Xbox Game Pass si appresta a celebrare il suo terzo anniversario e finora ha vissuto una crescita costante da ogni punto di vista: come offerta effettiva di giochi al pubblico, come organizzazione interna e come base di abbonati al servizio. Mettendo tutto insieme, possiamo considerare il Game Pass come una vera e propria killer application per Xbox in senso lato, introducendo forse per la prima volta un servizio nella categoria dei "system seller" per quanto riguarda il mercato console, che potrebbe avere un ruolo fondamentale anche nel lancio di Xbox Series X, ma come funziona questa magica offerta di Microsoft? È una soluzione effettivamente conveniente per gli sviluppatori e sostenibile per il produttore o si tratta di una manovra alquanto disperata, spinta dall'enorme potenza economica della compagnia di Redmond, per cercare di recuperare terreno nei confronti di una concorrenza diretta ormai irraggiungibile come risultati sul mercato? In verità si tratta di un sistema che non può essere classificato secondo le dinamiche standard che abbiamo visto finora, in questo senso inserendosi perfettamente nella visione nuova ed eccezionale del mercato videoludico da parte di Microsoft, agnostica per quanto riguarda le piattaforme e votata interamente alla promozione di un ecosistema diffuso su diversi hardware. Dunque a un livello più superficiale può sembrare semplicemente una manovra in perdita, studiata per allargare l'utenza in maniera aggressiva con offerte davvero a buon mercato, ma si porta dietro anche una pianificazione importante per quanto riguarda i rapporti con i partner e l'organizzazione dello sviluppo per i first party, elementi che si slegano dalle dinamiche standard del mercato, con il conteggio classico delle console e delle singole unità di software vendute.
Quanto conviene agli utenti?
Che l'abbonamento sia conveniente lo dicono i freddi numeri, in particolare se si prende in considerazione la sottoscrizione Ultimate che comprende anche il catalogo dei giochi per PC (in gran parte sovrapposti, ma contenenti anche diverse variazioni che incrementano il numero complessivo dei giochi eseguibili) e il Live Gold che consente il multiplayer online e l'accesso ai giochi gratuiti mensili. Una panoramica precisa non è facile da fare, perché i dati ufficiali fotografano la situazione attuale ma c'è stata una notevole crescita nella quantità dei giochi e anche nella loro qualità media in questi tre anni. Una ricerca molto approfondita e interessante è consultabile a questo indirizzo su ResetEra o in questo thread di Reddit, dove l'utente "MauroNL" ha effettuato un resoconto davvero molto completo sull'andamento del servizio in questi anni, dimostrandone l'incremento sostanziale in termini quantitativi e qualitativi. I giochi disponibili, aggiornati a metà aprile, sono 475, di cui 363 per Xbox One, 108 per Xbox 360 e 4 dell'Xbox originale: come quantitativo totale PlayStation Now è superiore, ma in termini di qualità media il servizio Microsoft è molto più avanti e inoltre ha l'indubbio vantaggio di presentare quasi sempre giochi molto più recenti anche a breve distanza dalla loro uscita sul mercato, per non parlare dei first party Microsoft che escono al day one su Xbox Game Pass. Quest'ultima caratteristica, in particolare, lo rende già un servizio praticamente obbligatorio per tutti coloro che seguono le uscite Microsoft con interesse, considerando anche che in questo caso c'è la certezza (ribadita dalla compagnia più volte) che i titoli first party non verranno rimossi dal catalogo.
Considerando che nel 2017 il servizio contava 114 giochi e la maggior parte erano per Xbox 360, ora la quantità si è quadruplicata con un rapporto inverso rispetto ai titoli Xbox One, che ora rappresentano la grande maggioranza. Per quanto riguarda la permanenza dei giochi all'interno del catalogo Xbox Game Pass, questo è un elemento che varia di volta in volta in base agli accordi presi tra Microsoft e i publisher: come dimostra la suddetta ricerca, nella stragrande maggioranza dei casi i giochi restano disponibili agli abbonati dai 12 ai 18 mesi, con la seconda possibilità in termini percentuali rappresentata dai giochi che rimangono da 6 a 12 mesi, casistica praticamente pari a quella che vede i giochi rimanere per più di 24 mesi. Insomma, anche rispetto ad altri servizi simili, Xbox Game Pass sembra davvero non voler mettere fretta agli abbonati, dando una notevole sicurezza sulla permanenza dei nuovi titoli introdotti. Da questo punto di vista, si potrebbe desiderare una maggiore quantità di giorni di preavviso per quanto riguarda le rimozioni dal catalogo, che vengono solitamente annunciate con un paio di settimane di anticipo.
