Il nome David Szymanski avrà fatto risuonare un campanello nella testa di più giocatori ma bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare: sebbene l'autore dell'eccezionale Dusk sia stata la calamita che ha attirato la nostra attenzione su questo nuovo indie, il ruolo principale nella creazione di Gloomwood spetta a Dillon Rogers, con cui Szymanski ha fatto coppia per dare vita a un FPS dalle tinte horror molto promettente. Del resto il gioco ha in comune con Dusk la visuale in prima persona, il publisher e la natura "immersive": per il resto, per i veri riferimenti, dobbiamo guardare altrove. Sarebbe facile dire che Gloomwood sia ispirato a Thief: The Dark Project ma al tempo stesso non sarebbe del tutto accurato: Dishonored è la serie che più si "ispira" a Thief, avendo preso alcuni concetti generali per trasformarli in qualcosa di nuovo. Gloomwood è diverso perché scava in profondità, muovendosi nel più specifico territorio del pastiche. Un termine che oggi viene utilizzato in tono dispregiativo per indicare opere considerate una versione dozzinale di ciò che le ha precedute. Non è il caso di Gloomwood.
Perché quando lo definiamo pastiche lo intendiamo nel suo significato più puro e originale: un gioco che celebra il passato, omaggiando con una cura quasi maniacale il capolavoro stealth realizzato da Looking Glass. Questo però non significa che Gloomwood esista unicamente come tributo, anzi: Szymanski e Rogers hanno preso il template di Thief e lo hanno arricchito secondo la loro visione, accompagnando allo stealth componenti survival horror ed FPS che permettono al gioco di avere un'anima tutta personale.
Un pastiche curato e promettente
Nei panni di un dottore senza nome, l'obiettivo della demo era ricongiungersi con un misterioso "G" all'interno di una magione: roba da ragazzi, se non ci fossimo trovati in una città devastata da una inspiegabile afflizione che potrebbe riferirsi a un morbo o a qualcosa di peggio. Inoltre, una volta mossi i primi passi tra queste geometrie vittoriane di roccia e metallo, scopriamo che l'accesso alla dimora è bloccato da un incantesimo per il quale servono due appositi sigilli. Insomma, persino un banale incontro tra due persone si trasforma in una lotta estrema di sopravvivenza: abbiamo giocato a difficoltà moderata ma fin da subito Gloomwood mette a disposizione una modalità nota come "Blood Moon", caratterizzata da un'elevata presenza di nemici, dall'assenza del loro cono visivo, dalla scarsità di risorse e dai danni ricevuti notevolmente incrementati. È qui che il gioco metterà a frutto in modo assoluto la propria componente stealth.
Tornando a noi, persino un livello di sfida moderato richiede una certa parsimonia nella gestione delle risorse, soprattutto per quanto riguarda la salute e, in misura minore ma comunque sentita, le armi da fuoco: il nostro personaggio sarà dotato di un bastone d'argento e avorio per il corpo a corpo, un revolver e un fucile a pompa per quanto riguarda gli scontri a distanza. Il bastone è l'arma di confronto per eccellenza, poiché permette di parare qualsiasi colpo (proiettili esclusi) senza subire danni. Ne abbiamo abusato non poco, va da sé però che è una situazione di vantaggio limitata ai combattimenti uno contro uno: Gloomwood rimane un'esperienza che affonda le sue radici in Thief, dunque la cautela è al primo posto quando si tratte di spostarsi lungo le spesso claustrofobiche vie cittadine. Proprio nel movimento il gioco replica la meccanica di base di Thief, poiché lo stealth è basato sia sul suono sia sulla luce. Procedere silenziosi e nell'ombra, magari persino accucciati, è la soluzione migliore per evitare incontri spiacevoli: la visibilità viene indicata dall'icona di una luna nell'angolo in basso a destra, mentre i diversi tipi di pavimentazione influiscono sul rumore causato dai nostri passi. La pietra, ad esempio, è sicura mentre camminare noncuranti su superfici di metallo equivale a ballare il tip tap nelle orecchie dei nemici.
Rimanendo nell'ambito del sound design, Gloomwood replica un altro aspetto di Thief, minore ma non per questo meno rilevante: il suono si propaga con precisione tra le stanze e attraverso le superfici. Questo significa che chiudendo una porta alle nostre spalle renderemo più difficile percepire eventuali rumori da noi prodotti, o se volessimo avvantaggiarci sui nemici e capire chi eventualmente si nasconda dall'altro lato di una porta chiusa possiamo appoggiarci al legno e origliare. In casi di estrema necessità, laddove il level design non ci permetta di sgusciare non visti alle loro spalle, possiamo causare volontariamente rumore magari lanciando una bottiglia per spingere i nemici ad abbandonare la loro posizione. Gloomwood, almeno per quanto riguarda la demo, non offre alcun tipo di uccisione stealth perciò qualora volessimo comunque prendere di sorpresa i nemici dopo averli distratti dobbiamo calcolare la nostra forza in base alla loro e soprattutto la resistenza: a volte, un affondo caricato è sufficiente a sbarazzarsi di alcuni mentre in altri casi li feriscono gravemente senza ucciderli e la colluttazione potrebbe attirare l'attenzione qualcuno vicino.
