondo fiabesco milioni di giocatori, aveva un afflato verso il meraviglioso che oggi è difficile da comprendere, perché nel 2018 appare come un platform bidimensionale invecchiato bene, nel 1985 era l'esperienza più innovativa e coinvolgente che si potesse fare, un passo in avanti per il videogioco stesso, un titolo in cui le meccaniche perfette erano un mezzo per andare "altrove", e non la finalità stessa dell'opera.

L'evoluzione fino a Super Mario World

Creare un seguito dignitoso a un gioco del genere non era affatto facile, ma sostanzialmente costituiva un obbligo: come diceva Yamauchi, "il Nintendo non è altro che una scatola che si compra per giocare a Mario", e quindi non porgere altri Super Mario alla propria platea sarebbe stato delittuoso, nonché infruttuoso, due concetti che per il vecchio samurai, un samurai assai tabagista, più o meno erano coincidenti. Nacquero dunque, come molti di voi sapranno, due seguiti: uno diretto da Tezuka, un'iterazione epigonica e più difficile del capostipite, pubblicata in Giappone nel 1986, arrivata in Occidente anni dopo col sottotitolo di Lost Levels. L'altro venne plasmato da Tanabe, arrivò nel 1987 col nome di Doki Doki Panic, e fu così ben accolto da essere mascherato, almeno oltreoceano, da Super Mario Bros. 2. È evidente anche non conoscendo questa storia quanto Super Mario Bros. 2 sia diverso dal predecessore, e dagli stessi successori: tuttavia il pubblico lo apprezzò moltissimo, nonostante i nemici resistessero ai salti, nonostante i tanti oggetti da raccogliere e il ritmo frammentato. Inoltre l'estetica venne curata parsimoniosamente, tanto che molti dei nuovi nemici avrebbero abbracciato così a fondo il mondo mariesco da non lasciarlo più (Tipo Timido, ad esempio). Sebbene fosse stato abbastanza apprezzato da portare avanti la Mario-Mania, non era un autentico seguito di Super Mario Bros.: così sia Tezuka che Tanabe si misero a collaborare strettamente con Shigeru Miyamoto a quello che sarebbe divenuto il leggendario, e tuttora per molti insuperato, terzo capitolo della saga.

L'evoluzione dei Super Mario 2D

Super Mario Bros. 3 era già materia mitologica al momento dell'uscita, venne annunciato al cinema, nel film "Il piccolo grande mago dei videogames", e per molti anni ha detenuto il record di "titolo più venduto" per una singola piattaforma (senza contare quelli in bundle). Dettagli futili a parte, Super Mario Bros. 3, pubblicato in Giappone a fine 1988, riuscì in una specie di miracolo: fece apparire arretrato un gioco che faceva apparire arretrati tutti (o quasi) gli altri. Adesso è una situazione sostanzialmente inconcepibile, ma questo di fatto accadde, e un titolo così maestoso come Super Mario Bros. 3 lo fu nella sua epoca si è rivisto poche volte: otto mondi, ognuno con una propria mappa, una grafica eccezionale, animazioni curate, controlli sopraffini, una creatività dirompente dal primo all'ultimo livello, una quantità di nemici e power-up all'epoca sbalorditiva. La possibilità di tornare indietro e lo sviluppo verticale degli stage, che ha generato la "foglia" e il costume da procione (ok, non è un procione, ma va bene lo stesso) per volare e planare, sono le meccaniche che hanno permesso di mantenere intatto il "sense of wonder" del primo Super Mario Bros. Hanno complicato leggermente il gioco, ma per una buona causa. Uno step come quello del terzo episodio, ahinoi, questa saga non l'avrebbe più vissuto, e tutto ciò nonostante il seguito, gioco di lancio del Super Nintendo, sia considerato da molti il miglior platform della storia.

L'evoluzione dei Super Mario 2D

Super Mario World arrivò assieme alla nuova console, almeno in Giappone (e col nome di Super Mario Bros. 4...), nel 1990: era una diretta evoluzione di Super Mario Bros. 3, con controlli ulteriormente migliorati (e nuove mosse), livelli più lunghi, un'ambientazione coesa e, soprattutto, una grande mappa unificata contenente vari segreti. È il gioco che ha introdotto Yoshi, la cavalcatura idraulica per eccellenza; ha un game design ancora concentrato sulla conclusione del percorso, ma con una maggior vocazione all'esplorazione, confluita nell'ideazione delle Case Fantasma, e che sarebbe stata anticipatrice, come vedremo, alla creazione di Super Mario 64. Nonostante l'eccellente qualità, e nonostante i controlli migliori della saga, si era persa un po' di magia, almeno col pubblico: Sonic stregò milioni di giocatori, e il Super Nintendo vinse la console war grazie alla riesumazione incravattata - e britannica - di Donkey Kong Country, non per merito del comunque meraviglioso Yoshi's Island, seguito (solo nominale) di Super Mario World.

Dimenticato e rinato: New Super Mario Bros.

