La pubblicazione di Alan Wake 2 ha rinfrescato i ricordi degli appassionati riguardo quella che è sempre stata una caratteristica distintiva di Remedy Entertainment, ovvero la capacità di mettere in scena stupefacenti sequenze di gameplay che spezzano completamente il ritmo e le regole del videogioco, lasciando il pubblico in compagnia di una domanda tanto semplice quanto potente: "Cosa diavolo è appena successo?". Nel corso degli anni sono emersi tantissimi istanti volenterosi di strappare brevemente un'opera dai confini del suo genere, di giocare con le immagini e la musica, di utilizzare sogni o flashback come strumenti per colpire gli appassionati in una maniera che sarebbe molto difficile da incontrare in altri media: ripercorriamo alcuni dei momenti più folli dei videogiochi, cercando di comprendere cosa li abbia resi tali e quale impatto abbiano avuto sulle rispettive opere.
In Between with Mr. Door (Alan Wake 2)
Stendendo la struttura di Alan Wake 2, l'autore Sam Lake non si è limitato a espandere i confini del suo "Remedyverse" - ovvero il grande universo interconnesso che lega tutti i videogiochi Remedy - ma ha puntato molto forte sugli sprazzi di follia che hanno caratterizzato la storia dello studio, fra inattese rotture della quarta parete e segmenti che non si sa mai se sono indirizzati al protagonista o alla persona che impugna il pad. Se abbiamo deciso di realizzare questo articolo è proprio in ragione del talk-show "In Between with Mr. Door" che Alan Wake si trova più volte a frequentare durante la sua disavventura: durante gli snodi fondamentali dell'esperienza, il misterioso Warlin Door si trasforma nel patron di uno show televisivo che ripercorre la carriera passata, presente e futura dello scrittore, culminando proprio nel folle momento musicale riproposto sul palco dei The Game Awards di Geoff Keighley. Alan Wake 2 è costellato di momenti di questo genere, ma non si tratta assolutamente di una caratteristica circoscritta a quest'ultima opera: la storia di Remedy e la produzione di Sam Lake sono infatti lastricate di sequenze altrettanto folli.
Il Labirinto del Posacenere (Control)
Anche se la messa in scena di sequenze oniriche di grande impatto sul fronte di Remedy risale addirittura all'epoca di Max Payne, in un certo senso si potrebbe dire che il rinascimento creativo che sta toccando lo studio passa principalmente dalla paranormale follia finita al centro della struttura di Control. Il viaggio di Jesse Faden nella Oldest House che funge da sede al Federal Bureau of Control è costellato di momenti inaspettati, da quelli presentano il misterioso Piano Astrale fino al primo contatto con l'inquietante Telefono Rosso, che fissano egregiamente i contorni dell'avventura.
Ma l'istante di maggiore impatto è senza dubbio la navigazione del Labirinto del Posacenere, una specie di corridoio extradimensionale che cambia costantemente forma e dimensione al fine di mantenere lontani dal dipartimento di ricerca tutti coloro che non avessero i privilegi per accedervi. La sequenza a base di musica e azione sfrenata che caratterizza la prima navigazione consapevole del labirinto è divenuta in un certo senso il simbolo stesso di Control e della moderna rifioritura di Remedy Entertainment.
La guerra (Death Stranding)
Lasciamo le sponde della mente di Sam Lake per approdare a quelle di un altro grande autore, ovvero Hideo Kojima, la cui carriera si è inerpicata proprio attorno alla costante volontà di stupire gli appassionati. L'ultima volta che è accaduto è stato sulle sponde di Death Stranding, un titolo nel cui tessuto della costruzione del mondo è quasi più faticoso trovare elementi "normali" rispetto al catalogo di assurdità che avvolge il concetto di "Spiaggia" così come si presenta nel viaggio di Sam Bridges. Nel turbine di follia che caratterizza l'interezza dell'avventura, la sequenza di maggiore impatto è senza dubbio quella che per la prima volta accoglie il protagonista nella psiche del misterioso Clifford Unger: all'improvviso, lo scenario post-apocalittico degli Stati Uniti in rovina viene sostituito da una visione della Prima Guerra Mondiale, un labirinto di trincee che diventa teatro del primo incontro-scontro con il personaggio interpretato da Mads Mikkelsen. Tra bombardamenti, passaggi di carri armati e ricordi dei soldati caduti, tale sezione ha portato molti appassionati a desiderare un videogioco di Kojima focalizzato interamente sulla guerra. Sarebbe stato molto difficile immaginare una sezione simile nei confini di Death Stranding, ma non è stata assolutamente la prima volta che l'autore ha scherzato con i sensi dei giocatori.
