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Perché si paga ancora l'online su console?

Il mondo PC ha sempre abbracciato il multigiocatore e l'online gratuiti: come mai la stessa cosa non succede sulle console di Nintendo, Sony e Microsoft?

Perché si paga ancora l'online su console?
SPECIALE di Lorenzo Mancosu   —   19/07/2023

Se, leggendo il titolo di questo articolo, la prima risposta che vi è saltata alla mente è qualcosa del tipo: "Si tratta solo di una questione di soldi", sappiate che non siete poi così lontani dalla verità. Il recente annuncio di Xbox Game Pass Core, nuovo livello di abbonamento al servizio di Microsoft, ha improvvisamente ricordato a molti appassionati quello che da circa vent'anni rappresenta un immutabile status quo del medium dei videogiochi: a differenza di quanto accade su tutte le altre piattaforme, per poter giocare online su una console è necessario pagare.

Ciò non vale solamente per il servizio "Xbox Live" della casa di Redmond, oggi integrato in Game Pass Core e Ultimate, ma anche per il PS Plus di Sony e per l'ultimo arrivato in questa grande famiglia di servizi, ovvero Nintendo Switch Online. Se da una parte i cosiddetti 'platform owner' hanno studiato ricche offerte per indorare la pillola del pagamento per accedere alle funzionalità online, i portavoce delle rispettive compagnie non hanno mancato di indicare diverse ragioni dietro tale richiesta economica.

Nel caso di Sony a farlo è stato direttamente Shuei Yoshida, ex presidente di Sony Interactive Entertainment, mentre in quello di Nintendo sono stati i manager Shinya Takahashi e Yoshiaki Koizumi. L'unica società che non si è mai pronunciata sulla questione è Microsoft, nientemeno che l'artefice di questo particolare modello di business.

Perché bisogna pagare per giocare online su console? Ripercorriamo gli eventi che hanno portato fino a questa situazione, dalla nascita delle infrastrutture multigiocatore fino alle dichiarazioni dei responsabili, tentando di capire se nel mercato contemporaneo questa caratteristica esclusiva delle console abbia ancora una ragione d'essere.

Le origini

Xbox Live è ormai una creatura estremamente antica
Xbox Live è ormai una creatura estremamente antica

Siamo alla fine degli anni '90: Microsoft, allora semplice osservatrice del mercato console, lavorò con SEGA sul fronte di Dreamcast per fornire supporto all'implementazione di Windows CE, ovvero Windows Embedded Compact. Messa di fronte ai primordiali sistemi per il gioco online ancorati prevalentemente ai modem dial-up, la casa di Redmond prese coscienza di quanto fosse effettivamente avanti la macchina giapponese, osservando l'emersione - e poi anche l'inevitabile caduta - di servizi quali SegaNet e Dreamarena. Convinti di poter riuscire dove Dreamcast aveva fallito, ma soprattutto inseguendo l'ambizione di Steve Ballmer e Bill Gates di vendere contenuti extra tramite la rete, gli ingegneri di Microsoft decisero di integrare nel progetto di Xbox una porta ethernet che sarebbe inevitabilmente stata criticata, perché all'epoca la connessione a banda larga rappresentava un lusso che pochi potevano permettersi.

Un anno dopo il lancio di Xbox, nel pieno dell'E3 2002, Microsoft annunciò ufficialmente Xbox Live: presentato attraverso una demo di Unreal Championship, il servizio avrebbe introdotto una piattaforma multigiocatore integrata, un identificativo unico da sfruttare in ciascun titolo a prescindere dal publisher, una lista degli amici e soprattutto una chat vocale basata su headset. L'investimento iniziale per raggiungere tali risultati ammontava a circa $700 milioni, somma che giustificò la scelta di far pagare agli utenti l'abbonamento a Xbox Live, specialmente in ragione del fatto che di lì a breve sarebbero stati pubblicati almeno cinquanta videogiochi pensati per sfruttare al massimo i servizi online. Il successo dell'infrastruttura conobbe un'esplosione tale che, con il lancio di Xbox 360, tutti i publisher avrebbero dovuto tenere conto dell'esistenza di Xbox Live anche se non offrivano il multigiocatore, per esempio inviando le ormai celebri liste di obiettivi volte a incrementare il Gamerscore dei giocatori.

