La Commissione Europea ha avviato una nuova indagine sul funzionamento di Google Search dopo aver rilevato che alcuni contenuti commerciali dei media, in particolare pagine create in collaborazione con sponsor e inserzionisti, sarebbero stati "demansionati" a tal punto da scomparire dai risultati visibili agli utenti. Non si tratta di articoli giornalistici o notizie, ma di sezioni sponsorizzate che fanno parte di normali accordi commerciali tra editori e brand. Secondo Bruxelles, una loro penalizzazione potrebbe costituire un danno economico non trascurabile per un settore già in forte difficoltà.
Il ruolo del Digital Markets Act
Le possibili violazioni riguardano il DMA, la normativa europea che impone ai grandi operatori digitali di garantire condizioni "eque, ragionevoli e non discriminatorie" ai partner che dipendono dalle loro piattaforme. Nella pratica, ciò significa che Google non può relegare partnership commerciali dei media in posizioni irraggiungibili senza un motivo tecnico oggettivo. La Commissione portava un esempio molto chiaro: se una testata collabora con un marchio come Nike per proporre sconti o prodotti, quella sezione del sito dovrebbe essere trovabile dagli utenti come qualsiasi altra pagina legittima.
L'esecutiva europea, rappresentata da Teresa Ribera, ha dichiarato che verranno raccolte prove dirette da editori e testate, valutando eventuali cali di traffico e ricavi causati dalla "demozione" nelle ricerche. Google ha risposto con toni duri, definendo l'indagine "fuorviante" e "priva di fondamento". L'azienda sostiene che la sua politica anti-spam è pensata per proteggere gli utenti da contenuti ingannevoli e che un tribunale tedesco avrebbe già confermato la legittimità delle sue procedure di filtraggio.
Media in difficoltà e timori per l’era dell’IA
La decisione arriva in un momento in cui l'Unione Europea si mostra sempre più preoccupata per la fragilità del settore dell'informazione, messo sotto pressione da calo degli introiti pubblicitari, piattaforme dominanti e dalle nuove tecnologie generative. La presidente Ursula von der Leyen aveva già avvertito che, tra IA e crisi di sostenibilità economica, "i media europei sono a rischio". Per Bruxelles, garantire che i contenuti commerciali degli editori non vengano penalizzati ingiustamente significa anche difendere una parte importante del loro modello di business.
L'indagine è classificata come "procedura di non conformità", non come una condanna preliminare. Tuttavia, se Google venisse ritenuta responsabile di violazioni sistematiche del DMA, potrebbero arrivare sanzioni fino al 20% del fatturato globale: una minaccia pesante, anche per un gigante tecnologico. Per ora, la Commissione attende i dati degli editori e prepara il prossimo passo. Al centro della questione c'è un interrogativo rilevante per tutto l'ecosistema digitale europeo: chi decide cosa deve essere visibile - e quali danni può causare una scelta algoritmica?