75

Il Problema dei Tre Corpi, la (finta) recensione del gioco in realtà virtuale della serie TV

La serie di Netflix sta conquistando gli amanti della fantascienza, ma pone anche un quesito non da poco per gli appassionati di videogiochi.

Il Problema dei Tre Corpi, la (finta) recensione del gioco in realtà virtuale della serie TV
SPECIALE di Lorenzo Kobe Fazio   —   06/04/2024

Il Problema dei Tre Corpi è una trilogia sostanzialmente imprescindibile per qualsiasi amante di fantascienza. Poco nota al grande pubblico prima dell'annuncio della serie di Netflix, l'opera tratteggia un'avventura che attraversa le epoche e lo spazio siderale utilizzando con efficacia alcuni stilemi di genere classici degli Anni '60 e '70. Poco accorta a scavare nelle psicologie dei protagonisti che coinvolge, la narrazione si alimenta di continui colpi di scena, di cambi prospettiva perentori, di ribaltamenti drastici.

Concedendo uno spazio limitato alle descrizioni, i libri possono sembrare a tratti confusi, soprattutto nei passaggi più scientifici. Nonostante ciò, riescono a tenere incollati, pagina dopo pagina, grazie all'imprevedibilità di certi processi, all'originalità di alcune situazioni, alla brillantezza delle soluzioni trovate. Anche quando si è certi di aver capito come andrà a finire, Il Problema dei Tre Corpi introduce un fattore in più, una variabile ulteriore, un ostacolo successivo.

La serie TV, che si prende la briga di mettere in ordine cronologico alcuni avvenimenti narrati nei libri, finora si è dimostrata assolutamente in grado di rispettare e riproporre la qualità che ha fatto la fortuna della fonte d'ispirazione. Inoltre, tirando in ballo diversi protagonisti, alcuni inesistenti o dal peso minore rispetto alle controparti letterarie, ha offerto agli spettatori personaggi a cui affezionarsi e dotati di sufficiente spessore psicologico.

Difficile prevedere come se la caveranno le prossime stagioni, quando la guerra ai San Ti raggiungerà epoche e luoghi ben diversi da quelli visti nelle puntate già disponibili su Netflix, ma il parere su quanto visto fino ad oggi è assolutamente positivo anche per merito di una trasposizione coerente, ma non letterale.

Tra le tante cose tratte direttamente dai romanzi, non poteva ovviamente mancare il gioco in realtà virtuale che i San Ti sfruttano per cercare umani dalla spiccata intelligenza e adatti ai loro scopi. Tra il serio ed il faceto, stileremo una recensione di questo software così come ci è stato mostrato nella serie TV, cercando al contempo di capire se e come potrà essere d'ispirazione per i designer di giochi in VR del domani.

Come potete facilmente immaginare, nel proseguo dell'articolo ci saranno dei piccoli spoiler sulla serie e sul libro. Se non volete avere alcuna anticipazione, interrompete subito la lettura.

L’hardware al servizio del software

Ne Il Problema dei Tre Corpi rivediamo alcuni attori già in azione ne Il Trono di Spade. Qui per esempio ritroviamo Liam Cunningham nei panni di Thomas Wade
Ne Il Problema dei Tre Corpi rivediamo alcuni attori già in azione ne Il Trono di Spade. Qui per esempio ritroviamo Liam Cunningham nei panni di Thomas Wade

Il videogioco senza titolo de Il Problema dei Tre Corpi è tutt'uno con il suo hardware. Lo si può pensare come una sorta di Game & Watch all'ennesima potenza o, meglio ancora, come un Tiger R-Zone (se non sapete cosa sia aggiornatevi subito, perché è una delle cose più trash mai concepite dall'industria videoludica). A differenza di quanto accade nel libro, dove si poteva accedere al gioco tramite il web, per poi essere fruito grazie ad una periferica dedicata, nella serie tv tutto è integrato nell'avveniristico visore che avvia la partita automaticamente non appena lo si indossa.

Privo di qualsivoglia ingresso, caratterizzato da una superficie completamente riflettente, il visore è costruito tramite processi e materiali sconosciuti al genere umano. Nelle puntate della prima stagione non si fa alcun riferimento alla loro produzione, né al sistema che alimenta degli apparecchi che, almeno all'apparenza, non hanno alcun bisogno di ricaricarsi. Contenuti all'interno di ingombranti scatole rigide di colore bianco, che ne facilita il trasporto in tutta sicurezza, i visori sono anche in grado, a quanto sembra, di adattarsi facilmente alle specificità dell'utilizzatore che non dovrà regolarlo in alcun modo per indossarlo perfettamente e senza alcuna problematica.

