Avete presente il suono che fanno due spade che si scontrano? Per i giapponesi, l'onomatopea di questo suono è "chan-chan bara-bara". Più brevemente, "Chanbara". Con questo nome, Chanbara, si usa indicare i classici film di Samurai. Pellicole che, tramite l'arte della spada, il senso dell'onore e i combattimenti all'ultimo sangue, hanno segnato il cinema giapponese, ispirato registi di tutto il mondo e definito l'immagine che in occidente abbiamo del Giappone. Per temi, storia e scelte artistiche, il genere dei film di Samurai è stato anche la principale fonte di ispirazione di Ghost of Tsushima. Nonostante Sucker Punch sia un team di sviluppo americano con sede a Bellevue, Washington, il suo prossimo gioco attinge a piene mani da alcune delle più celebri pellicole di registi giapponesi come Masaki Kobayashi, Kihachi Okamoto, ma soprattutto Akira Kurosawa. E in questo video proviamo a vedere quali sono gli elementi e le ispirazioni dal genere Chanbara che hanno influenzato Ghost of Tsushima.
I colori di Ghost of Tsushima
Partiamo dall'elemento più scontato, e che è legato a una delle opzioni presentate più di recente. Parliamo della modalità chiamata Samurai Cinema, un'opzione che permette in qualsiasi momento di attivare un filtro grafico e giocare Ghost of Tsushima in bianco e nero, con diverse gradazioni di grigi, piccoli artefatti e un effetto pellicola. Tutto ovviamente per richiamare in maniera esplicita i film di samurai degli anni 50 e 60. Ghost of Tsushima non è il primo videogioco ad aggiungere un filtro di questo tipo: lo abbiamo visto con L.A. Noire e Uncharted: l'Eredità Perduta, ad esempio. Eppure Sucker Punch ha deciso di affrontare una sfida non da poco, perché non basta un semplice filtro in bianco e nero per ricordare classici come Sanjuro e i Sette Samurai. Nonostante i film a colori fossero una realtà affermata già dalla prima metà del 900, è solo nel 1970 con il lungometraggio Dodes'kaden che Kurosawa ha iniziato a realizzare film a colori.
Questo per due motivi: da un lato, per una pura questione economica, visto che per molte produzioni giapponesi girare film a colori era ancora troppo costoso. L'altro motivo, il più importante, era legato a una visione artistica del regista. Secondo Kurosawa, la tecnologia all'epoca non era in grado di riprodurre felmente i colori del Giappone: non erano abbastanza... reali. La scala di grigi riusciva a creare invece dei contrasti netti, restituiva una perfetta atmosfera e veniva utilizzata per enfatizzare la narrazione. Solo dopo aver studiato e perfezionato l'utilizzo dei colori, Kurosawa ha cominciato a realizzare pellicole vivaci, in cui i colori avevano sempre un senso e non erano mai a caso. A volte avevano un significato simbolico, altre volte servivano ad attirare l'attenzione su alcuni dettagli, altre ancora comunicavano con forza lo stato di una scena o le emozioni di un personaggio.
Questo attento utilizzo dei colori lo si può notare in alcune delle sequenze di Ghost of Tsushima diffuse finora. In un momento visto più volte nei trailer, ad esempio, la luce del sole, la stoffa degli abiti e il campo di grano tingono la scena di giallo, colore che per i giapponesi simboleggia il coraggio. In altre importanti scene di battaglia, il colore predominante è il rosso, simbolo universale di violenza, pericolo e aggressività. Anche nel gioco, i colori verranno utilizzati in diverse occasioni per attirare l'attenzione. In Ghost of Tsushima le volpi fungono da guida e conducono a dei piccoli altari segreti: da un lato si è scelta la volpe perché è un animale considerato sacro, dall'altro, la sua pelliccia rossa è facile da scorgere anche da lontano mentre si attraversano i boschi. Oppure, guardando il paesaggio dall'alto di una collina, un albero rosso sulla distanza può incuriosire e invitare il giocatore a esplorare in quella direzione, mentre le foglie rosse sul terreno attirano l'occhio e potrebbero indicare la strada verso un obiettivo o un segreto. A differenza di molti film di Kurosawa, Ghost of Tsushima non nasce per essere fruito in bianco e nero, e per questo bisognerà capire quanto, soprattutto nei momenti in cui si gioca attivamente, magari nascondendosi nell'ombra in un accampamento buio, sarà facile decifrare quello che sta accadendo a schermo. Quello che è certo è che, combinato con la modalità fotografica, il filtro in scala di grigi permetterà di creare delle immagini estremamente evocative.
