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Mario a caccia di Topolino – La Bustina di Lakitu

Miyamoto desidera per Mario un futuro alla Topolino, ma qual è al momento la più grossa differenza tra i due franchise?

RUBRICA di Alessandro Bacchetta   —   21/12/2019

Shigeru Miyamoto ha recentemente ricevuto un prestigioso e storico premio. Vi diciamo il nome in inglese, nonostante l'onorificenza sia giapponese: "Person of Cultural Merit" (Wikipedia ci suggerisce "bunka kōrōsha", foste interessati). È un riconoscimento conferito esclusivamente a persone che, secondo la giuria, abbiano elargito straordinari contributi culturali durante la loro vita; ed è storico perché è la prima volta che viene attribuito a un creatore di videogiochi (ma non è la prima volta per Miyamoto, perché aveva già ottenuto un premio simile dal governo francese).

Mario a caccia di Topolino – La Bustina di Lakitu

In occasione di questa gloriosa investitura, il maestro ha rilasciato un'intervista a Nikkei, in cui ha parlato di tante cose, ma un'affermazione in particolare ha fatto rumore: e cioè la sua volontà di rendere Mario "il nuovo Topolino". Attenzione, non si riferiva alle vendite, ma più al raggiungimento di un insondabile sentimento/affezione che permea la cultura di massa. Miyamoto ha dichiarato che, proprio tenendo in mente questa finalità, ultimamente è diventato più malleabile nei confronti della sua creatura, meno rigido e restrittivo; in sostanza, se prima Mario era un idraulico, adesso è (ufficialmente) anche tennista, calciatore, astronauta... e via dicendo. In effetti Super Mario Odyssey, con tutti i suoi costumi, ha rappresentato - almeno in questo senso - un grosso cambiamento: i vestiti alternativi non sono più relegati agli spin-off, ma costituiscono parte integrante, per quanto ludicamente inutile, della saga "principale". Allo stesso tempo, Miyamoto ha identificato un chiaro colpevole, e non è la prima volta che si scaglia contro il pubblico: a suo dire, la motivazione per cui Mario non è (ancora) come Topolino, sarebbe da imputarsi alla riluttanza con cui i genitori, a differenza che coi cartoni animati, lasciano i figli di fronte a un videogioco. Un'argomentazione che, così a sensazione, ci sembra vecchia di qualche decennio; ma non possiamo dimostrarlo, per cui non addentriamoci oltre.

Quello che ci preme discutere oggi, è la verificabile differenza che intercorre tra Super Mario e gli altri nove franchise più lucrosi del pianeta terra. Sì, è già tra i primi dieci.

Merchandise

Abbiamo già specificato come Miyamoto non si riferisca principalmente alle vendite, ma il suo accusare i genitori ci sembra piuttosto sterile, per cui non possiamo far altro che affrontare l'argomento dalla prospettiva che ci sembra più logica. E cioè scovare un'eventuale differenza tra Super Mario e i brand a lui concorrenziali. Qui, su Wikipedia (diamo per scontato sia affidabile, ma come al solito potrebbero esserci delle sviste), trovate la lista dei franchise che hanno incassato di più: la classifica non tiene conto dell'inflazione, ma è comunque interessante e... decisamente sorprendente. Al primo posto della lista c'è Pokémon, al secondo Hello Kitty, al terzo Winnie the Pooh. Al quarto Topolino, con la dicitura "Mickey Mouse & Friends". Al quinto Star Wars, al sesto Anpaman (nipponico, ve lo steste chiedendo), al settimo Disney Princess. All'ottavo Jump Comics, al decimo Marvel Cinematic Universe, e al nono proprio Super Mario.

