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I videogiochi sono morti, viva i videogiochi!

Warner chiude Monolith, EA ammazza Dragon Age e nemmeno Ubisoft si sente tanto bene... L'industria dei videogiochi è morta?

SPECIALE di Francesco Serino   —   03/03/2025
KCDII

Warner Bros. fa piazza pulita dei suoi studios e l'industria dei videogiochi appare sempre più cupa e irrilevante. La creatività è stata quasi totalmente spazzata via da fallimentari dinamiche commerciali e i giocatori sono oramai succubi di prodotti sempre più semplici e standardizzati. Come ne possiamo uscire?

Che dolore vedere l'industria dei videogiochi ridotta così. Uso joystick dal 1985, ho iniziato con un Atari 2600 insieme a Vanguard e Pac-Man e da quel momento è stato solo amore. Io crescevo e i videogiochi crescevano insieme a me: diventavano più grandi, più colorati, più complessi, più eccitanti. Eccitanti sì, perché i videogiochi sono sempre stati controcultura, roba da nerd reietti prima e, successivamente, parte integrante della scena technoacida degli anni novanta al quale tanto contribuì PlayStation. Nei duemila, i videogiochi sono il nuovo hi-tech, spingono la vendita dei nuovi televisori, supportano le più recenti tecnologie audiovisive che trasformano le console in scintillanti tuttofare da salotto.

Cosa mai viste

L'abbraccio è totale, il fenomeno è globale, si ride tutta la notte su Xbox Live, ci si immerge testa e piedi nell'incredibile atmosfera di Skyrim, si rimane a bocca aperta davanti alla grafica del primo Uncharted che, come GTA, viene lanciato con la stessa enfasi del più grande film di Hollywood. Accendevi la televisione e vedevi gli spot da "WTF!" di PlayStation, cambiavi canale e ti trovavi Niko Bellic che attraversa Liberty City al ritmo di Get Innocuous degli LCD Soundstystem, addirittura Enrico Ghezzi in Fuori Orario iniziò a trasmettere di tanto in tanto videogiochi: una notte m'imbattei in Killer 7, giocato praticamente dall'inizio alla fine senza nessun commento, solo gameplay ed effetti sonori. Maestoso.

Killer 7 su Rai3, ecco dove eravamo arrivati!
Killer 7 su Rai3, ecco dove eravamo arrivati!

In quegli anni i videogiochi stavano cercando di farsi notare, di entrare a far parte del giro che conta e ci riuscirono alla grande. Lo vediamo bene oggi, un momento storico dove questo medium è arrivato praticamente dappertutto e tutti, nel loro piccolo, a volte senza nemmeno saperlo, stanno giocando a qualcosa. L'app del supermercato? Ha elementi da gioco di ruolo. Il vogatore in palestra? Permette sfide multiplayer di tutto rispetto. Che sia Bejewled o Elden Ring, passando tra Call of Duty e quel che resta dei giochi calcistici, i videogiochi sono tra noi, nei cellulari, nelle televisioni, negli orologi. I videogiochi si sono perfettamente integrati, sono a loro agio tra nonne e nipotini, non offendono, non provocano, non sobillano, quasi non dicono nemmeno più parolacce. Gli scandali di Mortal Kombat e Night Trap sono lontani, ma questo non è affatto il paradiso in cui speravamo, anzi è tutto il contrario: si sta rivelando una rottura di palle pazzesca.

Cravatte sporche

E no, questa non è nemmeno una tirata di malinconia, i bei tempi andati e robe del genere possono scaldare l'anima, ma obnubilano la testa. I miei giochi preferiti sono composti in larga parte da titoli più o meno recenti, Death Stranding e Kingdom Come Deliverance II per esempio; come non sono il tipo col "si stava meglio prima" a prescindere, ci mancherebbe altro. Fortunatamente continuano ad uscire grandi giochi, nuovi capolavori, ma la situazione è critica e non è più possibile nasconderlo. Mi spiace aver fatto il menagramo negli ultimi anni, il lamentoso, ma era proprio per evitare che si arrivasse a una situazione paradossale come quella delle ultime ore, durante le quali ho appreso della brutale chiusura di Monolith Productions da parte di Warner Bros. e non ho provato nulla, nemmeno un'emozione. Mi spiace umanamente per chi perderà il lavoro, questo senz'altro, ma da appassionato di videogiochi per me Monolith non rappresentava più nulla.

Quando i videogiochi si atteggiavano a pericolosi ed erano pura controcultura giovanile
Quando i videogiochi si atteggiavano a pericolosi ed erano pura controcultura giovanile

Ci racconteranno che è stata la stessa software house a scegliere di buttare sei anni di lavoro su un gioco con Wonder Woman che non vedremo mai, ma io non ci posso credere che il team di Blood, No One Lives Forever, Shogo e F.E.A.R sia stato libero di suicidarsi appresso a un progetto che è la quintessenza della bancarotta creativa. È anche normale che una software house arrivi a fine ciclo, succede che un team grande e riconosciuto a un certo punto perda smalto e il polso della situazione, ma in questi ultimi anni di eventi simili ce ne sono stati troppi. È davvero difficile credere ci sia una sorta di morbo che vada a reprimere le capacità dei creativi, spingendoli di colpo a tirar fuori giochi senza senso e che chiunque, anche il più sprovveduto, avrebbe dato immediatamente per spacciati.