Cambi di formato
L'utilizzo dei colori - anzi, l'assenza dei colori - non è l'unica tecnica che Ghost of Tsushima sfrutta per imitare il cinema. Durante l'ultima presentazione, si è visto come, quando c'è uno scontro letale, il gioco cambia aspect ratio, ovvero il formato cinematografico. In questi casi, l'aspect ratio passa a 2.35:1, il cosiddetto formato Cinemascope. Altri sviluppatori in passato hanno usato il formato Cinemascope per dare un sapore cinematografico ai giochi, ma non sempre sono stati accolti in maniera positiva dagli appassionati. A seguito di forti critiche dal pubblico, The Evil Within, ad esempio, ha visto un aggiornamento che rimuoveva le cosiddette letterbox, le bande nere in alto e in basso. In Ghost of Tsushima tuttavia le letterbox sembrano limitarsi alle scene d'intermezzo e agli scontri letali. Curiosamente, in Scott Pilgrim vs. the World si utilizza lo stesso cambio di aspect ratio appena inizia un combattimento, ma in quel caso si vuole strizzare l'occhio ai videogiochi, come se quella fosse una sequenza d'intermezzo che introduce a una boss fight. È divertente quindi vedere come la stessa tecnica in Ghost of Tsushima e Scott Pilgrim venga utilizzata nello stesso contesto ma traendo dall'ispirazione completamente opposta. Ghost of Tsushima si rifà ai film, Scott Pilgrim ai videogiochi.
La composizione
Uno dei motivi per cui i film di Kurosawa sono così potenti e memorabili, è legato alla capacità del regista giapponese di dare un significato e una forza unica a ogni singola inquadratura. Ogni immagine è ponderata, è concepita per esprimere un'emozione o un concetto nella maniera più efficace possibile, e per questo Kurosawa giocava con la composizione, spesso infrangendo le regole del cinema. Soprattutto, Kurosawa muoveva la telecamera, non gli attori. Nelle sue opere si vede come l'inquadratura si avvicina e si allontana dai personaggi, passa a un primissimo piano per creare un effetto drammatico oppure usa campi lunghi e campi lunghissimi per evidenziare la maestosità di un paesaggio. Ovviamente in Ghost of Tsushima alcune somiglianze registiche emergeranno soprattutto nelle scene d'intermezzo, e dai pochi video visti finora si possono notare già diversi rimandi a pellicole come Sanjuro, The Sword of Doom e Harakiri. Nei momenti di gameplay, quando il giocatore controlla direttamente il protagonista, è più difficile ricreare questo dinamismo visivo, e infatti l'esperienza risulta sicuramente più tradizionale.
Tuttavia gli sviluppatori di Sucker Punch hanno provato a rendere l'aspetto del gioco un po' più cinematografico, implementando alcune tecniche utilizzate in altri videogiochi. A differenza di altri action in terza persona, come Assassin's Creed o l'Ombra di Mordor, durante l'esplorazione l'avatar del giocatore non è mai perfettamente al centro dello schermo, ma un po' spostato lateralmente. È un accorgimento che già di per sé crea un'immagine più armoniosa, perché segue quella che nella fotografia è la classica regola dei terzi. Avendo il personaggio leggermente decentrato, la telecamera dà più respiro allo scenario, rende più chiaro il percorso da seguire e, soprattutto durante le cavalcate, enfatizza il senso di velocità e rende più maestose le ambientazioni che si attraversano. È lo stesso accorgimento che nel 2005 ha utilizzato in maniera magistrale Shadow of the Colossus. Kurosawa era però noto anche per seguire e infrangere costantemente la regola dei terzi, e sarà quindi interessante vedere come Ghost of Tsushima farà lo stesso non solo nelle scene d'intermezzo ma addirittura durante qualche specifico momento di gameplay.
