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Sergey Titov, l'uomo più odiato dell'industria videoludica

Sergey Titov è una delle figure più controverse del mondo dei videogiochi, tra produzioni disastrose e strategie di marketing spregiudicate

SPECIALE di Simone Tagliaferri   —   02/07/2018

Sergey Titov è una figura difficile da definire senza rischiare un processo penale. Secondo alcuni ciò che fa ha qualcosa di geniale, mentre per altri è semplicemente uno spregiudicato affarista che sfrutta ogni possibile metodo per fare soldi con i videogiochi. Di lui, in verità, si sa molto poco. Le sue prime tracce come sviluppatore risalgono al 2002. Il suo nome appare nei crediti di MechAssault, un titolo per Xbox di Day 1 Studios, pubblicato da Microsoft Game Studios (svolse il ruolo di consulente tecnologico), ma è con l'oscuro e dimenticato Gettysburg Civil War Battles (2003), che avvia la sua carriera di uomo più odiato dell'industria dei videogiochi. Titov è il proprietario dello studio di sviluppo, Stellar Stone, che ha fondato per realizzare titoli economici con grande rapidità. Non appare tra i dirigenti, ma controlla Stellar Stone tramite la sua compagnia, la TS Group Entertainment, e al suo interno fa il bello e il cattivo tempo. Non è chiaro se abbia avuto un ruolo anche nei due titoli di Stellar Storne precedenti a Gettysburg, ossia Taxi Racer e Remington Big Buck Trophy Hunt, e ai due successivi, Ultimate Civil War Battles: Robert E. Lee vs. Ulysses S. Grant e Total Pinball 25, ma è probabile di sì.

Big Rigs

A consacrarlo, comunque, è la sua opera più famosa e citata, quel Big Rigs: Over the Road Racing (2003) che per anni è stato considerato il videogioco più brutto che sia mai stato realizzato. Sulla carta doveva trattarsi di un gioco di corse con camion, ma avviandolo era evidente che non era stato completato, tanti erano i problemi che lo affliggevano: scenari non finiti, IA inesistente, collisioni tra veicoli e oggetti dello scenario non implementate, modalità bloccate e il famigerato bug dell'accelerazione infinita della rotazione sull'asse y del camion, che a dirla tutta aveva un che d'ipnotico, quasi poetico. Chi non ha installato Big Rigs solo per farsi un giro nel vuoto attraversando le montagne mal modellate? Chi non ha bloccato il tasto dello sterzo del camion per ore solo per vedere fino a che velocità potesse arrivare a girare prima di fondere il PC? Insomma, era orrendo, ma qualche risata la strappava. Non ci sono motivazioni ufficiali per un tale disastro, ma capire come sono andate le cose è abbastanza facile, visto che Stellar Stone era composta da una manciata di sviluppatori, ma riuscì comunque a produrre sette giochi tra il 2001 e il 2004, quattro dei quali pubblicati solo nel 2003.

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Ovviamente era impossibile per un team così piccolo gestire così tanti progetti contemporaneamente, ma Titov non voleva rinunciare ai soldi del publisher GameMill, evidentemente disinteressato alla qualità di ciò che lanciava. Da notare che dell'epoca Stellar Stone è rimasta memoria solo di Big Rigs: Over the Road Racing grazie a un'eccezionale e memorabile videorecensione di Gamespot, in cui un disperato Alex Navarro scendeva in strada sdraiandosi sull'asfalto dopo averci giocato per qualche minuto. Fu il primo 1.0 assegnato dalla testata, voto clamorosamente basso ma meritatissimo.