Il controllo dell'informazione (Metal Gear Solid 2: Sons of Liberty)
Hideo Kojima ha infatti costruito gran parte del suo successo personale sparpagliando piccole interazioni e sequenze geniali in ciascuna sua opera, regalando al giocatore l'impressione di trovarsi impegnato in una partita a scacchi della quale l'autore ha previsto ogni mossa possibile. Ma accanto a quelle che sono semplici pennellate d'intrattenimento al centro di videogiochi impegnati su ben altri fronti, Metal Gear Solid 2: Sons of Liberty sarà eternamente ricordato come uno fra i titoli più astrusi e al tempo stesso profetici emersi nell'età dell'oro dell'industria. La fase finale dell'avventura di Raiden trasforma infatti il tessuto della narrazione in una sorta di manifesto interattivo volto a disaminare il concetto d'informazione, quello di controllo, il peso dell'intelligenza artificiale e la forza dell'ingegneria sociale, rendendo tanto il protagonista quanto il giocatore delle pedine ben strette nelle mani di un'entità superiore. Dal momento in cui Raiden riceve la prima chiamata via Codec che svela i retroscena della sua missione, l'essenza stessa del progetto cambia volto all'improvviso, fissando i contorni di uno fra i momenti di maggiore impatto nella storia dei videogiochi, specialmente riflettendo sul modo in cui la nostra società ha finito per evolversi.
Tranquility Lane (Fallout 3)
Se c'è un elemento nella ricetta alla base di Fallout che riesce sempre a mettere in evidenza il talento di Bethesda Softworks, quello si nasconde nella costante sorpresa che accompagna l'esplorazione del mondo post-apocalittico: cosa troveremo entrando in un Vault abbandonato o in un edificio all'apparenza simile a tutti gli altri? Magari un robot convinto di essere l'ammiraglio di una flotta di vascelli, forse un'intera colonia di cloni impazziti di un certo Gary, oppure un'intera città divenuta il rifugio sicuro per un gruppo di ghoul senzienti. Nulla potrà tuttavia avvicinarsi alla Tranquility Lane introdotta in Fallout 3, un sobborgo statunitense dell'anteguerra frutto di una simulazione in bianco e nero che ospita le coscienze di un gruppo di superstiti. Il protagonista si troverà a calcare le strade stile Pleasantville della realtà virtuale di Tranquility Lane, scoprendo lentamente il disturbante segreto che si cela dietro l'apparente felicità degli abitanti e scegliendo liberamente quale destino riservargli. Nelle opere successive lo studio di Todd Howard ha sempre tentato di replicare quel genere di follia, in determinate occasioni c'è riuscito, in altre con meno efficacia, ma senza dubbio resteranno un tratto distintivo nel carattere della casa.
Arrivo a Columbia (Bioshock Infinite)
Scolpendo nella pietra grezza l'universo di Bioshock, Ken Levine ha alzato il sipario su uno degli immaginari più assurdi e disturbanti mai incontrati nei confini del medium. La stessa architettura della città sottomarina di Rapture, figure come quelle delle Sorelline e dei Big Daddy, nonché il celebre "per favore" costantemente ripetuto dall'enigmatico Atlas, sono le fondamenta di un'intera esperienza che si colloca senza dubbio tra le più folli dei videogiochi. Ma l'incipit di Bioshock Infinite e il primo contatto con la metropoli fluttuante di Columbia sono riusciti se possibile ad alzare ulteriormente quell'asticella, presentando un'ascesa non solo fisica ma persino spirituale, mettendo in scena nel giro di pochissimi minuti un battesimo vero e proprio, le misteriose figure dei gemelli Lutece, per non parlare della lotteria che apre le danze del viaggio del protagonista. La comunità di appassionati è ancora spaccata a metà: c'è chi ha amato alla follia le strade di Columbia e chi invece ritiene sia solo una pallida erede delle atmosfere di Rapture, ma è indubbio che l'incipit dell'ultimo arrivato abbia fatto scuola. Basti pensare solamente ad Atomic Heart, che giusto nel 2023 ha realizzato una sorta di grande omaggio all'ultimo lavoro di Levine.
La tua vita non è reale (Prey)
Prey di Arkane Studios è invecchiato come il vino buono: dopo essere stato accolto in maniera quantomeno tiepida, si è lentamente imposto come una pietra miliare fra i titoli immersivi di stampo fantascientifico, e parte di tale risultato risiede senza dubbio in quello che rappresenta uno dei migliori incipit mai incontrati in un videogioco. La sequenza d'apertura di Prey introduce il personaggio di Morgan Yu e offre un piccolo spaccato della sua quotidianità, mettendolo di fronte a una serie di assurdi test che risulteranno del tutto insensati per chiunque si trovasse a viverli per la prima volta. Poi, con un geniale colpo di scena, Arkane Studios fa scontrare i giocatori con la realtà: dietro le finestre del suo appartamento cittadino si nasconde in realtà il laboratorio più importante dell'intera stazione spaziale Transtar Talos I. Il primo contatto con la frattura della realtà simulata, e la conseguente scoperta dei sistemi che la sorreggono, è sufficientemente impattante da divenire il motore che spinge gli appassionati a svelare ogni segreto della vicenda: quanto la causa è giusta, è sempre bello essere ingannati in questo modo dagli sviluppatori.
