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Metacritic spinge a creare giochi noiosi? Come ogni forma di conformismo e a subire sono gli S.T.A.L.K.E.R. 2

Ragioniamo sul post di Raphael Colantonio secondo cui Metacritic rappresenterebbe un problema più grosso di come appare.

NOTIZIA di Simone Tagliaferri   —   26/11/2024
La copertina di S.T.A.L.K.E.R. 2

Raphael Colantonio, uno dei fondatori di Arkane, cui dobbiamo giochi come Prey, attualmente capo di WolfEye Studios, non ha speso parole gentili verso il sistema Metacritic (cui possiamo aggiungere anche OpenCritic), che secondo lui spingerebbe gli sviluppatori a rischiare il meno possibile e a realizzare giochi rifiniti ma noiosi.

"L'ecosistema di Metacritic incoraggia gli sviluppatori a realizzare giochi noiosi ma 'sicuri'. Se un titolo al lancio risulta essere ben rifinito, un punteggio di 80% è garantito a prescindere da quanto quell'esperienza possa rivelarsi noiosa."

Spinta all'appiattimento

Colantonio ha lanciato un atto di accusa che coinvolge anche la stampa di settore (inutile negarlo). Nello specifico il suo post è nato dal trattamento riservato a S.T.A.L.K.E.R. 2: Heart of Chornobyl, di cui ha parlato esplicitamente: "Nel frattempo, però, S.T.A.L.K.E.R. 2: Heart of Chornobyl deve accontentarsi di una media di 73 perché arriva al debutto ancora un po' grezzo. Si tratta di un sistema ingiusto e fuorviante."

La scorsa settimana mi chiedevo, sempre partendo dal caso S.T.A.L.K.E.R. 2, se un gioco debba essere penalizzato in fase di recensione nel caso abbia dei problemi tecnici, pur essendo complessivamente un'esperienza straordinaria. Le parole di Colantonio vanno nella stessa direzione e aggiungono un punto interessante al ragionamento: il conformismo di Metacritic che genera mostri.

Negli anni sono emerse varie storie su come Metacritic influenzi il processo disviluppo, tra premi vincolati alla media voto (come accaduto ad esempio a Fallout: New Vegas), o interi studi di sviluppo giudicati sulla stessa, a prescindere dalle vendite (pensate al caso Days Gone).

Il problema di affidarsi a una media voto per determinare la qualità di un gioco è facile da comprendere: un titolo recensito da sei testate che ha preso tre 10 e tre 1, è un gioco da 5,5 (voto cui non si avvicina nessuna recensione)? Aggiungiamo qualche dettaglio: mettiamo che il gioco in questioni parli di difesa delle nutrie e che i tre 10 siano arrivati da siti che appoggiano questa causa e i tre 1 da siti contrari alla stessa, il gioco sarebbe comunque da 5,5? Non è più rilevante capire il punto di vista della recensione, invece di partire dal suo voto? È solo un esempio per far capire come una media voto possa nascondere il discorso fattibile intorno a un gioco, compresi i conflitti che lo riguardano.

Leggendo le recensioni di S.T.A.L.K.E.R. 2, come la nostra, emerge chiaramente che si tratta di un'esperienza eccezionale con qualche problema tecnico. Lo fa anche da alcune delle recensioni più critiche, che hanno comunque riconosciuto le qualità del lavoro di GSC Game World. Leggendo la media voto però è solo un gioco da 74, ossia peggiore di uno da 75, ma migliore di uno da 73. Partendo dai suoi numeri chiunque potrebbe dedurne che rifinendo un gioco tecnicamente si prendono voti più alti che realizzando un'esperienza appassionante.

Un momento di gioco di S.T.A.L.K.E.R. 2
Un momento di gioco di S.T.A.L.K.E.R. 2

Ora, questa non è una legge universale, ma è chiaro che alcuni pattern possano spingere gli sviluppatori in certe direzioni, limitando le loro possibilità e appiattendo i giochi su formule sicure. Chiaramente ci sono da considerare anche altri fattori, come le vendite (a quanto pare ottime nel caso di S.T.A.L.K.E.R. 2), ma è chiaro che se per anni abbiamo subito l'afflusso di noiosissimi open world tutti uguali lo si deve anche a fattori come quelli descritti, che causano inevitabilmente un forte appiattimento.

Questo è un editoriale scritto da un membro della redazione e non è necessariamente rappresentativo della linea editoriale di Multiplayer.it.