La rivoluzione open world non accenna a frenare la sua corsa, tanto che il genere, tutt'ora uno fra i più amati in assoluto, è stato in grado di partorire alcuni fra i più grandi successi commerciali dell'ultimo decennio. È sufficiente pensare all'eredità di Skyrim e a come questa sia stata raccolta da opere come The Witcher 3: Wild Hunt, The Legend of Zelda: Breath of the Wild, e più di recente Elden Ring, che è addirittura riuscito a conquistare senza particolare difficoltà il premio per il Game of the Year.
I mondi aperti hanno recentemente iniziato ad accusare il peso dell'inflazione: ormai la maggior parte dei grandi brand hanno scelto di abbracciare tale formula - comprese saghe storicamente distanti dal genere come Metal Gear Solid e Final Fantasy - disegnando un mercato nel quale la quasi totalità delle produzioni più importanti tratteggiano i contorni di mappe vastissime. Se da una parte la ricetta dell'open world resiste ancora al centro dei desideri degli appassionati, le sue interpretazioni più pigre hanno iniziato a venire a noia ad una grossa fetta del pubblico.
Parlare dei migliori videogiochi open world del 2022 è molto complicato: se non ci sono grossi problemi sul fronte della quantità - vista la mole di uscite sottese alla ricetta - è la qualità ad aver iniziato a scricchiolare, rendendo difficile estendere la selezione oltre i soliti noti.
Goat Simulator 3
L'unico modo sensato di inaugurare la selezione è attraverso Goat Simulator 3. Perché? Perché il sequel del simulatore di capra secondo Coffee Stain ha messo al centro del mirino proprio i mondi aperti, prendendosi gioco di ogni singola meccanica abusata nei confini del genere. Per svelare sezioni della mappa è necessario sincronizzarsi presso le classiche torri, finalmente si può salire a bordo dei veicoli, non ci si può distrarre un secondo che una sfilza di punti di domanda appaiono ai quattro angoli dell'isola.
Goat Simulator 3 è un videogioco per certi versi profetico, perché ha centrato in pieno la piccola crisi creativa che sta investendo la formula del mondo aperto e ha scelto di ricamare la sua intera filosofia sulla goliardica emulazione - come sempre per nulla velata - di tutte le caratteristiche che fanno storcere il naso agli appassionati. Insomma, è una metafora perfetta della traballante situazione dei videogiochi open-world nel 2022.
V Rising
Durante i primi battiti del 2022 è emersa una produzione in accesso anticipato fra le più promettenti degli ultimi anni. V Rising di Stunlock Studios si è presentato come un particolare MMO-aRPG ambientato in un mondo aperto, una specie di Valheim ricamato attorno all'universo dei vampiri. Tale mondo aperto è ben costruito, diviso in biomi accattivanti e impreziosito da un paio di meccaniche che riescono a differenziarlo dalla concorrenza, pur mantenendolo ancorato alle più classiche meccaniche del survival.
In primis non esiste vampiro che si rispetti che sia privo di un castello, e in V Rising è possibile costruirsene uno; in secondo luogo, come in ciascun esponente del genere, la modalità PvP è parte integrante dell'esperienza, e riesce a trasmettere un sapore inedito all'esplorazione della mappa di gioco. Sapore che può diventare estremamente amaro se si sceglie il "Full Loot PvP", nel quale il vincitore può sottrarre ogni oggetto dalle spoglie dello sconfitto.
Leggende Pokémon: Arceus / Pokémon Scarlatto e Violetto
Piaccia o no, la ventata di novità portata dagli ultimi due videogiochi legati al marchio Pokémon costituisce una svolta epocale per la serie di titoli sviluppati da Game Freak. La formula ridotta che ha debuttato in quello che si presume sia solo il primo capitolo nella serie Leggende Pokémon è infine esplosa in Scarlatto e Violetto, segnando l'inizio di una nuova era.
