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PS5 è arrivata e Sony fa bene a supportare ancora PS4, il problema è di chi si è scagliato contro Microsoft

PS5 è arrivata, ma Sony fa bene a voler supportare ancora PS4, il problema è di chi se l'è presa con Microsoft per lo stesso motivo.

NOTIZIA di Simone Tagliaferri   —   11/11/2020

PS5 è ormai arrivata. Domani 12 novembre sarà lanciata negli Stati Uniti e in altri territori. Il 19 novembre sarà disponibile anche da noi in Italia. Testate giornalistiche e influcencer vari già ce l'hanno. I preordini sono tutti esauriti. Tutto è bellissimo e il mondo dei videogiochi guarda con ottimismo alla nuova generazione, con lo sguardo ebete di chi non ha capito (o fa finta di non capire) che il concetto di generazioni è ormai morente. Al di là delle sparate del presidente di SIE Jim Ryan sul crederci fermamente, che non vale più nemmeno la pena di commentare, la multinazionale giapponese fa quindi benissimo a supportare PS4 per almeno altri tre anni.

I motivi sono abbastanza ovvi: Sony ha la console più venduta sul mercato, con milioni di utenti attivi, di cui moltissimi abbonati ai suoi servizi, che formano una comunità grande e dinamica. Cosa avrebbe dovuto fare? Dire loro: "Ehi ragazzi, è arrivata la next-gen e voi non esistete più"? Sarebbe stato un comportamento suicida e poco corretto nei loro confronti, anche perché potrebbero continuare a essere dei clienti paganti ancora per anni. Quindi è giusto che continui a produrre giochi per PS4, almeno finché la comunità non si sarà spostata completamente o quasi su PS5.

Sony è una multinazionale e in quanto tale ragiona per bilanci. Le generazioni passate permettevano una cesura più netta tra l'una e l'altra perché difficilmente si rischiava di lasciare qualcosa o qualcuno indietro. Spesso si arrivava ai cambi di generazione con le vendite del vecchio hardware ormai allo stremo, vuoi per stanchezza dei videogiocatori stessi, vuoi per le offerte della concorrenza. Oltretutto produrre videogiochi costava molto meno e quindi le unità vendute durante il primo anno di vita di un nuovo hardware da gioco bastavano a giustificare determinati investimenti. Vendere, ad esempio, 250.000 copie di un gioco su, mettiamo, dieci milioni di unità di base installata era fattibile e, in caso di insuccesso, le perdite erano più facilmente assorbibili. Oggi la situazione è molto diversa e, per riportare un caso recente, un gioco come Marvel's Avengers arriva a perdere decine di milioni di dollari pur avendo venduto diversi milioni di copie e pur essendosi rivolto a una base installata amplissima. Certo, per un produttore hardware il software esclusivo non è solo vendite, ma anche marketing. È però altrettanto vero che c'è bisogno di equilibrio anche in questo, perché se per andare in pareggio devi vendere cinque milioni di copie a una base installata di dieci milioni di unità, il rischio di fallimento è altissimo, marketing o non marketing.

Di fatto non esistono più i presupposti economici per avere dei passaggi generazionali netti e le generazioni stesse sono annacquate dal fatto che le nuove console sono delle semplici evoluzioni di quelle precedenti, non dei cambiamenti radicali come avveniva in passato, cosa che si riflette anche sui giochi.

Ciò che vale per Sony vale anche per Microsoft, e volendo anche per Nintendo, naturalmente (che pare voglia estendere il ciclo di vita di Nintendo Switch ben oltre i canonici sette anni). Fa quindi sorridere il fatto che la casa di Redmond sia stata attaccata, non solo dagli utenti della fazione avversa, ma anche da stampa e influencer, per aver semplicemente espresso un dato di fatto, parlando di supporto per le vecchie Xbox One per almeno altri due anni. L'abbandono dei vecchi schemi mentali è spesso difficile, ma se chiedere ai pasdaran di una console di ragionare è come chiedere a un culo di cantare, gli altri potrebbero fermarsi un attimo a osservare il mercato prima di lanciare i loro anatemi.

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