Sony sembra aver posto il Giappone in seconda linea, nelle sue strategie globali riguardanti PS5, questo è quanto risulta da diverse analisi provenienti dal Sol Levante, ribadite peraltro di recente da Hideki Yasuda dell'ACE Research Institute. L'affermazione infastidisce i sostenitori di PlayStation ma a dire il vero non c'è dietro alcuna valutazione qualitativa, bensì la semplice osservazione dei fatti: l'analista in questione mette insieme una serie di indizi che sembrano formare la prova di questo spostamento di priorità da parte di Sony, che a dire il vero avrebbe anche senso. Si tratterebbe di un cambiamento di strategia iniziato già con PS4, a partire dal suo lancio dilazionato in Giappone, per arrivare ai cambiamenti effettuati ai vertici in quest'ultimo periodo, come il passaggio di poteri a personalità occidentali come Jim Ryan a capo di Sony Interactive Entertainment e Hermen Hulst al posto di Shuhei Yoshida a capo dei Worldwide Studios.
A questi eventi, Yasuda aggiunge anche la famosa questione della censura applicata sistematicamente da Sony ai prodotti nipponici (che paradossalmente non viene effettuata da Nintendo, in un incredibile ribaltamento di prospettiva), la scarsa cura nella promozione in patria e anche la questione dello spostamento dei tasti "conferma" e "annulla" nelle posizioni storicamente legate ai mercati occidentali. A tutto questo ovviamente si aggiungono i numeri deludenti del lancio di PS5 in Giappone, sebbene questi siano difficili da giudicare al momento: se da una parte non si può valutare il successo della console dalle vendite iniziali, considerando le scarse quantità messe a disposizione, dall'altra c'è da dire che la quantità di macchine disposte per il Sol Levante è stata decisamente bassa. A tutto questo si aggiunge anche la forte ristrutturazione dello storico Japan Studio, che con l'uscita di scena di diversi elementi chiave come Keiichiro Toyama e Teruyuki Toriyama assomiglia sempre più a un ridimensionamento, rimarcato dall'assenza di grossi titoli usciti da tale team nell'ultimo periodo (ad esclusione delle collaborazioni importanti).
D'altra parte, tutto questo è un po' il riflesso di quanto successo con PS4, che ha costruito il suo enorme successo soprattutto al di fuori del Giappone, sia per quanto riguarda le vendite che la stessa produzione first party, che ha ottenuto i maggiori consensi grazie ai numerosi giochi provenienti dai team occidentali. Tutto questo sembra lasciare campo libero a Nintendo Switch, che nel frattempo ha cementato il suo dominio in patria con un distacco abissale sulla concorrenza e senza dare segnali di cedimento. Questa non è necessariamente una situazione negativa, ma può diventare rischiosa se assume i contorni di un monopolio, cosa a cui comincia ad assomigliare, considerando anche come sviluppatori e publisher giapponesi si stiano sempre più appiattando su Nintendo Switch, in grado di garantire vendite veramente notevoli (basti vedere i risultati raggiunti da Konami con una manciata di titoli, tra i quali soprattutto Momotaro Dentetsu, che l'anno posizionata al primo posto tra i publisher third party). Un mercato eccessivamente legato a una singola piattaforma rischia di incagliarsi, nel caso in cui questa raggiunga i propri limiti fisiologici, per questo ci auguriamo comunque in un ritorno in auge anche di Sony, considerando che Microsoft è sistematicamente fuori dai giochi per quanto riguarda il Giappone.
Tuttavia, ci sono segnali incoraggianti per PS5: con Final Fantasy 16 e Tales of Arise, oltre a Resident Evil Village, che risultano stabilmente tra i giochi più attesi dal pubblico nipponico, la next gen potrebbe portare nuovo entusiasmo in ambito PlayStation. C'è da dire, tuttavia, che ci sarebbe bisogno di una maggiore spinta su produzioni non necessariamente da blockbuster per riconquistare il Giappone: si tratta di un pubblico dal gusto particolare, che ama soluzioni differenti di gioco e non necessariamente titoli fotorealistici o fortemente cinematografici come quelli su cui solitamente spinge Sony da un po' di tempo a questa parte. In quest'ottica, è auspicabile un ritorno del Japan Studio ai livelli che gli competevano fino a un po' di anni fa e l'investimento in produzioni third party che non necessariamente rappresentano giochi "universali" come i grossi titoli Capcom o Square Enix. Una Sony forte in Giappone, o quantomeno una qualche concorrenza efficace al monopolio di Nintendo, avrebbe comunque risvolti positivi per tutto il mercato.