Conviene anche a sviluppatori e publisher?
Il fatto di concedere i propri giochi per una piattaforma su abbonamento che consente il download libero di un gran numero di titoli sembrerebbe una mossa suicida: per quale motivo negarsi volontariamente la possibilità di vendere le copie in maniera tradizionale facendoli approdare su un servizio che rende controproducente l'acquisto standard? Sebbene in base a diversi dati rilevati sembri che tale influsso negativo sulle vendite sia in gran parte sovrastimato, è indubbio che proporre un gioco su Game Pass ne renda l'acquisto tradizionale decisamente meno appetibile per gli abbonati, anche a fronte degli sconti che solitamente vengono proposti in corrispondenza della loro presenza nel catalogo. Le dinamiche interne sono ancora in gran parte misteriose, ma è piuttosto chiaro che Microsoft effettui degli accordi con i singoli publisher e sviluppatori per portare i vari giochi in Xbox Game Pass e questi contratti sembrano variare caso per caso, dunque non è facile fare delle supposizioni precise sugli aspetti economici di queste inclusioni.
Nella maggior parte dei casi, i giochi third party di calibro più grosso arrivano sul catalogo a qualche mese di distanza dalla loro uscita sul mercato, quando la spinta iniziale delle vendite di lancio si è ormai placata. In tale situazione, il supporto economico di Microsoft e la prospettiva di ulteriori bonus può facilmente convincere il publisher a posizionare i propri giochi nella piattaforma, considerando anche che questi, sul mercato tradizionale, possono entrare nel circolo dei titoli usati e dunque non costituire comunque grandi fonti di guadagno come nelle primissime fasi. È inoltre probabile che la casa di Redmond riconosca delle royalties per il download dei giochi o per i vari avvii di questi, rendendo dunque particolarmente appetibile l'offerta. Chiaramente, gli accordi economici variano a seconda della dimensione produttiva dei giochi e del loro richiamo: è lecito pensare che l'inserimento nel Game Pass di GTA V e Red Dead Redemption 2, titoli in grado di macinare ancora milioni di copie sul mercato anche a lunga distanza dal loro lancio, sia costata a Microsoft ben più di quanto possa costare un indie di ID@Xbox, che anzi può avere tutti gli interessi ad uscire in una vetrina così in vista e diffusa.
Proprio la visibilità risulta un elemento fondamentale, soprattutto per i giochi di dimensioni minori: al di là di possibili accordi di marketing gestiti da Microsoft, gli abbonati si ritrovano spesso a giocare titoli che normalmente non prenderebbero in considerazione, grazie al loro essere sostanzialmente gratuiti all'interno dell'abbonamento. Questo può portare a scoprire gusti inaspettati, consentendo ad alcuni giochi di allargare il proprio pubblico in maniera imprevedibile e magari ottenendo in questo modo dei ritorni in termini di visibilità del gioco anche presso i non abbonati. E può innescare un circolo virtuoso che magari porti alla scoperta di altri titoli simili o altre produzioni di uno stesso team, oltre al fatto che DLC ed espansioni restano a pagamento e vanno dunque a ulteriore vantaggio per sviluppatori e publisher.
È sostenibile per Microsoft?
Considerando il prezzo di listino dell'abbonamento più caro, ovvero Xbox Game Pass Ultimate, si arriva a pagare un massimo di circa 155 euro l'anno per tutta questa quantità di giochi su PC e Xbox One, ma ciò senza considerare le numerose offerte periodiche che vengono proposte e che rendono quasi certa una riduzione della spesa totale per il servizio. L'idea è che da qualche parte ci debba essere una fregatura e che questa probabilmente ricada proprio su Microsoft, con un sentimento generalizzato che vede il servizio in chiara perdita e giustificato soltanto dalla necessità di recuperare terreno sul mercato videoludico da parte della casa di Redmond. Anche in questo senso è difficile avere dati precisi, ma gli indicatori sembrano dimostrare che il Game Pass sia non solo sostenibile ma anche un'ottima fonte di ricavi per Microsoft, che continua a vedere ottimi risultati arrivare dalla divisione Servizi, diventata ormai uno dei pilastri principali di quella che è, tra l'altro, una delle compagnie più ricche in assoluto sul pianeta.