Trofei e Obiettivi sono solo una declinazione delle infrastrutture proprietarie
Trofei e Obiettivi sono solo una declinazione delle infrastrutture proprietarie

Con il passare degli anni furono aggiunte tantissime funzionalità dedicate, dalle chat di gruppo al succitato Gamerscore, dalla Gamercard ai videogiochi arcade dell'Xbox Live Marketplace, dal matchmaking "TrueSkill" - di cui oggi si è smesso di parlare - fino ai saltuari regali per gli abbonati. Per Microsoft fu una vera e propria età dell'oro, tanto che il suo primato nei servizi online portò conseguenze dirette sul mercato nel suo insieme, trainando Xbox 360 fino a renderla piattaforma di riferimento non solo per quanto riguarda Call of Duty, ma per la maggior parte dei videogiochi console dotati di un panorama esport. Il servizio a pagamento offerto dalla casa di Redmond era semplicemente migliore rispetto a quelli della concorrenza e probabilmente lo era proprio in ragione della somma richiesta agli utenti.

Quattro anni dopo l'esordio di Xbox Live, nel 2006, Sony aveva infatti realizzato la sua "PlayStation Network Platform", un'infrastruttura che offriva in forma gratuita molte delle funzionalità già incontrate sul fronte statunitense; se nel 2010 decise di evolverla attraverso PlayStation Plus, un servizio premium che offriva diversi benefit come una serie di videogiochi in regalo, pochi anni più tardi scelse di legare a tale abbonamento anche la stessa capacità di accedere al gioco online. Un percorso, questo, molto simile a quello che caratterizzò la storia di Nintendo, passata prima attraverso il gratuito Nintendo Wi-Fi Connection, in seguito divenuto Nintendo Network e infine - solo nel 2017 - maturato definitivamente nell'attuale servizio a pagamento che prende il nome di Nintendo Switch Online.

Oggi nel prezzo del biglietto sono inclusi grossi benefit
Oggi nel prezzo del biglietto sono inclusi grossi benefit

Insomma, la lezione impartita da Microsoft ha influito sull'evoluzione di tutti i platform owner, cementando l'idea che un'infrastruttura online a pagamento su console sia decisamente più affidabile ed efficace di una fornita in forma gratuita. Le caratteristiche distintive dei servizi console - dalla presenza dei salvataggi in Cloud, passando per il nome utente condiviso, per arrivare ai sistemi di comunicazione integrati e alla copertura di intere librerie - richiedono uno sforzo ben più impegnativo di quello che, per esempio, caratterizza i server un videogioco PC che sceglie di affidarsi a Steam. Ma come è stata giustificata col passare del tempo la presenza di un pagamento per poter giocare online?

Le parole di Sony e Nintendo

Per gli esecutivi delle compagnie non far pagare i servizi online sarebbe assurdo
Per gli esecutivi delle compagnie non far pagare i servizi online sarebbe assurdo

Nel 2013 Shuei Yoshida, allora presidente di Sony Interactive Entertainment, rilasciò un'intervista a Famitsu nella quale spiegava la natura del nuovo PlayStation Plus. "Il pilastro principale di PS4 sarà il gioco online, e stiamo sviluppando tantissime nuove modalità di giocare e connettersi che richiedono investimenti sostanziosi", ha spiegato Yoshida. "Considerando i costi, provare a rendere un simile servizio gratuito, e quindi abbassarne inevitabilmente la qualità, sarebbe assurdo. Abbiamo dunque deciso che sarebbe stato meglio richiedere un pagamento equo per continuare a offrire un buon servizio". Inoltre, in un'altra occasione, l'ex presidente di Sony Japan Hiroshi Kawano sottolineò l'importanza del "lancio dei servizi in Cloud previsto nel 2014 per consentire agli appassionati di giocare i titoli PS3 su PS4, in modo da fargli considerare di cambiare gradualmente console", iniziativa che richiese investimenti ugualmente elevati.

In occasione del lancio di Nintendo Switch Online, anche Shinya Takahashi e Yoshiaki Koizumi esposero a Famitsu le considerazioni dietro l'introduzione di un prezzo per giocare online: "Abbiamo deciso di far pagare un prezzo per il servizio perché siamo preoccupati per la soddisfazione del consumatore. Terremo in vita il servizio online e offriremo ulteriori servizi che non abbiamo mai introdotto fino a questo momento; e ci sono dei grossi costi associati a cose di questo genere. Inoltre ci piacerebbe mantenere stabile l'esperienza di gioco e offrire il giusto supporto nel tempo". Insomma, entrambe le case, a differenza di una Microsoft che non si è mai esposta, hanno fatto riferimento agli investimenti necessari per mettere in piedi ed evolvere tali infrastrutture. Ma alla luce di queste dichiarazioni, soffermandosi sul fatto che sino all'ottava generazione di console né Sony né Nintendo chiedessero un corrispettivo per il gioco online, i critici hanno spesso concluso che tale prezzo esiste solamente perché queste case possono imporlo, e soprattutto perché il pubblico si è dimostrato disposto a pagarlo.