Mario a caccia di Topolino – La Bustina di Lakitu

Escludendo gli ultimi tre elementi, i primi sette hanno tutti una caratteristica in comune: e cioè che i loro ricavi derivano principalmente, e con notevoli squilibri rispetto alle altre fonti di incasso, dal merchandise. Hello Kitty, per fare l'esempio più eclatante, da quest'ultimo settore ha ottenuto (circa) 86 miliardi di dollari, mentre dalla seconda fonte più lucrosa, ovvero i manga, "solamente" 23 milioni di dollari. Un divario incredibile; analizzando questi dati e cercandone una logica commerciale dietro, verrebbe da credere che il processo più importante, per creare un franchise di successo, sia trovare una via iniziale (narrativa, fumettistica, videoludica o cinematografica che sia) capace di entrare nei cuori degli utenti, per poi accelerare sulla produzione di "gadget" (chiamiamoli brutalmente così) e battere cassa, coinvolgendo anche chi, magari attraverso l'appeal dei personaggi, non sia mai entrato in contatto con la serie originale. Insomma, i Porg de Gli Ultimi Jedi saranno anche stati criticati, ma non erano affatto una scelta stupida; lo stesso dicasi per BB-8 o (spoiler!) "Baby Yoda" (come evidenzia pure "iO donna", nella sezione "lifestyle", per capirci): dei personaggi dalla diversa rilevanza diegetica, ma tutti potenzialmente importanti in ottica commerciale.

Mettendo da parte Jump Comics, che essendo una rivista costituisce un'eccezione (anche a livello di diritti, probabilmente), Super Mario tra i primi dieci franchise del mondo è quello che meno di tutti ha incassato dal merchandise su licenza, e cioè (circa) 4,5 miliardi di dollari; allo stesso tempo è quello che sfrutta maggiormente il suo core business, ovvero i videogiochi, da cui ha ottenuto ben 30 miliardi di dollari.

Pupazzi e videogiochi

Parliamoci chiaro: non essendo questo un sito generalista, ed essendo appassionati di videogiochi molti dei nostri lettori, non possiamo che essere orgogliosi di questa statistica riguardante Super Mario. Occupa la posizione in cui si ritrova adesso solo ed esclusivamente (o quasi) per merito dei videogame, che spesso sono stati eccezionali, nonché fondamentali per l'evoluzione di questo mezzo espressivo. Lo stesso Miyamoto non sembra particolarmente intenzionato ad alterare la situazione: sia perché la sua apertura si limita al "non è necessariamente un idraulico", sia perché il suo problema, per quanto discutibile, risiede proprio nei genitori che impediscono ai figli di giocare, su console Nintendo, a Super Mario. Tuttavia notando queste statistiche è chiaro il percorso che, volendo ampliare il franchise, l'ex idraulico, ora idraulico tuttologo, debba compiere. Il futuro Super Nintendo World è un primo, importante passo nell'intento di valorizzare le IP Nintendo fuori da un contesto videoludico: aprirà - secondo i piani - agli Universal Studios di Osaka prima delle Olimpiadi di Tokyo 2020, per poi essere costruito, con data ancora da decidersi, anche a Orlando e Singapore. Sebbene si chiami Nintendo World, dalle bozze visibili online è chiaro che il ruolo principale sarà destinato a Super Mario. Un altro passaggio che potrebbe rivelarsi decisivo è il film animato in arrivo nel 2022: le premesse per una riscossa cinematografica (dopo il pessimo lungometraggio del 1993) ci sono tutte. Il produttore Chris Meledandri ha assicurato che Miyamoto sarà coinvolto in ogni passaggio della creazione del film, in modo piuttosto inusuale ad Hollywood, ma ciò che ci rende maggiormente fiduciosi sulla riuscita del progetto è la qualità dello studio responsabile: Illumination ha alle spalle molti successi, in particolare Minions e Cattivissimo Me.

Mario a caccia di Topolino – La Bustina di Lakitu

Dal lato videogame, il brand Super Mario sta ancora andando molto bene. Soprattutto grazie a Mario Kart, ma anche Super Mario Odyssey è diventato l'episodio tridimensionale più venduto di sempre. Tuttavia, anche per incuria, la parte bidimensionale vende sempre meno; e non va mai dimenticato che, rispetto ai migliori risultati di Super Mario, al momento 3D e 2D sommati non si avvicinano alle prestazioni di Super Mario Bros. (o di New Super Mario Bros. Wii). Le cause potrebbero essere molteplici, a partire dall'attuale marginalità del genere platform, e altrettante potrebbero essere le risposte.

Quello che, da appassionati, in assoluto vorremmo non accadesse, è una subordinazione generale della divisione "videogiochi"; abbiamo fatto notare che le potenzialità di espansione sono (numericamente) enormi, e Nintendo proverà a incrementare la popolarità di Super Mario, fuori dai videogame, già nell'immediato futuro. Accettiamo pure che non sia più un idraulico. Ma che non smetta di saltare su Nintendo, perché Super Mario è Super Mario per quello, indipendentemente da quanti peluche, portachiavi, film o tazze venderà in futuro.