Non comprendiamo completamente la delusione per il PlayStation Showcase e non lo consideriamo un favore fatto da Sony a Xbox, come molti ironicamente hanno commentato. Ossia: sappiamo da cosa nasce, ma sinceramente non ci aspettavamo niente di diverso. Semplicemente si è trattato di un messaggio chiaro e tondo inviato all'industria e ai giocatori, oltretutto non arrivato certo inatteso.
Sono anni che Sony dichiara nei suoi resoconti finanziari investimenti aumentati nella produzione di live service e di investimenti stagnanti in quella dei classici titoli single player dei suoi studi first party. Il risultato era facilmente prevedibile già anni fa, ma è meglio metterlo nero su bianco: nel presente e nel futuro della piattaforma ci sono tanti live service (dodici, almeno per ora) e meno giochi single player.
Perché meno giochi single player, se gli investimenti sono addirittura cresciuti (anche se di poco)? Per il semplice fatto che i costi di sviluppo sono quasi raddoppiati. Il conto è facile, ma agevoliamolo con un esempio astratto: se prima investendo 100 si riuscivano a produrre 10 giochi a fronte di costi di sviluppo di 10 per ogni titolo, con un investimento cresciuto a 120 si riusciranno a produrre sei giochi visti i costi di sviluppo saliti a 20 per ogni titolo.
Si può quindi facilmente dedurre che Sony non smetterà di lanciare giochi single player, ma ne lancerà di meno e più mirati, lì dove continuerà a inseguire la gallina dalle uova d'oro del modello live service, concentrandoci sopra la maggior parte dei suoi sforzi produttivi.
Aspettarsi quindi uno showcase incentrato solo su esperienze single player sviluppate dai PlayStation Studios, quando è risaputo che la maggior parte degli stessi si sta occupando di live service, era un po' come voler nascondere la testa sotto la sabbia. Le stesse acquisizioni degli ultimi anni sono andate tutte in due direzioni molto nette: da una parte c'è il potenziamento dell'offerta su PC, che può vivere di conversioni ancora per anni, e dall'altra il tentativo di sfondare nel settore dei live service. Acquisizioni come quelle di Bungie e di Haven si spiegano in questo modo e hanno avuto sin da subito dei contorni molto netti.
Ad esempio Sony disse sin dall'annuncio dell'acquisizione che voleva sfruttare il know-how di Bungie maturato con Destiny, quindi perché oggi ci si stupisce che The Last of Us Online possa essere stato ridimensionato proprio a causa loro? Sony li ha acquisiti appositamente per valutare la fattibilità dei suoi live service e indirizzare gli altri studi. Cosa si pensava che significasse che ne voleva sfruttare il know-how?
Altra questione: negli ultimi anni quanti studi di sviluppo dediti al single player ha acquisito PlayStation? Non moltissimi, a dirla tutta. Ripetiamo: i giochi single player di Sony continueranno a uscire. L'offerta non sarà desertificata perché comunque parliamo di milioni di copie vendute per alcune serie. Probabilmente ci saranno anche altre operazioni come quella di Final Fantasy 16, per dare titoli di prestigio in esclusiva temporale alla piattaforma, ma allo stesso tempo siamo di fronte al concretizzarsi di un progetto fondato ormai anni fa, che arriva dopo anni di avvisaglie sull'insostenibilità dei videogiochi tripla A single player. Non è questione di opinioni, ma solo di prenderne atto e andare avanti.
Parliamone è una rubrica d'opinione quotidiana che propone uno spunto di discussione attorno alla notizia del giorno, un piccolo editoriale scritto da un membro della redazione ma che non è necessariamente rappresentativo della linea editoriale di Multiplayer.it.