Slot Machine

C'è chiaramente un problema di dirigenza, forse di filiera, manca qualcosa e potrebbe essere proprio l'essenziale tramite tra i creativi, che non sono adatti a manovrare i capitali e non devono comunque pensarci, e chi ci mette i soldi, che oramai sembra aver raggiunto il pieno potere decisionale a discapito proprio di quella che dovrebbe essere arte libera e dirompente. Anche l'impegno è di facciata: cerca il tornaconto facile attraverso l'inclusività a tutti i costi, Veilguard, ti mette davanti a scenari devastanti per sostituirli subito dopo con effetti pirotecnici e coccodrilli in maglietta, come l'ultimo Far Cry che ricordiamo essere una serie nata con intenti ben diversi. Ci siamo innamorati di Far Cry quando questo era una sorta di Kingdom Come Deliverance, abbiamo comunque apprezzato la svolta più caciarona del terzo capitolo, ma da quel momento in poi il gioco è stato reso sempre più semplice e sempre meno unico. L'appariscenza grafica? Fumo negli occhi. Le meccaniche di Far Cry sono finite in altri giochi, le meccaniche di altri giochi sono finite in Far Cry: il risultato è bene o male lo stesso gioco, con telecamere diverse. Si ricicla a non finire e ogni progetto viene costruito sulle ceneri del precedente, spesso con tempistiche da catena di montaggio.

L'ossessione di tutti: trovare il nuovo Fortnite
L'ossessione di tutti: trovare il nuovo Fortnite

Bisogna crescere, crescere, crescere o la borsa ti bastona. Maggior investimenti, più giocatori e se non ci sono ce li inventiamo. Nella promessa fatta agli investitori c'è sempre la luna: un nuovo Fortnite, un nuovo fenomeno culturale, una fonte inesauribile di ricchezza ai danni del tempo libero e della salute, anche mentale, dei più giovani. Nuove proprietà intellettuali? Troppo rischioso. Come è accaduto alla musica e al cinema, ora accade con i videogiochi: chi comanda non vuole valorizzare l'investimento ma consumare il frutto tagliando l'albero, per proseguire oltre. Ma come diceva Jeff Goldblum in Jurassik Park: "La vita trova sempre una strada". Non è affatto un caso se i grandi successi moderni nel campo dei videogiochi classici provengano in larga parte da team relativamente giovani e spesso supportati attivamente dal loro pubblico, comunque sempre con un certo grado di autonomia. Baldur's Gate 3 è un caso emblematico: per la stragrande maggioranza del pubblico Larian non era nessuno, chi invece li conosceva ha scelto di pagare in anticipo per aiutare il progetto a divenire realtà.

Kingdom Come Deliverance II è nato pressappoco nello stesso modo. FromSoftware? Un battitore libero. Naughty Dog? Sono i trend setter dal budget illimitato, gli altri sotto. Rockstar Games? Si potrebbe mangiare il suo stesso publisher. Capcom? Balla da sola e chiaramente rispetta il medium, lo alimenta anche sperimentando con la realtà virtuale e con prodotti alla Path of Goddess e il prossimo Okami, dove agli artisti è dato libero arbitrio, ma budget intelligente.

Verso il collasso

I prodotti devono essere mostrati, e il feedback del pubblico filtrato e ascoltato. Non si possono scommettere duecento milioni di Dollari senza mai interpellare il pubblico, sia anche ridotto a giornalisti, creator e grandi appassionati del progetto. Non solo Suicide Squad di Rocksteady è stato in sviluppo per tantissimi anni, ma durante questo lasso di tempo non è mai stato mostrato niente. Solo a me sembra una follia? Tante cose potevano essere cambiate più facilmente in corso d'opera, e invece hanno dovuto farlo in pochissimi mesi. Non c'è nessuna logica in tutto questo.

Impegnativo, profondo, impenetrabile eppure Monster Hunter Wilds ha appena fatto registrare l'incredibile record di un milione di giocatori contemporaneamente in gioco
Impegnativo, profondo, impenetrabile eppure Monster Hunter Wilds ha appena fatto registrare l'incredibile record di un milione di giocatori contemporaneamente in gioco

Ma la cosa più drammatica è che la risposta al niet del pubblico, almeno per il CEO di Electronic Arts e di Ubisoft, è continuare imperterriti sulla stessa strada che li sta portando allo sfacelo. Il problema non sono i loro giochi, mai. Ma a questo punto ho paura che nemmeno gli interessi, l'importante è che in un modo o nell'altro la macchina continui a girare, sempre più sgangherata, fino a quando non si reggerà più in piedi. Forse il loro errore più grande però è un altro: credere che per loro noi ci saremo sempre, ma forse non si sono accorti che siamo in tanti ad averli già dimenticati.