C'era un periodo in cui il nome Shenmue evocava l'immagine del "gioco più ambizioso di sempre", un'avventura 3D con un mondo completamente esplorabile e sistemi di gioco mai visti prima, capaci di impreziosire tanto i combattimenti quanto le interazioni con lo scenario. Oggi, a quasi vent'anni dall'uscita dell'originale, Shenmue 3 non è più quell'opera proiettata al futuro, e il suo nome, un tempo sinonimo di innovazione, volge il suo sguardo all'indietro nel tentativo di rappresentare un simulacro per una generazione passata. Nel suo solito tono pacato, lo ammette lo stesso Yu Suzuki durante il nostro incontro alla Gamescom 2019. "L'obiettivo che ci siamo prefissati [con Shenmue 3] è accontentare i vecchi fan ricreando un'esperienza che sembri autentica e capace di ridare le stesse emozioni di Shenmue e Shenmue 2". Ovviamente a Suzuki e al suo team piacerebbe avvicinare un nuovo pubblico e introdurre la storia di Ryo Hazuki ai più giovani. Tuttavia, proprio nel tentativo di inseguire l'autenticità dei primi due episodi - al punto da far sembrare che sia passato appena un giorno tra Shenmue 2 e 3, esattamente come nel gioco - Suzuki potrebbe aver creato una bolla temporale in cui le nuove generazioni faranno fatica a entrare, esattamente come lo è stato con le edizioni rimasterizzate dei primi due capitoli. I fan di vecchia data, quelli che da quasi due decenni aspettano la fine della storia, si preparino a un gioco anomalo, da un lato poetico e ricco di personalità, dall'altro antiquato in pressoché ogni aspetto.
Conosco il kung fu... di nuovo
La demo di Shenmue 3 che abbiamo provato era tratta dalle prime fasi del gioco, dopo appena una mezz'ora dall'inizio dell'avventura. In compagnia di Shenhua facciamo visita a Bailu, un piccolo e bucolico villaggio composto perlopiù da contadini e monaci shaolin. Concepito inizialmente come ambientazione di Shenmue 2 e poi rimosso prima dell'uscita, Bailu sarà il luogo perfetto per iniziare il viaggio del terzo episodio, ricordando agli appassionati il motivo per cui si innamorarono della serie. L'obiettivo di Ryo e Shenhua è raccogliere informazioni su un losco tizio con una cicatrice sul volto, ma camminando tra le casette di Bailu è impossibile non soffermarsi ad ammirare il villaggio e provare a immergersi nella vita dei suoi abitanti. Una donna anziana prepara da mangiare, un gruppo di monaci sta meditando al tempio, ci sono dei bambini che giocano ad acchiapparello, e una ragazza esercita le forme del kung fu muovendosi agilmente su alti pali di legno. Il tutto è accompagnato da una delicata musica orientale, il suono di un erhu che si mescola al vociare e ai rumori del vilaggio.
Bailu è un posto talmente ricco di fascino che viene voglia di soffermarsi ad apprezzarne ogni angolo prima di andare avanti nella storia, e il team di sviluppo ne è consapevole, tant'è che lo ha riempito di attività e minigiochi con cui passare il tempo. Si possono acquistare nuove t-shirt da indossare, e ci sono distributori di gashapon che permettono di collezionare piccole miniature: al primo tentativo abbiamo ricevuto un muletto giocattolo, un chiaro rimando al tempo in cui Ryo lavorava al porto di Yokosuka. "Di riferimenti al passato della serie ne abbiamo infilati davvero tantissimi", dice Suzuki, sorridendo e ribadendo l'idea di voler strizzare l'occhio e divertire i fan di vecchia data. Nel tempo a disposizione abbiamo poi tagliato la legna per ottenere denaro, partecipato a una lotteria e a una gara tra tartarughe, tutti minigiochi parecchio semplici e che chiedono il più delle volte di premere un tasto col giusto tempismo. L'idea è ancora una volta quella di riproporre quel tipo di attività secondarie e sfide basate su QTE che erano caratteristiche dei primi due episodi, ma Suzuki ci spiega che c'è anche un altro motivo: "Restare concentrati e premere lo stesso tasto ha un qualcosa di meditativo, è una specie di esercizio, e mi piace che sia una cosa in linea con l'ambientazione e i temi del gioco". Se non altro, molti di questi minigiochi replicano alla perfezione la monotonia e la ripetitività dei corrispettivi reali: chi ha mai detto che guardare una gara di tartarughe e tagliare la legna siano attività divertenti?