Timeless River (Kingdom Hearts 2)
Restando in tema di mondi in bianco e nero, gli artisti di Square Enix sono riusciti a sorprendere tanto gli appassionati dei classici Disney quanto gli amanti della serie Kingdom Hearts per mezzo di un particolare segmento posizionato nel cuore del secondo capitolo della serie a firma di Tetsuya Nomura. Esplorando il castello di Re Topolino, il protagonista Sora e i suoi compagni di viaggio s'imbattono in uno strano cristallo dotato del potere di riportare chi vi interagisce indietro nel tempo, fino all'istante preciso in cui fu eretta la fortezza. Quel che nessuno si sarebbe mai aspettato è che varcando tale soglia ci si sarebbe imbattuti nel Timeless River, un intero livello creato per rendere omaggio alle origini dell'animazione Disney e in particolar modo a Steamboat Willie, cortometraggio che rese celebre il topo più famoso del mondo. Lo stile grafico dell'esperienza cambia completamente, il design dei comprimari Pippo e Paperino si adegua perfettamente a quello delle loro prime apparizioni, mentre navigando per il livello ci si imbatte in una serie di combattimenti e minigiochi che strizzano l'occhio ad altri grandi classici dimenticati dell'epoca. Certo, la storia dei videogiochi è ormai lastricata di mutamenti radicali di questo genere, ma all'epoca il Timeless River svolse un ruolo pionieristico.
Yharnam (Bloodborne)
Il motivo per cui probabilmente non vedremo mai un seguito di Bloodborne, nonché il più grande colpo da maestro assestato dagli artisti di FromSoftware, risiede nella lenta e ben ritmata rivelazione dei segreti che si celano oltre la facciata di Bloodborne. Pensateci: fin dal momento dell'annuncio dell'esclusiva PlayStation 4, siamo stati convinti per lunghissimo che l'elemento centrale della ricetta si sarebbe annidato nella notte della caccia alle belve, ignari della svolta lovecraftiana che avrebbe imboccato la narrazione. Pian piano, proprio come in un racconto di Lovecraft, si muovono piccoli passi nella direzione della verità, accumulando quei punti Intuizione che inevitabilmente porteranno alla scoperta della vera natura della città. Non si tratta di una sequenza di gameplay vera e propria, ma è l'intera costruzione della città vittoriana di Yharnam a trovare le sue radici nella discesa nella follia, fino ad arrivare al momento in cui dialoghi prima indecifrabili arrivano a guadagnare un senso grazie all'inaspettata apparizione dei Grandi Esseri. L'incubo diventa sempre più concreto e reale, mentre il Cacciatore protagonista si rende conto di quale sia la vera minaccia che è costretto a eradicare.
Dentro la Luna (The Legend of Zelda: Majora's Mask)
Se da una parte la saga di Zelda si è sviluppata attraverso luminose avventure di natura per lo più fiabesca, sempre ambientate nel cuore di mondi fantastici assolati e verdeggianti, dall'altra c'è un capitolo che non si presenta semplicemente più cupo rispetto allo standard, ma è considerata una delle esperienze più disturbanti mai realizzate. The Legend of Zelda: Majora's Mask è un tripudio di sequenze inquietanti, dall'originale passaggio di Link nella dimensione di Termina con tanto di trasformazione fino ai flashback che ripercorrono la tragica morte di tutti gli eroi del reame. La sezione che più d'ogni altra si è trasformata nell'emblema di Termina è probabilmente quella ambientata sulla superficie della Luna, un paesaggio molto diverso da quello che si sarebbe potuto immaginare. Si tratta di un vasto prato popolato di bambini festosi che, uno dopo l'altro, sfidano il protagonista a una partita di nascondino. Assecondando le loro richieste, Link si trova di fronte a una sequela di quesiti esistenziali volenterosi di rompere la quarta parete: che cos'è giusto? Che cos'è sbagliato? Che tipo di persona sei? E i tuoi amici, invece? Tale segmento precede la battaglia contro il boss finale: nel ruolo tradizionalmente occupato da Ganondorf, c'è un semplice bambino volenteroso di giocare a buoni contro cattivi.
Adesso tocca a voi!
Lo sappiamo, ci sono dozzine di momenti folli, disturbanti ed estremamente divertenti che siamo stati costretti a escludere da questa selezione. Dalla battaglia finale con Raphael in Baldur's Gate 3, che trasforma l'esperienza in un musical nel quale l'avversario funge da cantante principale, fino al Deathdream del primo Nier, nel quale Yoko Taro ha pensato di trasformare la sua opera in un'avventura testuale, inaugurando il trend trasformativo che avrebbe fatto la fortuna di Automata. Ci sono sequenze oniriche di grande impatto, da quelle onnipresenti nei confini di Far Cry fino al celebre flashback in stile retrogaming di Metal Gear Solid 4: Guns of the Patriots; ci sono sezioni del tutto inaspettate, come l'opera teatrale che spezza il ritmo di Final Fantasy VI o praticamente l'interezza della serie Like a Dragon. Per qualche strana ragione, quando il videogioco si trasforma in un teatro dell'assurdo o spalanca inattesi spiragli di profondità, i giocatori ne escono profondamente toccati: quali sono i momenti più assurdi che avete vissuto nella vostra carriera?