L'altro giorno qualcuno ha notato la faccia emaciata del povero Phil Spencer, il capo della divisione gaming di Microsoft, fotografato per una recente intervista concessa alla testata Bloomberg. Probabilmente sarà dimagrito a causa dello stress dovuto a tutte le volte che è stato costretto a ribadire qualcosa che dovrebbe essere ormai chiarissimo da anni: il mercato console è stagnante. Traducendo: non cresce, è fermo, immoto.
Le oscillazioni degli utenti console sono minime, come poi dimostrano i dati di vendita trimestrali. PlayStation 5 vende come PlayStation 4, Nintendo Switch è in una fase di calo fisiologico in attesa di Nintendo Switch 2 e le Xbox Series sono fuori gara, con Microsoft che va per la sua strada. In tutto questo i costi di sviluppo continuano a crescere, facendo sentire sempre di più il peso del mancato allargamento del mercato. Del resto, se su una base installata di 100 devi vendere a 5 per avere successo è un conto. Se devi vendere a 20 è un altro.
Stagnazione
I giovani giocano a giochi / piattaforma (Roblox, Minecraft, Fortnite e così via), da qualsiasi punto d'accesso disponibile, sia esso un telefono, un PC o una console. Una recente statistica ci ha detto che molti per Natale vorrebbero della valuta premium in regalo. Non dei giochi completi... Dei videogiochi gli interessa poco. Gli piace stare con gli amici e spendere in skin e contenuti che gli diano una buona visibilità sociale. Sono l'equivalente di quello che cambia iPhone tutti gli anni e poi usa solo quattro funzioni, che oltretutto c'erano anche sul modello di dieci anni prima: non gli interessa tanto il telefono in sé, quanto ciò che comunica agli altri il suo possesso.
Quindi, come fai a vendere delle console a persone per cui giocare con i videogiochi è solo un'incidente di percorso? Si divertono, certo, ma in un modo più socializzato e distaccato. Invece di organizzare la partita a calcetto tra amici, come avveniva negli anni 80, organizzano incontri su Roblox e sono felici così.
Qualche anno fa mi capitò di vedere mio nipote giocare a GTA Online con alcuni amici e rimasi colpito dal fatto che usavano quel mondo virtuale solo per chiacchierare e "cazzeggiare". Delle attività ludiche gli interessava poco. All'epoca c'era ancora bisogno di una console o di un PC per farlo, ma oggi?
Spencer ha ragione quando afferma che la crescita è su PC e cloud, non su console, come sottolineato oltretutto dalla recente campagna marketing "This is an Xbox". Del resto, come la vendi a questo nuovo pubblico una console da 1.000 dollari? Come detto più volte, PlayStation 5 Pro (perché tutti sappiamo che di quella parlava) è rivolta agli ultra appassionati, che di loro però sono già dentro il mercato. Se non ci sono riuscite delle console da 300, 400 e 500 euro ad allargarlo, chi può pensare che ce la faccia una da 950 euro (tutta accessoriata)?
Chiaro che l'obiettivo di Sony non sia quello di aumentare la base complessiva degli utenti, ma di continuare a rimanere nella sua posizione dominante con un prodotto di cui possa sfoggiare la potenza. Alla lunga però, una strategia del genere non può che fare male anche a lei, anche perché giochi che costano 200, 300, 400 milioni di dollari per essere prodotti a qualcuno devi pur venderli, sennò continueremo a parlare di sonori insuccessi per titoli che magari hanno venduto 3-4 milioni di copie; il che è un paradosso considerando che la maggior parte delle serie videoludiche più amate sono partite da numeri molto inferiori.
Per questo la posizione di Spencer, di conseguenza quella di Microsoft, è semplicemente la più razionale tra quelle attualmente in campo. Badate bene che non sto dicendo che è quella che avrà sicuramente successo, ma solo che, in prospettiva, è quella che sta tenendo maggiormente in considerazione il mercato attuale e sta provando a reagire di conseguenza, senza nascondersi dietro a concetti che ormai appaiono semplicemente come sorpassati. Con questo non voglio dire che le console moriranno, ma solo che hanno bisogno di uscire dal loro splendido isolamento e cominciare a fare pace con l'idea di esistere in un mondo in cui non sono più l'unico modo per giocare.