L'avvento delle console capaci di gestire una grafica poligonale non migliorò la vita dei platform 2D: verso la fine degli anni '90 sembrava che qualsiasi cosa dovesse divenire tridimensionale, la domanda era "come", non "se". Un approccio che ha mietuto diverse vittime, e che Nintendo non solo ha seguito, ma ha addirittura parzialmente originato. Per Shigeru Miyamoto, per lui più che per qualsiasi altra persona al mondo, Super Mario è stato quel mezzo, come dicevamo inizialmente, per portare il proprio pubblico "altrove". E in questo, solamente in questo, Super Mario 64 rappresentò davvero l'erede di Super Mario Bros.: per lo stupore che riuscì a creare, e per l'aver originato un "prima" e un "dopo" nella storia dei videogiochi. Per tanti anni nessuno ha dubitato che Super Mario 64 rappresentasse la naturale evoluzione della saga; eppure erano sparite le bandierine, era entrata in ballo una nuova dimensione, e i nemici si ammazzavano più picchiando che saltando. I pulsanti erano diventati moltissimi, e bisognava addirittura controllare la telecamera. Una complessità, sia nel sistema di controllo che nel game design, che per definizione non potrà mai competere con quella di Super Mario Bros. E Nintendo a competere con sé stessa, a sostituire la saga "vecchia", ci ha provato in ogni modo possibile. Il fatto è che, nonostante l'indifferenza di Miyamoto, Satoru Iwata volle riproporre, su Nintendo DS, un episodio bidimensionale.

L'evoluzione dei Super Mario 2D

Venne sviluppato da Kimura, con un team di minor talento e un budget ben più basso di EAD Tokyo (che cura la saga 3D), ma quando venne pubblicato nel maggio del 2006, be', New Super Mario Bros. vendette in breve tempo più di qualsiasi precedente titolo in tre dimensioni. Pochi anni dopo arrivò a trenta milioni di unità. Nessun Super Mario tridimensionale ha mai raggiunto i quindici milioni. Il titolo, come detto, era poco ambizioso: manieristico, conservatore, ma decisamente ben fatto. Portava l'interazione poligonale dove non c'era mai stata, e la serie dimostrò coi fatti di piacere a tutti, non solo ai nostalgici, come del resto era sempre accaduto in passato. Naturalmente il peso specifico di New Super Mario Bros. non è paragonabile a quello dei predecessori, ma il suo successo fu abbastanza forte da rinvigorire la saga, e da rivitalizzare il genere nel suo complesso. Nel 2009 arrivò il seguito, New Super Mario Bros. Wii, che sostanzialmente perfezionò l'operazione: schermo più grande e proporzioni più adeguate, ma soprattutto un bel televisore capace di esaltare il multiplayer locale. Anche su Wii superò i trenta milioni di unità vendute, quasi triplicando i numeri di Super Mario Galaxy. Iwata prese ancora più coscienza dell'importanza commerciale della saga, ma forse si illuse che potesse vendere senza alcuno sforzo.

L'evoluzione dei Super Mario 2D

I primi due New Super Mario Bros. erano manieristi, ma come detto introducevano l'interazione poligonale, arrivavano dopo quindici anni di assenza (un'eternità) e portavano il multiplayer locale. Erano, in un certo senso, giustificati a essere conservatori. Cosa che non si può dire per i successivi due episodi. Che riproposero le stesse musiche, e le solite ambientazioni (nella loro totalità, o quasi). Arrivarono addirittura durante lo stesso anno, nel 2012. New Super Mario Bros. 2, per Nintendo 3DS, diretto da Amano (che poi sarebbe passato a Splatoon), è il meno riuscito dei quattro: poco creativo e con un tema focale scarsamente sviluppato (quello delle monete). Ha comunque venduto dodici milioni, più del bellissimo Super Mario 3D Land. New Super Mario Bros. U, titolo di lancio di Wii U, è sostanzialmente un ampliamento del capostipite: simile nell'anima e nelle meccaniche, con sfondi maggiormente curati e delle bellissime sfide, anch'esso limitato dalle musiche e dalle ambientazioni ricorrenti, nonché dalle ormai prevedibili tre monete stella da cercare all'interno degli stage. È l'unico Super Mario bidimensionale ad essere stato "battuto", in termini commerciali, dal coevo episodio tridimensionale, Super Mario 3D World. E non è un caso. Riciclare engine e contenuti non ha portato a niente di buono, e l'ottimo Super Mario Maker ha, almeno formalmente, relegato New Super Mario Bros., inteso come serie, al passato: è una delle quattro skin dell'editor, assieme a quella del primo episodio, del terzo e del quarto. Tra poco arriverà su Switch la versione Deluxe di New Super Mario Bros. U, ed è comprensibile: si tratta comunque di un bel gioco, che ha ottenuto molto meno di quanto potesse a causa delle scarse vendite della piattaforma. Tuttavia dal futuro ci aspettiamo un'inversione di rotta: Nintendo dovrebbe trattare questa saga come il suo prodotto di punta, non come qualcosa che va fatto per forza, né come qualcosa di vecchio, ormai incapace di evolvere.