I soldi

Alcuni numeri delle 'big three'
Alcuni numeri delle "big three"

Prendendo in esame le annate recenti nelle quale le tre grandi operatrici del mercato console hanno divulgato dati ufficiali, si può prendere facilmente visione dei ricavi generati dai servizi online. Microsoft ha ad esempio guadagnato $2.9 miliardi nel 2020 (fonte CADE) dalla somma degli abbonamenti Xbox Live Gold e Game Pass Ultimate su console, mentre nello stesso anno Sony ha totalizzato $3.6 miliardi (fonte Sony) dall'infrastruttura PSN. Nintendo, dal canto suo, nel 2021 ha dichiarato di aver incassato $932 milioni dagli abbonamenti a Nintendo Switch Online, che nell'anno in esame avevano raggiunto quota 32 milioni. Viene da sé che la richiesta di un prezzo per il gioco online costituisce un'entrata stabile ed è ormai stata silenziosamente accettata dagli utenti, ma è pur vero che sussistono determinate condizioni che non la rendono una pratica poi così assurda.

Perché si paga per l'online?

Per giochi F2P come Fortnite non si paga l'online. Troppi soldi in gioco?
Per giochi F2P come Fortnite non si paga l'online. Troppi soldi in gioco?

Se inizialmente il prezzo imposto da Microsoft mirava a sostenere l'investimento prossimo al miliardo che ha dato vita alla piattaforma Xbox Live, nel corso degli anni è stato sfruttato per migliorare il servizio che ha reso la casa di Redmond la leader indiscussa dei servizi multigiocatore su console. Da allora tutti i platform owner hanno inseguito caratteristiche come Gamerscore e Trofei, sistemi di comunicazione integrati e strumenti di condivisione, fino ad arrivare a benefit impattanti come i giochi PS Plus e i Games With Gold, che nelle annate migliori hanno regalato oltre $500 di videogiochi agli abbonati. Il risultato è che oggi non si paga solamente per giocare online, ma per accedere a interi ecosistemi ricamati attorno al giocatore.

A margine la manutenzione dei server, l'utilizzo di banda, la possibilità di scaricare i giochi, nonché lo sviluppo e la ricerca sul fronte dell'hardware, producono costi che devono necessariamente essere sostenuti. Se Valve, attraverso Steam, sfrutta la quasi totalità degli introiti del negozio digitale per sviluppare la piattaforma e può permettersi la gratuità dei servizi, i produttori di hardware devono ripagare dozzine di funzioni che, a detta dei portavoce delle compagnie, rendono insostenibile o addirittura "assurda" una formula gratuita. Certamente il rischio è di renderla meno allettante, come dimostrato nell'era Xbox 360, quando Microsoft ha vinto agilmente la guerra dei videogiochi online grazie alla qualità dei suoi servizi a pagamento.

L'offerta di Microsoft non ha mai incluso l'online nel Game Pass base, ma nessuno se n''era accorto
L'offerta di Microsoft non ha mai incluso l'online nel Game Pass base, ma nessuno se n''era accorto

I servizi legati al gaming stanno cambiando a velocità folle, al punto tale che spesso si tende quasi a dimenticare che uno dei motivi per i quali si paga è proprio la possibilità di giocare online su console. L'abbonamento Xbox Game Pass Console, ad esempio, esiste dal 2019 senza aver mai incluso l'accesso all'infrastruttura online, ma fino alla presentazione del nuovo Xbox Game Pass Core erano in pochi a essersi resi conto di tale caratteristica: la versione Ultimate nacque proprio per integrare l'offerta Gold nel catalogo di giochi on demand.

Oggi quello di pagare per accedere al multigiocatore, in un mercato ormai sempre più vicino a idee quali "l'always-online", sembra un concetto più che mai anacronistico. Anche perché, con la nascita dei grandi fenomeni F2P quali Fortnite e Warzone, tanto Xbox quanto PlayStation hanno preso la decisione di sospendere la regola d'oro del pagamento, consentendo a tutti i giocatori di accedere ai server senza necessità del biglietto d'ingresso, rafforzando l'idea diffusa che in realtà esista una ragione e una soltanto dietro questa pratica: si chiede un prezzo semplicemente perché è possibile farlo. Probabilmente, in ragione delle caratteristiche e dei costi relativi al mondo console, questa pratica non cesserà mai, ma è senza dubbio giunto il momento di includere l'online in qualsiasi tipo di abbonamento che viene immesso sul mercato.