Il visore de Il Problema dei Tre Corpi si adatta anche a qualsiasi abbigliamento. Del resto anche gli Apple Vision Pro sono la dimostrazione la realtà virtuale per sdoganarsi alle grandi masse deve essere alla moda
Il visore de Il Problema dei Tre Corpi si adatta anche a qualsiasi abbigliamento. Del resto anche gli Apple Vision Pro sono la dimostrazione la realtà virtuale per sdoganarsi alle grandi masse deve essere alla moda

Da questo punto di vista il prodotto dei San Ti sembra perfetto in ogni suo aspetto. Rispetto alle periferiche terrestri abbatte due problematiche non da poco che, tra le altre cose, attualmente allontanano la realtà virtuale dalle grandi masse. Al di là del fatto che le periferiche vengano regalate ai diretti interessati, con un totale abbattimento dei costi per l'utente finale, i visori extraterrestri non hanno bisogno né di cavi, né di un hardware esterno per funzionare e, soprattutto, sono leggeri e facilmente indossabili. Se sul primo punto visori come lo stesso Apple Vision Pro, per citare l'ultimo arrivato, hanno già centrato l'obbiettivo, i designer del nostro pianeta sono ancora ben lontani dal proporre una periferica adatta a tutti sin da subito e che non pesi sul collo e sulle spalle dell'utilizzatore.

Per quanto riguarda il software, il visore dei San Ti paga lo scotto di poter far girare un solo gioco, al contrario della totalità di quelli contemporanei di casa nostra. Tuttavia, l'esperienza che è in grado di offrire è fuori parametro per resa e senso d'immersione che è in grado di garantire.

Come The Witness, più o meno

Tutorial? Un'evocazione? Boss finale? La personificazione del Sofone nel gioco de Il Problema dei Tre Corpi assume diversi ruoli
Tutorial? Un'evocazione? Boss finale? La personificazione del Sofone nel gioco de Il Problema dei Tre Corpi assume diversi ruoli

Il gioco de Il Problema dei Tre Corpi è in tutto e per tutto un'avventura in stile The Witness. C'è la prima persona, c'è un mondo da esplorare, ci sono gli enigmi da risolvere. Al contrario del capolavoro di Jonathan Blow ci sono tuttavia anche personaggi con cui interagire. Altri utenti umani con cui eventualmente collaborare e NPC, utili per comprendere la missione da completare in ogni livello.

Rispetto al libro, dove lo scopo di ogni missione non era dichiarato nel migliore dei modi, la serie TV, prendendo ispirazione dalla maggior parte dei videogiochi contemporanei, ha reso più esplicito l'obiettivo da raggiungere a tutto vantaggio dell'accessibilità e della facilità di comprensione per un pubblico sì ristretto e particolarmente intelligente, ma non per questo potenzialmente meno ampio. Del resto, parliamo di scienziati, matematici e intellettuali, non per forza di amanti dei Soulslike.

Obiettivi chiari, tuttavia, non fa per forza rima con possibilità d'interazione altrettanto esplicita. Da questo punto di vista sia il libro che la serie TV lasciano ampio spazio all'immaginazione.

Giochereste ad un gioco che non può che condurre ad una sorta di game over?
Giochereste ad un gioco che non può che condurre ad una sorta di game over?

Il mondo di gioco è tremendamente realistico e il visore è così portentoso da riuscire a riprodurre, nella mente del giocatore, anche gli odori, i sapori, le sensazioni al tatto. Difficile non attribuire una valutazione perfetta in termini tecnici al lavoro svolto dai San Ti, tanto più che costumi, linguaggio e stile architettonico delle strutture possono adeguarsi automaticamente in base ai gusti e alle esperienze dell'utente stesso.

Questo estremo realismo è al pieno servizio dello scopo finale del gioco: risolvere un problema di fisica, attraverso vari passaggi che rappresentano i livelli stessi. Il pianeta madre dei San Ti ruota intorno ad una triade di stelle. Il moto irregolare che ne deriva rende sulla carta impossibile prevedere quando il pianeta sia di fatto abitabile e quando, invece, le condizioni climatiche avverse non causeranno un sostanziale annientamento di ogni forma di vita sulla superficie del pianeta.

