Il campus di Microsoft a Redmond, nello stato di Washington, è stato teatro di due giornate consecutive di proteste organizzate dal collettivo No Azure for Apartheid, che contesta i contratti dell'azienda con il governo israeliano. La situazione, inizialmente pacifica, si è accesa al punto da portare a una serie di arresti, che hanno coinvolto anche un dipendente attuale di Microsoft.
Le manifestazioni si inseriscono in una più ampia campagna di contestazione avviata da mesi contro l'utilizzo della piattaforma cloud Azure in Israele. La vicenda ha riacceso il dibattito sul ruolo delle big tech nelle dinamiche geopolitiche e sulla responsabilità delle aziende tecnologiche nei confronti dei diritti umani.
Le proteste contro Microsoft
Martedì, un gruppo composto da dipendenti ed ex dipendenti Microsoft insieme a membri della comunità locale ha occupato una delle piazze del quartier generale, dando vita a un presidio permanente ribattezzato "Zona Liberata". Il giorno successivo, i manifestanti hanno proseguito con l'installazione di un accampamento e hanno versato vernice rossa su un'insegna della società.
Secondo quanto riportato da Komo News, la polizia di Redmond ha accusato alcuni dimostranti di avere "bloccato un ponte pedonale e tentato di creare una barriera utilizzando tavoli e sedie sottratti alla proprietà". Se la prima giornata si era conclusa senza scontri, mercoledì la polizia ha arrestato 18 persone, sostenendo che "alcuni manifestanti sono diventati aggressivi".
Tra gli arrestati figura Anna Hattle, ingegnere del software nel team cloud e intelligenza artificiale di Microsoft. L'organizzatore di No Azure for Apartheid, Abdo Mohamed - ex dipendente dell'azienda - ha confermato l'arresto di Hattle e di altri due ex dipendenti, Hossam Nasr e Vaniya Agrawal. "Gli arrestati includono lavoratori attuali ed ex lavoratori di Microsoft, oltre a membri della comunità di Seattle," si legge in un comunicato diffuso dal collettivo.
Le proteste non sono un episodio isolato. Negli ultimi mesi il gruppo ha più volte interrotto eventi pubblici dell'azienda. Un'ex dipendente ha contestato il CEO di Microsoft AI, Mustafa Suleyman, durante la celebrazione per i 50 anni della società. Anche i tre amministratori delegati di Microsoft sono stati interrotti durante lo stesso evento, mentre la conferenza Build di quest'anno è stata oggetto di più interruzioni. Inoltre, alcuni dipendenti hanno denunciato il blocco di email contenenti la parola "Palestina", misura che sarebbe stata adottata dall'azienda in seguito alle proteste interne.
La più recente ondata di contestazioni arriva pochi giorni dopo un'inchiesta pubblicata da The Guardian insieme a +972 Magazine e Local Call. L'indagine ha rivelato che il governo israeliano si affida ai servizi cloud di Microsoft per archiviare registrazioni e dati relativi fino a "un milione di chiamate all'ora" effettuate da cittadini palestinesi. Alla Gamescom 2025 che si tiene a Colonia in questi giorni, inoltre, Microsoft impedisce agli sviluppatori di rispondere a domande su licenziamenti e Israele.
Un portavoce dell'azienda, in dichiarazioni a Komo News, ha affermato: "La società ha annunciato la scorsa settimana che sta conducendo una revisione approfondita e indipendente delle nuove accuse riportate all'inizio di questo mese riguardo al presunto utilizzo della piattaforma Azure in Israele. Microsoft continuerà a svolgere il lavoro necessario per rispettare i propri standard in materia di diritti umani in Medio Oriente, sostenendo al contempo misure chiare per affrontare azioni illegali che danneggiano le proprietà, interrompono l'attività o minacciano e danneggiano altre persone".
E voi che cosa ne pensate di questa situazione? È corretto aspettarsi che le big tech abbiano un ruolo etico nelle dinamiche geopolitiche? Diteci la vostra nei commenti qua sotto.