A proposito di level design, una differenza sostanziale tra Thief e Gloomwood risiede proprio nel fatto che in quest'ultimo la città è un enorme spazio unico da scoprire liberamente. Certo, nella demo questa esplorazione era piuttosto limitata dall'obiettivo in corso ma comunque permetteva di scegliere quale dei due luoghi visitare per primo alla ricerca dei sigilli e, soprattutto, metteva a disposizione diverse scorciatoie per muoversi con il favore delle tenebre. Tra condotti di ventilazione e passaggi segreti, la città potrebbe diventare la nostra arma più potente. La speranza, e al contempo la contrapposizione con Thief, è che il gioco completo renda la città completamente esplorabile anche grazie alle interconnessioni tra un punto e l'altro: questo potrebbe farle perdere l'unicità che caratterizzava Thief, la cui struttura "a livelli" permetteva di creare sezioni molto ispirate. Si tratterà comunque di una valutazione da demandare un volta giocato Gloomwood nella sua interezza poiché l'area iniziale è ovviamente limitata.
Thief ma anche Bloodborne
Un altro aspetto che separa Gloomwood da Thief è la già menzionata presenza delle armi da fuoco: se il bastone è utile per confrontarsi corpo a corpo e, in generale, tentare qualche sortita stealth, il revolver e il fucile a pompa sono gli sfollagente per eccellenza - in particolare il secondo. Da un lato la troviamo un'aggiunta utile, perché sebbene sia un gioco in prevalenza stealth non stiamo nemmeno manovrando il buon vecchio Garrett. Se dovessimo essere individuati dai cacciatori che pattugliano la superficie della città (e qui abbiamo notato il secondo richiamo a Bloodborne, dopo l'atmosfera generale seppur meno decadente del titolo From Software), lo scontro aperto resta comunque una soluzione fattibile, a tratti persino soddisfacente. A controbilanciare questa improvvisa potenza ci sono due fattori: le armi sono rumorose e soprattutto lente a ricaricare. Bisogna sempre tenere conto di quanti nemici potrebbero esserci nell'area ma in particolare di quanti colpi abbiamo in canna. Ricaricare mentre si è accerchiati è la soluzione più rapida per morire e poiché Gloomwood, a patto di non giocare alla difficoltà più semplice, non permette di salvare quando si vuole bisogna valutare con attenzione le proprie azioni. Dall'altro lato però, la gradita presenza delle armi da fuoco è anche il fattore che più destabilizza a nostro avviso l'altrimenti perfetta atmosfera cupa del gioco.
Non abbiamo parlato a caso di nemici che pattugliano la superficie. Sotto la città, nel sistema fognario, si celano creature che danno a Gloomwood quelle sfumature alla Bloodborne rese ancora più angoscianti dal fatto che non siamo noi a cacciare loro, quanto piuttosto il contrario. La demo ci ha messo di fronte a inquietanti uomini corvo la cui pericolosità è nettamente superiore a quella dei normali umani: la possibilità tuttavia di arruffare loro le piume con un colpo ben piazzato di fucile a pompa mitiga molto l'aura di orrore e raccapriccio che li ammanta. Rispetto a Thief, dove la tensione era costruita proprio attorno al timore di essere individuati e dover correre letteralmente ai ripari, Gloomwood sacrifica questa tensione in favore di un'esperienza più diretta. La nostra speranza, unita al fatto che il gioco dà il meglio di sé alla massima difficoltà, è che le armi da fuoco rappresentino più un'ultima ratio anziché una risorsa da usare con maggiore frequenza.
Grazie ai precedenti Dusk e Amid Evil, il publisher The New Bloods ha dimostrato di avere talento nel portare la metà degli anni Novanta al giorno d'oggi. Allo stato attuale, Gloomwood è senza alcun dubbio un omaggio molto curato e ben riuscito a Thief, capace di svincolarsi dal semplice tributo per offrire al giocatore un'anima propria: le deviazioni prese da Szymanski e Rogers rispetto alla formula originale sono senza dubbio interessanti ma ci sono alcune decisioni, come l'utilizzo delle armi da fuoco, che potrebbero compromettere il risultato finale annacquando un'atmosfera resa altrimenti in modo magistrale grazie anche a un ottimo sound design. Le due ore circa della demo rendono difficile farsi un'idea precisa su come andranno a finire le cose ma sono state sufficienti per dire che sì, Gloomwood ha tutte le carte in regola per essere una piccola, grande perla nel panorama indie.
CERTEZZE
- L'atmosfera tocca le giuste corde
- L'utilizzo del sound design è ottimo
- Impianto grafico vintage affascinante
DUBBI
- Le armi da fuoco potrebbero sporcare l'atmosfera
- L'esplorazione libera potrebbe privare il gioco di una certa distinzione