Dopo la retrospettiva della scorsa settimana, prosegue il nostro cammino di avvicinamento ad Halloween con un'analisi dei titoli che, per un motivo o per l'altro, sono concettualmente in debito con l'opera di John Carpenter. Il regista stesso non è estraneo al mondo dei videogame: nel 1998 si era occupato della colonna sonora di Sentinel Returns, psicotropo puzzle per la prima PlayStation (ma anche per Windows), disegnato nientemeno che da Geoff Crammond per Psygnosis, mentre nel 2011 aveva diretto le cut-scenes di F.3.A.R., episodio tombale della saga thrilling di Monolith.
Dal tie-in del 1983 ai multiplayer dei giorni nostri
Halloween è indicato come il capostipite del genere cinematografico slasher, con cui si identificano quegli horror in cui l'antagonista è un serial killer psicopatico che si dileggia a massacrare le proprie vittime, generalmente giovani donne e preferibilmente con armi da taglio. Per quanto difficile da credere, di videogame dedicati a Michael Myers ce ne sono solo due: il primo è Halloween del 1983, uscito per Atari 2600 e sviluppato da VSS, in cui Laurie Strodie deve salvare dei bambini a cui fa da babysitter dalle lame di Mike, in una sorta di platform abbastanza scolastico. Nota di colore: il publisher Wizard Video, in fase di liquidazione, vendette diverse copie del gioco senza etichetta, ma con la scritta sulla cartuccia fatta a mano! Dobbiamo attendere il 2016 per rivedere la maschera di Myers sui monitor, con il secondo DLC per Dead by Daylight, il multiplayer "asimmetrico" di Starbreeze, in cui si possono impersonare, alternativamente, sia i panni del male assoluto sia quelli di Laurie in terrificanti inseguimenti per le strade di Haddonfeld: si tratta di un gioco che sposa perfettamente le atmosfere del film. Concettualmente molto simile sia a Dead by Daylight che al film è Friday the 13th: Game, sviluppato da IllFonic ed uscito per le principali piattaforme poco più di un anno fa. Venerdì 13 nacque sulla scia del successo di Halloween (di cui può essere considerato un clone), ma, nonostante il successo al botteghino, non venne affatto apprezzato dalla critica: più o meno lo stesso destino della produzione edita da Gun Media.
Un po' di storia
Limitarsi a questi videogame sarebbe ingeneroso perché in fondo tutto il filone dei survival horror, il cui leader maximo è Resident Evil (1996) deve per certi aspetti pagare tributo ad Halloween, magari non in maniera diretta, ma per tutti gli spunti orrorifici che sono diventati veri e propri capisaldi di cultura popolare. Riteniamo inutile fare uno sterile elenco dei titoli più importanti, perché il rischio di dimenticarsene qualcuno è elevatissimo (soprattutto con l'invasione degli ultimi mesi), quindi ci limiteremo a pescare nel corso degli anni tra quelli che ci sembrano essere più vicini al film di Carpenter.
Iniziamo la rassegna riavvolgendo il nastro sino al 1996, con uno degli ultimi titoli di Human Entertainment, software house nipponica fallita alle soglie del nuovo millennio: parliamo di Clock Tower per PSX, seguito del gioco originariamente pubblicato nel solo Giappone per SNES. Si tratta di un punta-e-clicca come quelli che andavano di moda nella metà degli anni Novanta con la caratteristica che gli enigmi devono essere risolti con una certa apprensione visto che Scissorman, il cattivo di turno, è costantemente sulle tracce del giocatore. Clock Tower, pur avendo riscosso un buon successo commerciale con mezzo milione di copie vendute nonostante (o grazie a) il contemporaneo Resident Evil, è stato rivalutato dalla critica soltanto negli ultimi anni.