Un'era che sul fronte tecnico non è certo cominciata nel migliore dei modi, inerpicandosi lungo un'architettura ludica ancora acerba e non del tutto capace di regalare un senso compiuto al mondo aperto della regione di Paldea. Eppure, dalle radici impiantate nel corso del 2022 sorgerà senza ombra di dubbio il domani di Pokémon nel sottobosco dei videogiochi. Potrebbero volerci anni, generazioni, ma quando la formula raggiungerà il suo pieno compimento porterà a termine un percorso evolutivo iniziato nel lontanissimo 1996.
Sonic Frontiers
"Per capire davvero un videogioco ci vuole tempo", diceva Francesco Serino qualche mese fa. E quanto ce ne vuole, invece, perché una nuova formula di gameplay riesca ad esprimersi al massimo? Tantissimo, molto più di quanto ne abbiano a disposizione i grandi sviluppatori contemporanei. Sonic Frontiers rappresenta la prima fila di mattoni nella costruzione del futuro del riccio blu: guardando oltre le crepe e le imperfezioni si riesce già a scorgere cosa potrebbe diventare da grande.
Se l'incursione di Sonic nel mondo aperto dovesse sopravvivere abbastanza a lungo da accogliere le necessarie limature, potrebbe risolversi in una sintesi fra la "garra" di Sonic Adventure 2 Battle e una festosa ambientazione, magari la prossima volta più colorata e modellata artigianalmente. La speranza è quella di assistere, un giorno non troppo lontano, alla maturazione del seme impiantato da Sonic Frontiers.
Ghostwire: Tokyo
Ghostwire: Tokyo di Tango Gameworks ha scelto di imboccare una deviazione particolare dal seminato dei titoli open world. Adottando una struttura decisamente più contenuta rispetto alla concorrenza, ha deciso di focalizzarsi sulla direzione artistica per mettere in scena una versione onirica della capitale giapponese, che pur essendo deserta sembra quasi in grado di respirare grazie alla costante presenza degli Yokai.
Gli sviluppatori hanno sfruttato l'espediente del mondo aperto per inframezzare l'incedere della trama con la scoperta di nuove aree punteggiate di attività secondarie, ma il mondo di Ghostwire: Tokyo si presenta molto più bello da ammirare di quanto sia effettivamente volenteroso di piegarsi all'interazione col giocatore. Anche l'occhio vuole la sua parte, e in alcune opere la formula open world svolge il ruolo più antico del mondo: quello di pura e semplice scenografia.
Dying Light 2: Stay Human
Dying Light 2 è un titolo che si è affacciato sul mercato talmente carico di promesse da soccombere sotto il peso della sua smisurata ambizione. Durante la fase promozionale si è presentato come un prodotto al limite del rivoluzionario, specialmente nei confini delle interazioni fra la componente narrativa e il mondo aperto; anche se alla prova dei fatti la sua offerta si è rivelata deficitaria, l'open world costruito da Techland è comunque riuscito a brillare grazie a una verticalità e una cura per gli interni che conoscono pochissimi rivali nel genere.
Le geometrie sono studiate nei minimi dettagli, il design dei livelli è eccellente, le particolarità dell'esplorazione si fanno sentire; e allora dove sta il problema? Quello messo in scena da Dying Light 2 è un teatro a dir poco straordinario, ma l'orchestra a cui è stata affidata la sinfonia non si è dimostrata all'altezza del contesto.
Xenoblade Chronicles 3
Monolith Soft ha sempre stretto l'obiettivo delle sue produzioni attorno alla caratterizzazione del mondo di gioco, e in Xenoblade Chronicles 3 ciò si è tradotto nella realizzazione di Aionios, un immenso universo virtuale capace di catturare il giocatore per centinaia di ore. Nonostante la presenza di diverse regioni distinte, la totale libertà concessa ai protagonisti e la cura riservata al design dei biomi hanno spinto a tutto gas sul pedale dell'esplorazione, trasformando la ricerca di contenuti secondari in un elemento assuefacente al pari della narrativa.