Messi da parte i vari divertissement offerti da Bailu, torniamo alla missione principale e cominciamo a chiedere a ogni anima viva informazioni sull'uomo con la cicatrice. Ed è proprio nell'interazione con gli abitanti del villaggio che emerge un altro aspetto in cui Shenmue 3 mostra il fianco. Nonostante tutti gli sforzi per migliorare l'espressività dei personaggi rispetto ai primissimi filmati, Ryo, Shenhua e tutti i comprimari incontrati hanno la vitalità di un manichino. Dagli occhi vacui ai corpi immobili, passando per un doppiaggio sopra le righe e un lip-sync completamente sconnesso. Se ricordate con simpatia e affetto le voci inadeguate e quasi comiche dei personaggi di Shenmue, allora ritroverete in questo terzo capitolo la stessa espressività comunicativa. Discorso simile per la qualità della scrittura, che spesso scivola nel cliché o in frasi che suonano assolutamente innaturali.
Dopo aver chiesto a una manciata di persone, troviamo finalmente Xuan, il tizio con la cicatrice, rimanendo strabiliati all'idea che, considerate le dimensioni del villaggio, quasi nessuno degli abitanti l'avesse notato. Ci chiede di affrontarlo in un combattimento di arti marziali, ma per poterlo battere Ryo deve prima migliorare il proprio kung fu. Per salire di livello bisogna così recarsi al dojo, allenarsi contro uno degli studenti o fare degli esercizi. In uno di questi, Ryo deve fare pratica con la posizione mabu, la posa del cavaliere, in un minigioco che - ancora una volta - chiede di premere ritmicamente un tasto. Non certo un allenamento entusiasmante, ma per fortuna dura poco, e una volta saliti di livello siamo pronti per affrontare Xuan. Dal momento che Shenmue 3 riparte esattamente dalla fine del secondo capitolo, Ryo comincia la sua avventura conoscendo già un gran numero di tecniche e attacchi, ognuno dei quali può essere consultato dal menù e attivato con una breve sequenza di tasti (o, più comodamente, attraverso una lista di scorciatoie). Solitamente, nei sequel gli sviluppatori adottano qualche escamotage narrativo per giustificare la totale perdita di abilità e permettere al giocatore di assimilare gradualmente tutte le tecniche, ma per Suzuki non aveva senso che Ryo avesse un'amnesia e dimenticasse tutto quello che ha appreso nel corso del viaggio. Superato quindi lo spaesamento iniziale, si comincia a prendere dimestichezza con un sistema di combattimento che sfortunatamente si dimostra anacronistico, astruso e, soprattutto, incapace di dare un buon feedback quando si mette a segno un colpo. Non sappiamo se nel poco tempo che manca all'uscita gli sviluppatori potranno applicare qualche miglioramento, ma per una serie che parla di kung fu e affonda le sue radici nel genere dei picchiaduro, scivolare sul feeling dei combattimenti sarebbe purtroppo una grossa macchia.
Se Shenmue era un gioco avanti nel tempo, il terzo capitolo si muove chiaramente nella direzione opposta, perennemente in bilico tra l'autenticità della serie e l'obsolescenza. Mentre ci racconta che gli piacerebbe lavorare a uno Space Harrier in realtà virtuale, Suzuki sa che il viaggio suo e quello di Ryo è ancora incerto e complicato. Per molti fan di vecchia data, l'idea che presto sarà possibile giocare Shenmue 3 rappresenta la realizzazione di un sogno. Eppure i piani di finire la storia attraverso degli ipotetici Shenmue 4 e Shenmue 5 dipenderanno in gran parte dall'accoglienza che riceverà questo terzo episodio quando il prossimo novembre arriverà su PC e PlayStation 4.
CERTEZZE
- La poesia e il fascino dei primi due Shenmue
- Artisticamente molto ispirato
- Il solo fatto che il gioco esista è per molti fan un miracolo
DUBBI
- Personaggi troppo inespressivi e dialoghi poco empatici
- Sistema di combattimento legnoso e poco soddisfacente