Il tutto rientra nel cambio di paradigma effettuato da Microsoft in questa generazione, passata dall'impostazione tradizionale della console con software esclusivo come elemento fondamentale all'ecosistema allargato che travalica i confini delle singole piattaforme, cosa che diverrà ancora più evidente con la diffusione di Project xCloud. In quest'ottica va letta l'insistenza sull'inclusione degli utenti all'interno dei propri servizi, per cui gli abbonati diventano più importanti dei semplici acquirenti di copie singole, anche perché questo introduce un cambiamento fondamentale nel meccanismo economico della compagnia. Gli introiti che derivano dai servizi sono più costanti e costituiscono una maggiore certezza anche nella programmazione futura, rispetto alle condizioni standard del mercato che comportano dei picchi maggiori nei ricavi ma espongono anche a maggiori rischi e fluttuazioni. Certo, i dubbi rimangono: considerando che Microsoft solitamente (e presumibilmente) paga una quota per accordarsi con i publisher per la pubblicazione all'interno del Game Pass e qualche tipologia di royalties, sembra impossibile che i conti complessivamente tornino e non è escluso che i prezzi del servizio o le sue condizioni possano variare una volta raggiunti determinati target, ma al momento i dati pubblici dimostrano che la sostenibilità c'è, cosa affermata con una certa sicurezza anche da Phil Spencer in più di una occasione, sempre senza andare tanto nel dettaglio, però.
Riflessi su sviluppo e industria videoludica
Dall'altra parte della barricata, le conseguenze più immediate e interessanti del nuovo modello di business proposto da Xbox Game Pass emergono soprattutto dai first party Microsoft, ovviamente, perché sono più direttamente influenzati dalla riorganizzazione delle risorse nonché immersi più direttamente nel servizio, vista la presenza costante e dal day one delle loro produzioni. Proprio in questi giorni, intervistato da VentureBeat, Mike Crump di The Coalition ha affermato chiaramente che l'esistenza di Gears Tactics si deve sostanzialmente a Xbox Game Pass, tanto per fare un esempio molto recente, vediamo dunque in che senso il Game Pass liberi risorse per giochi nuovi.
Quando si parla di "Netflix dei videogiochi", paragone che viene spesso portato avanti anche dallo stesso Phil Spencer, si comprende non solo il metodo di fruizione semplice ed espanso del celebre servizio video, ma si intende anche il suo modello di produzione. L'abbonamento slega in buona parte gli investimenti dagli incassi dei singoli giochi: avendo a che fare con un flusso più regolare e costante di introiti, Microsoft può probabilmente gestire i fondi in maniera più dinamica e organizzata su diverse produzioni da portare avanti all'interno dei suoi 15 team first party. Questo consente anche di liberare, in buona parte, i team dalla necessità di dover sfornare costantemente dei blockbuster in grado di vendere milioni di copie e al contempo spinge verso una diversificazione dei giochi. L'offerta del Game Pass deve comprendere proposte diverse, tra giochi di grosso calibro e produzioni più piccole, generi estremamente differenti in grado di soddisfare i gusti più disparati. Il lancio di giochi come Bleeding Edge di Ninja Theory e Grounded di Obsidian, sebbene si tratti in entrambi i casi di progetti precedenti all'acquisizione da parte di Microsoft, è stato in gran parte sostenuto anche da questa necessità di diversificare l'offerta.
Ciò potrebbe consentire una risurrezione delle produzioni di dimensione intermedia anche da parte dei first party più ampi, nonché dei third party che potrebbero trovare degli accordi di produzione con Microsoft, ma anche la possibilità di concentrarsi su generi e soluzioni di gioco più di nicchia e particolari, non necessariamente popolari. In tal senso anche Gears Tactics è nato grazie a Game Pass, perché gli sviluppatori sono più liberi dalla necessità di raggiungere traguardi milionari grazie a una modifica sostanziale degli obiettivi che deriva da una pianificazione più stratificata e variegata. D'altra parte, questa spinta alla ricerca di esperienze nuove e diverse si riflette in quanto riferito da Ben Decker, capo della divisione marketing dedicata ai servizi gaming di Microsoft, che sostiene come gli utenti Xbox Game Pass giochino il 40% dei giochi in più rispetto al solito e il 30% di generi in più rispetto a quanto farebbero normalmente secondo le dinamiche standard del mercato, cosa che si riflette anche in acquisti al di fuori del catalogo, in base ai dati rilevati.