Da qui, le possibili interazioni con lo scenario. Il giocatore tramite il proprio avatar può accumulare indizi sul moto degli astri, interagire con altri utenti collaborando per trovare una soluzione, usare diversi strumenti per aiutarsi nell'intento. Lo scenario visto nella serie TV, e di cui si legge nel libro, è per lo più vuoto. Una landa desolata da cui svettano pochi edifici, abitata da alcuni personaggi principali ed un numero indefinito di soldati che pattugliano la zona.

Un'esperienza quanto più personalizzabile e adattata ai gusti del videogiocatore. In questo senso Neuralink prima o poi avrà a che fare con il nostro hobby preferito?
Un'esperienza quanto più personalizzabile e adattata ai gusti del videogiocatore. In questo senso Neuralink prima o poi avrà a che fare con il nostro hobby preferito?

Come si vede in un episodio in particolare, questi possono tornare utili nel tentativo di risolvere il problema dei tre corpi, come quando vengono utilizzati per dare vita ad una sorta di calcolatore biologico. Con un po' d'impegno e ingegno, insomma, si può spingere molto al di sopra delle aspettative l'asticella dell'interazione del gioco, a tutto vantaggio della profondità dell'esperienza e del gameplay che, tuttavia, soffre di una lacuna relativamente grave.

Il gioco, difatti, non prevede risoluzione. Vincere è impossibile, perché in un moto a tre corpi non esiste legge fisica che possa prevedere un moto regolare. Apprezzare o meno un gioco che comporta un game over obbligato, dipende insomma da voi. Anche se Hidataka Miyazaki, a ben vedere, ci ha costruito una notevole carriera su questo semplice concetto.

Scherzi a parte, è inevitabile guardare al gioco de Il Problema dei Tre Corpi come all'inevitabile e forse auspicabile futuro dei giochi in realtà virtuale. Ovvero esperienze, come il bellissimo Star Trek: Bridge Crew, tanto più funzionali quanto più condivisibili in spazi che, senza forzatamente utilizzare lo sfortunato e controverso concetto di metaverso, sono ad uso e consumo costante di una community che insieme può collaborare, o anche sfidarsi, nel superamento di livelli, risoluzione di enigmi e così via.

Anche John Bradley è un volto noto ai fan de Il Trono di Spade
Anche John Bradley è un volto noto ai fan de Il Trono di Spade

Nel gioco ideato da Liu Cixin, tra l'altro, si introduce anche il tema dell'intelligenza artificiale, come strumento utile per dare vita a personaggi che interagiscono in tempo reale, e che in tempo reale reagiscono a ciò che gli accade intorno. Del resto, le stesse proposte di risoluzione agli enigmi dei livelli intermedi sono individuali e personali per ogni utente e solo un software capace di interpretare correttamente gli input dei videogiocatori può consentire un tale livello di interazione. A questo proposito, è interessante citare i recenti sforzi di Ubisoft nella realizzazione di un software in grado di creare e gestire autonomamente i dialoghi dei personaggi digitali. Ancor più interessante è far notare che l'opera originaria di Liu Cixin è del 2006, quando ancora le IA non erano altro che materiale per fantascienza, per l'appunto.

Il videogioco in realtà virtuale de Il Problema dei Tre Corpi non è altro che uno dei tanti espedienti utili alla narrazione, un elemento narrativo destinato a restare confinato alla prima stagione, sempre se la serie TV continuerà a seguire a grandi linee la trama dei libri.

I designer del domani saranno in grado di garantirci un livello d'interazione mai visto prima?
I designer del domani saranno in grado di garantirci un livello d'interazione mai visto prima?

Ciononostante, ha offerto un interessante spaccato dei possibili videogiochi che i nostri nipoti esperiranno in prima persona. Servirà un affinamento della tecnologia, ovviamente, unitamente ad un intensivo utilizzo dell'intelligenza artificiale. Ma stando alla visione offertaci di Liu Cixin, giochi come The Witness non hanno poi troppo da invidiare ai tripla A degli extraterrestri in termini puramente ludici. Sarà così anche per quelli prodotti dai terrestri? In termini ludici siamo già ai confini del possibile e immaginabile?