L'importanza della natura
Dalle interviste con il team di sviluppo è apparso evidente che Ghost of Tsushima si ispirerà ai film di Samurai, e in particolare alle pellicole di Kurosawa, non solo nell'ambientazione e nei combattimenti con la spada, ma anche nella narrazione e nei temi trattati. Nei chanbara movie del regista giapponese si ritrovano dei temi ricorrenti: la figura dell'eroico campione, il rapporto tra maestro e discepolo, i cicli della violenza e la tendenza dell'uomo all'autodistruzione, le differenze di classe e l'importanza della natura. Kurosawa proponeva questi temi in maniera diversa da film a film, e anche se non sappiamo con precisione quale sarà l'interpretazione di Sucker Punch, è chiaro da quello che si è visto che Ghost of Tsushima riprenderà molte di queste tematiche. C'è un ultimo grande elemento nei film di Kurosawa che ha ispirato gli sviluppatori di Sucker Punch. Ed è la natura.
Guardando un qualsiasi film di Kurosawa e di altri registi giapponesi, è impossibile non notare l'importanza che riveste la natura, attraverso paesaggi splendidi e scenari maestosi, ma soprattutto il ruolo cruciale che hanno le condizioni climatiche. Elementi come il vento e la pioggia partecipano all'azione assieme agli attori, a volte aiutando ad accentuare le emozioni dei personaggi o l'epicità di una scena. Il combattimento finale di Yojimbo (La Sfida del Samurai) non sarebbe lo stesso se non fosse avvolto da quelle forti folate di vento, mentre la battaglia conclusiva nei Sette Samurai non avrebbe un briciolo della potenza che ha senza la pioggia scrociante. Altre volte le condizioni atmosferiche rappresentano per Kurosawa delle metafore, come l'irrequietudine prima di una battaglia, la fine di un conflitto o un cattivo presagio portato dal vento del cambiamento.
Durante una nostra intervista, il creative director di Ghost of Tsushima, Jason Connell, ci ha rivelato che proprio il vento e la pioggia sono tra le ispirazioni più importanti per il team di sviluppo. Esattamente come nei film di Kurosawa, aiutano a rendere i momenti più epici, a creare un'atmosfera unica, certo, ma anche ad avere scene sempre dinamiche, in cui sullo sfondo c'è sempre qualcosa che si muove, qualcosa che rende l'immagine interessante agli occhi di chi guarda. Non solo. Gli sviluppatori hanno anche trovato un modo intelligente per integrare la natura nelle meccaniche di gioco di Ghost of Tsushima. Una volta selezionata una destinazione da raggiungere, il vento indicherà la direzione da seguire: una sorta di bussola che è coerente con l'ambientazione del gioco e che permette di orientarsi senza bisogno di una mini mappa o di indicatori sullo schermo. Per realizzare un'esperienza più autentica possibile, Sucker Punch sta collaborando con il Japan Studio di Sony, che dalla sua sede a Tokyo ha offerto consulenza al team ma si è occupata anche di registrare alcuni audio, come il rumore delle foglie o il verso di alcuni uccelli giapponesi. Sarà interessante scoprire quanto effettivamente queste commistioni di occidente e oriente, assieme alle ispirazioni dal cinema giapponese, riescano a impreziosire un'opera moderna che speriamo con tutto il cuore di non ricordare come l'equivalente nei videogiochi di 47 Ronin.