Quella di creare un mondo tanto massivo è una scelta rischiosa, ma Xenoblade Chronicles 3 è riuscito a farne un vanto, trasformandola nel cuore pulsante di uno fra i migliori giochi di ruolo degli ultimi anni, nonché probabilmente l'opera magna dello studio. L'unico problema, nei confini di Aionios, è il tempo richiesto per esplorarlo tutto.
Horizon Forbidden West
Horizon Forbidden West ha scavato una trincea fra due frange di pubblico ben definite: da una parte si sono posizionati coloro che l'hanno giocato, sviscerato e amato, mentre dall'altra quelli che l'hanno sì apprezzato, ma da qualche tempo accusano la pesantezza delle più classiche esperienze open world. La grande novità portata dalla seconda avventura di Aloy risiede nella volontà di legare indissolubilmente le missioni e il mondo di gioco, offrendo un approccio trasversale al racconto e all'ambientazione che brilla nelle storie di frontiera.
L'ovest proibito al centro di Horizon Forbidden West punta forte sul colpo d'occhio e sull'impatto dell'estetica, migliorando nettamente la formula dell'originale pur mantenendo invariata l'ispirazione tradizionale, ormai filosoficamente anziana. Diciamo che la serie di Guerrilla Games non è nemmeno baciata dalla fortuna: se il primo capitolo ha scelto di esordire assieme a The Legend of Zelda: Breath of the Wild, il secondo ha dovuto dividere il palco con Elden Ring.
Elden Ring
Impossibile non chiudere l'analisi dedicata ai migliori videogiochi open world se non trattando Elden Ring e il suo maestoso Interregno. Recuperando l'antica ispirazione alla base di progetti come The Elder Scrolls e Gothic, FromSoftware ha traslato le meccaniche dei soulsborne in un mondo aperto che si fonda su un'idea semplicissima: il giocatore vede qualcosa all'orizzonte, sceglie di esplorare in quella direzione, e viene costantemente ripagato con un premio, un dialogo, un boss, un pezzo d'equipaggiamento.
Non c'è bisogno di mediare tra il giocato e il mondo aperto, perché il mondo aperto è il gioco stesso, tanto che si viene a creare un'alchimia simile a quella che ha trainato al successo Breath of the Wild: il giocatore ha la percezione di trovarsi sempre nel posto giusto al momento giusto. Elden Ring è la prova definitiva del fatto che, a prescindere dall'altalena qualitativa degli ultimi anni, la formula open world sia ancora in grado di sostenere i videogiochi più amati in assoluto.
Il 2023 degli open world
I più attenti tra voi se ne saranno accorti: avremmo potuto inserire dieci titoli tondi tondi nella selezione, invece abbiamo scelto di fermarci a nove. Come mai? Per mantenere uno slot libero in segno di lutto per le dozzine di titoli rinviati nel corso degli ultimi mesi. Il 2022 avrebbe dovuto essere l'anno di Starfield, di Hogwarts Legacy, di Redfall, di Forspoken, di Skull & Bones, di Avatar: Frontiers of Pandora e ovviamente di The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom; e badate bene che questi sono solo alcuni estratti dall'enorme lista di produzioni open world rimandate o originariamente previste per il 2023, che si prospetta un'annata drammatica per i portafogli dei videogiocatori.
Nel corso del prossimo anno toccherà destreggiarsi fra universi alternativi, castelli magici e persino intere galassie, mentre all'orizzonte incombe un'ulteriore mole di grandi produzioni ambientate in vasti mondi aperti. La speranza è che l'edizione 2023 di questa selezione possa permettersi di celebrare grandi risultati, anziché limitarsi ad auspicare future limature. La verità è che troppo spesso si tende a pensare alla ricetta open world come a una scorciatoia verso il successo, quando è ormai evidente che riuscire a brillare in questo sottobosco sia dannatamente difficile, molto più che in altri contesti. Adesso tocca a voi: qual è il mondo virtuale che vi ha rubato il cuore nel 2022?