The War Z

Dopo il caso Big Rigs, Titov scompare dalle scene per un po'. Il suo nome riappare nel 2009 nei crediti di League of Legends, come technical director. La partecipazione a un progetto così prestigioso, anche se all'epoca di Titov ancora emergente, ci fa capire che non stiamo parlando di uno sprovveduto, ma di qualcuno dotato di ottime competenze dal punto di vista tecnico. Comunque sia Riot Games non ha mai commentato direttamente il lavoro di Titov su League of Legends, che rimane sostanzialmente oscuro. In un certo senso quelli devono essere stati i suoi anni migliori, almeno dal punto di vista professionale. I

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l suo gioco successivo, War Inc. Battlezone (2011), era uno sparatutto MMO free-to-play realizzato con grande competenza (non è più scaricabile). Non era un capolavoro, ma era un buon titolo, per quanto fosse piagato da meccaniche pay-to-win (all'epoca molto più frequenti di oggi nei free-to-play). L'unico problema di War Inc. fu che non ebbe un grosso successo. Probabilmente fu in quel momento che Titov tornò a essere Titov, ossia che il suo lato più spregiudicato prese di nuovo il sopravvento iniziando a ragionare su come fare a non vanificare tanto lavoro. Della genesi di The War Z, poi ribattezzato Infestation: Survivor Stories per motivi di copyright, non ci sono grosse testimonianze. È facile però immaginare che dopo War Inc. Titov si guardò intorno e scoprì la eco di DayZ, la mod per Arma 2 di Bohemia Interactive che solo più tardi sarebbe diventata un gioco vero e proprio (di cui stiamo ancora aspettando il lancio della versione finale, in verità). Perché non bruciare tutti sul tempo lanciando un DayZ commerciale? The War Z era una copia spudorata e incompleta di DayZ. Nonostante il cambio di nome del team di sviluppo (Titov ne fonderà praticamente uno per gioco), The War Z riciclava completamente armi, oggetti e addirittura i menù di War Inc. Ad aggravare il tutto ci pensavano una quantità immane di difetti e problemi: il gioco era appestato dai bug, i crash erano frequentissimi, l'intelligenza artificiale dei nemici era nulla, dal gioco finito mancavano una grande quantità di caratteristiche pubblicizzate sulla pagina Steam del prodotto, gli screenshot utilizzati per promuoverlo erano fasulli e chi più ne ha più ne metta. Titov provò a salvarsi censurando le proteste sui forum ufficiali e modificando la descrizione per togliere tutte le false promesse.

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Chiese anche scusa ai giocatori, dando la colpa al suo PR. Nonostante ciò, nonostante le recensioni negative fioccate un po' ovunque e nonostante la possibilità di ottenere il rimborso del gioco da Valve, The War Z vendette centinaia di migliaia di copie, trasformandosi in un grande successo. Insomma, Titov non volendo aveva dato una lezione incredibile al mercato dei videogiochi, insegnandogli che anche prodotti lanciati in uno stato pietoso possono avere successo se abbracciano le mode del momento e promettono meraviglie che non arriveranno mai o che arriveranno solo molti anni più tardi. Titov innovò anche costringendo gli acquirenti a diventare dei tester gratuiti. Tutto questo oggi si chiama Accesso Anticipato o giochi come servizi. Ovviamente stiamo scherzando, ma nemmeno troppo.

Shattered Skies e Romero’s Aftermath

Con The War Z, Sergey Titov capisce una volta per tutte che ingannare i giocatori è una tattica redditizia e quindi, non essendo Paganini, ripete con i suoi titoli successivi. Per lanciarli fonda l'ennesima software house: Free Reign Entertainment, controllata dall'ennesima oscura società prestanome, Arktos Entertainment, composta dalle stesse persone di sempre, con la quale lancia ben due titoli, entrambi survival: Romero's Aftermath e Shattered Skies.

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Titov a questo punto sa di non essere più molto amato dai videogiocatori e fa in modo di svanire, ossia il suo nome non appare da nessuna parte nei crediti dei due titoli. Afferma di aver chiuso lo studio di sviluppo precedente, Hammerpoint e di non avere più nulla a che fare con il publisher Op Productions, di cui però era l'unico dirigente. La confusione è tanta: per Romero's Aftermath si parla di seguito di The War Z / Infestation: Survivor Storie, anche se team di sviluppo e publisher hanno nomi differenti. Del resto i tre giochi sono molto simili tra loro, a tratti identici. Titov lavora direttamente nel team di Shattered Skies, lasciando maggiore autonomia a quello di Romero's Aftermath, che comunque si limita a fare un copia/incolla evidente di The War Z e risulta essere spregiudicatissimo in termini di implementazione delle microtransazioni. Titov viene stanato e confessa il suo ruolo, svelando anche alcuni dettagli interessanti: The War Z fu sviluppato da quaranta persone, mentre Shattered Skies da venti. Di questi ultimi, l'80% sono nuovi assunti. Secondo i maligni Titov ha diviso il team originale per riciclare con più agilità quanto fatto con The War Z in due progetti differenti.