Calcando un po' la mano si potrebbe dire che Until Dawn (2015), super esclusiva per PlayStation 4, sia l'evoluzione, in chiave moderna, di Clock Tower: un gameplay asservito alla trama, diversi finali a seconda del "butterfly effect", la necessità di giocarlo più volte per scoprire per bene tutta la storia. Supermassive aveva iniziato a lavorarci sulla terza generazione delle console Sony, ma il risultato piacque a tal punto da meritarsi un upgrade anche dal punto di vista finanziario e i risultati sono stati lusinghieri: si tratta di un gioco che dovrebbe essere assolutamente presente nella libreria di un "sonaro", a prescindere che sia un amante del genere. Volete cambiare prospettiva? Potete farlo con Outlast (2013), uno dei progetti più interessanti degli ultimi anni. Si tratta di un first person (non) shooter in cui, armati della sola macchina fotografica, bisogna sottomettere l'entità che popola un vecchio manicomio. Il gioco di Red Barrels è molto interessante perché mette in chiara posizione di inferiorità il giocatore che, non avendo modo di sconfiggere i cattivi, vede nella fuga e nei nascondigli l'unica possibilità di sopravvivenza.
E un po' di cliché
Ma Halloween ci ha insegnato anche che sono i teenager le vittime più divertenti da far fuori con crudeltà: in ObsCure, avventura targata Microids e pubblicata nel 2004 per PC e console, non c'è il maniaco di turno ma i protagonisti sono un gruppo di adolescenti americani che rispecchiano gli stereotipi del genere: il palestrato, la cheerleader, il nerd, l'acida: insomma, non manca proprio nulla, nemmeno la mega hit Still Waiting dei Sum 41 che funge da colonna sonora a questo gradevole gioco di inizio millennio.
Preferite i cattivi senza volto? Mike Myers infatti indossa una maschera i cui tratti sono stati ricavati ispirandosi a William Shatner di Star Trek, al primo posto nella lista degli attori più inespressivi, quantomeno secondo Carpenter. Chi meglio di Slender, recentissimo personaggio nato dai racconti creepypasta poteva esserne un degno erede? Si tratta di un omone vestito in un tight nero col volto completamente privo di tratti somatici, giusto per non sbagliare. Slender è anche l'antagonista dell'omonimo videogame di Blue Isle, nato come versione commerciale di una demo creata nel 2012 da Mark Hadley. Non ci aveva fatto impazzire, ma evidentemente la critica non è al passo con gli influencer di YouTube e ha riscosso un successo commerciale strepitoso: per un euro e mezzo (spesso e volentieri è in offerta su Steam) potreste anche togliervi lo sfizio.
Ma se per una volta potessimo indossare noi la maschera di Mikey? Beh è sufficiente tornare ai primi anni Duemila con la creazione più violenta di Rockstar: stiamo ovviamente parlando di Manhunt, classe 2003, che riprende da vicino la tematica reality-show già vista in Halloween: Resurrection. Lo scopo dovreste conoscerlo: uccidere nel modo più cruento possibile altri malavitosi in modo che lo show diretto dal "Direttore" sfondi i record dell'Auditel: peccato solo che James Cash sia invecchiato non proprio benissimo, e che il seguito sia stato decisamente sottotono. A Manhunt è collegato anche un evento di cronaca nera: nel 2004 un 14enne inglese, Stefan Pakeerah, fu assassinato dall'amico 17enne Warren Leblanc, sotto gli effetti "maligni" provocati da diverse ore passate davanti a Manhunt. Erano già pronte azioni legali milionarie contro Rockstar e Sony quando la polizia di Leicester ha constatato che la copia del gioco era in realtà della vittima e che il fatto di sangue era da ricondurre alla droga.
Spostiamoci dalla parte dei "buoni" con Condemned: Criminal Origins (2005) di Monolith. Un FPS molto particolare in cui l'agente Ethan Thomas dà la caccia ad un serial killer... di serial killer. Il sistema di combattimento è abbastanza particolare, con elementi da picchiaduro, e la tensione è avvertibile anche se scema un po' nella seconda parte del gioco. Come ogni buon titolo violento anche Condemned ha sporcato la propria fedina penale: nel 2008 (a tre anni di distanza dal lancio), la Germania ne vietò le vendite per le scene ritenute eccessivamente cruente. A meno che non abitiate in territorio tedesco non dovreste comunque lasciarvi scappare quest'altro pezzo da novanta.