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Comunque sia entrambi i titoli non hanno ottenuto un grandissimo successo, nonostante le buone vendite iniziali. Titov ne ha attribuito il motivo al suo nome, ossia all'odio che i giocatori provavano nei suoi confronti. Rimane il fatto che entrambi non ricevettero gli aggiornamenti promessi, a dispetto della presenza di difetti marchiani. Lanciati nel biennio 2014-2015, attualmente sono da considerarsi dei giochi morti, visto che non sono nemmeno più scaricabili. Per Shattered Skies si parla di un rilancio nel 2018 come free-to-play, ma ancora non se ne sa niente. Ormai Titov sa che il suo nome è completamente bruciato, ma questo non significa che si sia dato per vinto.

Wild West Online

Il 10 maggio 2017 appare sul GTAForum l'immagine di un gioco western, spacciata dall'autore del post per il primo scatto di Red Dead Redemption 2. In realtà non è eccezionalmente bella, ma molti finiscono per crederci spinti dal desiderio di saperne di più sul gioco di Rockstar. Inutile dire che in poche ore l'immagine ha fatto il giro dei siti specializzati. Due giorni più tardi viene svelato l'arcano: niente RDR 2, perché si tratta in realtà di Wild West Online, MMO sviluppato da una nuova software house, 612 Games, prodotto dalla misteriosa DJ2 Entertainment, per un publisher altrettanto misterioso, WWO Partners Ltd. Tanta spregiudicatezza nel marketing e tanti nomi sconosciuti usciti fuori dal nulla hanno subito insospettito molti.

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Chi ci sarà dietro a Wild West Online? A svelarlo è stato un certo "TheSkiesAreShattered" su Reddit, evidentemente qualcuno che conosceva il progetto dall'interno: il nostro amico Sergey Titov. Le affermazioni di TheSkiesAreShattered erano supportate da diverse prove: una comparazione del motore grafico di WWO con quello di Shattered Skies, i dati di registrazione del dominio del gioco e la lista amici del progetto su Facebook. Il team di sviluppo si affrettò a dichiarare che il motore era effettivamente quello di Free Lives, il Nightshade Engine, ma che Titov non era coinvolto nel progetto in nessun modo. Ovviamente non convinse nessuno: perché utilizzare il motore di uno sviluppatore così mal visto, sfruttato finora solo per giochi pessimi, quando in giro ce ne sono di molto più potenti e gratuiti? Le indagini sono quindi proseguite e altre prove sono state trovate: in WWO sono state utilizzate delle risorse di Shattered Skies, teoricamente sotto copyright, mentre gli indirizzi di alcune delle società coinvolte si sono rivelati incredibilmente vicini a quelli di alcune società di Titov. Inoltre, l'avvocato delle società di WWO e delle società di Titov è lo stesso (cambia solo una lettera nel cognome).

Va detto che Titov non è mai uscito allo scoperto, nonostante sia ormai palese il suo coinvolgimento. Comunque la storia di Wild West Online dovrebbe esservi ormai nota: dopo un breve periodo passato in alpha è stato infine lanciato su Steam in uno stato che definire pietoso è un eufemismo. Da allora i server di gioco sono andati svuotandosi e gli aggiornamenti promessi hanno latitato. L'ultimo è stato rinviato a data da destinarsi giusto qualche giorno fa (il 22 giugno). Il destino del gioco è quantomai incerto, ma di nostro diamo per scontato che faccia la fine di Shattered Skies, Romero's Aftermath e Infestation: Survivor Stories, ossia che sia presto abbandonato così che Titov possa avere tempo per preparare il suo prossimo capolavoro, rendendo sempre più ardua la sua individuazione.